La Poppa e il Reticolo

La Poppa (in latino Puppis, Puppis, Pup) è una costellazione dell’emisfero australe. È la più grande e la più settentrionale delle tre costellazioni in cui è stata divisa la vecchia Nave Argo. Stretta fra le brillanti stelle Sirio e Canopo, quasi appare oscurata, ma in realtà è una delle costellazioni più ricche della volta celeste. Dalle latitudini mediterranee è visibile per intero solo nelle propaggini più meridionali. Trovare in cielo la Poppa non presenta difficoltà: la parte più settentrionale si estende infatti ad est di Sirio e del Cane Maggiore, mentre a sud di quest’ultima si trova la parte meridionale, che termina subito a nord della brillante Canopo.

Mappa della costellazione

La costellazione giace sulla Via Lattea in un tratto estremamente ricco di campi stellari; questa ricchezza è dovuta al fatto che in questa direzione il Braccio di Orione, ossia il braccio di spirale dove si trova anche il Sistema Solare, si presenta in gran parte poco oscurato da nebulosità e polveri galattiche poste a distanze relativamente brevi. Un altro fattore importante è la presenza di uno dei tratti più prossimi della Cintura di Gould, una grande fascia di stelle giovani e luminose. L’area della Poppa appare dunque pervasa da un grandissimo numero di stelle deboli, visibili ad occhio nudo in cieli tersi e, possibilmente, alle latitudini equatoriali o australi; la regione più densamente popolata è quella meridionale, sul confine con le Vele, area in cui si estende la grande associazione di stelle Cr 173. La parte più settentrionale, in particolare verso il confine con l’Idra, appare molto meno ricca di stelle, ed anzi si mostra come una delle aree più oscure del cielo, oscurità accentuata anche dalla presenza tutt’attorno di stelle fra le più luminose del cielo. La Via Lattea nella parte sudoccidentale della Poppa al contrario mostra evidenti segni di oscuramento ad opera di nubi oscure. Le sue stelle più luminose sono di magnitudine 2 e sono facilmente individuabili anche dai centri urbani; il ricco sottofondo stellare è formato principalmente da stelle di magnitudini 4 e 5. Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo serale va da dicembre ad aprile; dalle latitudini settentrionali rimane sempre molto bassa sull’orizzonte nelle notti invernali e a nord del 40ºN la parte più meridionale resta sempre invisibile. Dall’emisfero australe al contrario è una delle figure dominanti dei cieli dell’estate e la sua osservazione si prolunga fino a tutto l’autunno.

Stelle principali

  • ζ Puppis (Naos) è la stella principale della costellazione; si tratta di una stella supergigante di magnitudine 2,21. Sebbene sembri anonima all’osservazione ad occhio nudo, è una delle stelle più luminose conosciute in termini assoluti, risplendendo con una luce pari a 25.000 volte quella del Sole in luce visibile e, prendendo anche in considerazione la banda ultravioletta, dove emette la maggior parte della sua energia, circa un milione di volte più della nostra stella. La sua distanza è stimata sui 1399 anni luce.
  • π Puppis (Ahadi) è una stella gigante arancione di magnitudine 2,71, distante 1094 anni luce da noi; è anch’essa una stella molto luminosa (magnitudine assoluta -4,92) e si mostra in direzione di un ammasso apertocomposto da altre stelline di quinta grandezza e alcune meno luminose, ben visibile ad occhio nudo e pienamente risolvibile con un binocolo.
  • ρ Puppis (Tureis) è una stella bianco-giallastra di magnitudine 2,83; a differenza di altre stelle luminose della costellazione, non è una stella gigante. Dista circa 63 anni luce.
  • τ Puppis (Altaleban) è una stella gigante arancione di magnitudine 2,94, distante 183 anni luce.
  • ν Puppis (Kaimana) è una stella azzurra di magnitudine 3,17, distante 423 anni luce.

Fra le altre stelle, sono da notare la ξ Puppis, di magnitudine apparente 3,34, interessante perché, con la sua magnitudine assoluta pari a -4,74 è una delle stelle più brillanti conosciute; un’altra stella molto luminosa (-6,04) è la HD 68601, che con una distanza stimata di oltre 4600 anni luce, è una delle stelle più lontane visibili ad occhio nudo. Con un semplice binocolo è visibile anche HD 61227, di sesta grandezza, che possiede una magnitudine assoluta di -9,14 e una distanza di ben 40750 anni luce. La costellazione della Poppa è attraversata dalla Via Lattea da nord-ovest a sud-est, in un tratto molto ricco di oggetti celesti, specialmente ammassi aperti, molti dei quali sono visibili anche con un semplice binocolo. Quasi a metà via fra le stelle π Puppis e ζ Puppis, si trova il più importante di questi, NGC 2451, la cui stella centrale, c Puppis, di quarta magnitudine, in realtà non facente parte dell’ammasso e avente un colore arancio intenso. Secondo alcuni studi sembra che si tratti di due ammassi distinti, che appaiono sovrapposti solo per un effetto prospettico. Un grado a sud-est si trova un altro ammasso, NGC 2477, meno luminoso, ma ugualmente appariscente. Verso nord, alcuni ammassi furono notati da Charles Messier, il quale li inserì nel suo famoso catalogo; il più importante di questi è sicuramente M47, ben visibile ad occhio nudo; nelle vicinanze si osserva pureM46, caratteristico per il fatto di presentare una piccola nebulosa planetaria a forma di anello nella parte settentrionale. Più a sud, nei pressi della stella ξ Puppis, si trova M93. Una curiosità la offre il brillante gruppetto della stella π Puppis, noto con la sigla di Cr 135, dove ben tre delle quattro stelle principali sono variabili. Sul confine con le Vele, nel pressi della stella γ Velorum, è presente una vasta associazione di stelle, nota come Cr 173, appena distinguibile dai campi stellari di fondo; essa conta alcune decine di componenti e coincide con l’associazione Vela OB2, un gruppo di stelle giovani e brillanti originatesi alcuni milioni di anni fa. NGC 2298 è invece un ammasso globulare, di media concentrazione; fra le nebulose, nessuna delle quali è visibile con binocoli o con un piccolo telescopio, la più cospicua è la NGC 2467, che appare circondata da diversi strati di stelle azzurre, molte delle quali si trovano in realtà a metà via fra noi e la nebulosa. Infine si segnala la presenza di una parte notevole del vasto complesso nebuloso noto come Nebulosa di Gum, un antico resto di supernova che ricopre parzialmente anche le costellazioni vicine.

Il Reticolo (in latino Reticulum, abbreviato in Ret) è una delle 88 costellazioni moderne. Si tratta di una costellazione minore dell’emisfero sud, posta ad una declinazione di circa -60°; venne introdotta da Lacaille per ricordare l’omonimo strumento di misurazione di posizioni ed angoli tra le stelle. Il Reticolo è una piccola costellazione del profondo cielo australe; contiene alcune stelle di terza e quarta magnitudine piuttosto vicine fra loro che ne facilitano l’individuazione, la quale è comunque facilitata dal fatto che essa viene a trovarsi a metà strada sulla linea congiungente le due brillanti stelle Canopo e Achernar, rispettivamente nelle costellazioni della Carena e di Eridano.

Mappa della costellazione

In un cielo non molto limpido può essere presa come riferimento per reperire la Grande Nube di Magellano, posta pochi gradi a sudest. Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo serale ricade nei mesi compresi fra novembre e aprile, ossia in coincidenza della stagione estiva australe; dall’emisfero nord si presenta invisibile per quasi tutte le sue regioni ad eccezione di quelle poste a latitudini tropicali, mentre dall’emisfero australe si presenta circumpolare a partire dalle regioni poste a latitudini temperate.

Stelle principali

  • α Reticuli è una stella gigante gialla di magnitudine apparente 3,33 distante 163 anni luce.
  • β Reticuli è una subgigante arancione di magnitudine apparente 3,84 distante 100 anni luce.
  • ε Reticuli è una subgigante arancione di magnitudine 4,44 distante 59 anni luce.

Il Reticolo contiene alcune galassie brillanti, prima fra tutte NGC 1313, una grande galassia spirale visiile anche con un piccolo telescopio fra i cui bracci sono state scoperte decine di grandi regioni di formazione stellare. Le altre galassie sono visibili soprattutto sul lato nordorientale, al confine con il Dorado, come NGC 1559. Nella foto NGC 1559, una galassia spirale ricca di stelle giovani.

Il Pittore e i Pesci

Il Pittore (in latino Pictor, Pictoris abbreviato in Pic) è una delle 88 costellazioni moderne. Originariamente nota come “Cavalletto del Pittore” (Equuleus Pictoris), è una costellazione minore meridionale.

Mappa della costellazione

Il Pittore è una piccola e oscura costellazione del profondo emisfero celeste australe; appare fortemente oscurato dalla brillantissima stella Canopo, la seconda stella più luminosa del cielo, ma proprio a causa della sua vicinanza è anche facilmente individuabile l’area in cui giace, immediatamente ad ovest di questa. Contiene una sola stella di magnitudine superiore alla 3,5, posta pochi gradi a nordovest di Canopo, poi solo qualche stella di quarta e di quinta grandezza. La sua parte meridionale si trova in prossimità della Grande Nube di Magellano e del polo sud dell’eclittica, così nonostante la precessione degli equinozi la sua declinazione varia poco, restando sempre nei pressi del polo sud celeste.
Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo serale è compreso fra i mesi di novembre e aprile; la sua declinazione fortemente australe non ne consente una completa osservazione neppure dalle regioni temperate boreali inferiori, mentre dalle regioni mediterranee è visibile solo in piccolissima parte. Dall’emisfero australe al contrario appare circumpolare da quasi tutte le sue regioni ad eccezione di quelle più prossime all’equatore ed è una costellazione minore dei cieli estivi meridionali.
Stelle principali
α Pictoris è una subgigante bianca di magnitudine 3,24, distante 99 anni luce.
β Pictoris è una stella bianca di sequenza principale di magnitudine 3,85, distante 63 anni luce; è circondata da un disco di polveri, probabilmente è un disco protoplanetario nel quale si stanno formando dei pianeti, e da un massiccio pianeta, che le orbita attorno a oltre 8 UA di distanza.
γ Pictoris è una gigante arancione di magnitudine 4,50, distante 174 anni luce.
Nel Pittore non sono presenti oggetti del cielo profondo luminosi, essendo presenti solo galassie deboli e remote, ad eccezione di una galassia spirale vista di taglio, PGC 18437.

I Pesci (in latino Pisces, Piscium abbreviazione Psc) sono una costellazione dello zodiaco, che si trova tra l’Acquario a sud-ovest e l’Ariete ad est.
I Pesci sono una costellazione piuttosto debole, la meno appariscente fra le costellazioni zodiacali: la stella più luminosa, η Piscium, ha una magnitudine apparente di solo 3,6. α Piscium è chiamata Alrisha, “il nodo”, che sarebbe il nodo che tiene assieme i due pesci. La costellazione si estende a sudest del Quadrato di Pegaso, il grande asterismo che domina le notti autunnali nell’emisfero nord; la parte più facilmente riconoscibile è il gruppetto di stelle disposte a cerchio a sud del Quadrato, rappresentante uno dei due pesci e composto in prevalenza da astri di quarta magnitudine. Il punto in cui l’eclittica attraversa l’equatore celeste andando verso nord, il punto vernale o equinozio di primavera, si trova a circa 8° a sud della stella ω Piscium.
Gran parte della costellazione sta nell’emisfero nord, così da essere osservabile per buona parte dell’anno (da agosto a inizio marzo) dall’emisfero boreale; nell’emisfero sud invece è leggermente meno osservabile.
Stelle principali
η Piscium (Alpherg) è una stella giallo-arancio di magnitudine 3,6, leggermente variabile, posta nella parte orientale della costellazione; la sua distanza è stimata sui 294 a.l.
γ Piscium (Simmah) è una stella gialla di magnitudine 3,70, distante 131 a.l.
α Piscium (Alrisha) è una stella bianca di magnitudine 3,82, distante 139 a.l.
ω Piscium (Vernalis) è una stella di colore perlaceo di magnitudine 4,03, distante 106 a.l.
La costellazione dei Pesci mostra una parte del cielo profondo all’esterno della Via Lattea, caratteristica che consente di poter osservare senza intralci le galassie esterne; tuttavia, sono poche le galassie luminose visibili in questa costellazione.
L’unica relativamente notevole è M74, una galassia spirale estesa ma non molto luminosa, osservata da Charles Messier, che si trova appena a nordest di η Piscium; può essere osservata con un piccolo telescopio, in cui appare come una macchia circolare chiara. Un’altra galassia alla portata di piccoli strumenti è NGC 488, nel sud della costellazione, che possiede dei bracci di spirale avvolti molto strettamente attorno al suo nucleo.
Fra le altre galassie, si segnalano NGC 3 e NGC 4, molto deboli, la cui unica particolarità è quella di essere il terzo e quarto oggetto del catalogo NGC.
Nei Pesci sono pure presenti alcuni ammassi di galassie, in particolare nella parte settentrionale e sudorientale, ma si tratta di oggetti molto remoti e composti da galassie poco appariscenti.

Perseo e il Pesce Volante

Il Pesce Volante (in latino Volans, Volantis abbreviato in Vol) è una delle 88 costellazioni moderne; si tratta di una costellazione minore dell’emisfero meridionale.

Mappa della costellazione

Il Pesce Volante è una costellazione di dimensioni molto ridotte situata nel profondo emisfero celeste australe; contiene alcune stelle di terza e quarta magnitudine che comunque rendono discretamente l’idea di un pesce volante. La sua posizione in cielo è giustificata dalla presenza della nave Argo poco più a nord, in particolare della sezione della Carena, dato che intende rappresentare un pesce che nuota nelle vicinanze dello scafo della nave. Sei stelle sono di magnitudine più luminose della magnitudine 5,0, e sono visibili senza eccessive difficoltà in un cielo relativamente buio.
Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo serale ricade nel mesi compresi fra dicembre e maggio; essendo una costellazione posta a declinazioni fortemente australi, la sua visibilità è quasi del tutto limitata alle sole regioni poste a sud dell’equatore, con la sola eccezione delle aree più meridionali dell’emisfero boreale, in piena fascia tropicale.
Stelle principali
β Volantis è una gigante arancione di magnitudine 3,77, distante 108 anni luce.
γ2 Volantis è una gigante gialla di magnitudine 3,78, distante 142 anni luce.
ζ Volantis è una gigante arancione di magnitudine 3,93, distante 134 anni luce.
δ Volantis è una gigante brillante gialla di magnitudine 3,97, distante 660 anni luce.
Gli unici oggetti non stellari della costellazione sono galassie, in massima parte molto deboli; sono visibili con strumenti amatoriale di media potenza solo una coppia di galassie verso il centro della costellazione (NGC 2434 e NGC 2442).

Perseo (in latino Perseus, Persei abbreviazione Per) è una costellazione settentrionale, rappresentante l’eroe greco che uccise il mostro Medusa; è una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo ed è anche una delle 88 costellazioni moderne.

Mappa della costellazione
La costellazione contiene la famosa stella variabile Algol (β Persei) ed è anche la sede del radiante dell’annuale sciame meteorico delle Perseidi, il più conosciuto presso il grande pubblico perché ricade attorno al 10-12 agosto. Fra gli astronomi amatoriali Perseo è ben nota per contenere anche il famoso Ammasso Doppio, uno degli oggetti più osservati e fotografati del cielo.
Perseo è una costellazione di dimensioni medio-grandi, estesa fra Andromeda e il brillante pentagono dell’Auriga; è composta da 136 stelle visibili a occhio nudo, molte delle quali riunite in tre gruppi di stelle, il più notevole dei quali è quello di Mirfak (o Algenib, α Persei), verso nord e coincidente con una brillante associazione stellare. Gli altri due gruppi sono centrati uno sulla stella Algol (β Persei) e l’altro sulle due stelle ε Persei e ζ Persei.
La caratteristica più notevole di Perseo è quindi un triangolo composto dalle stelle α, β e ε Persei, il cui vertice settentrionale è formato dalla stella Mirfak. Si individua bene, nell’emisfero boreale, nei mesi fra settembre e marzo, grazie al gran numero di stelle di terza e quarta magnitudine che la compongono, in massima parte di colore blu-azzurro, e grazie alla sua posizione, molto settentrionale. Dall’emisfero australe si può osservare invece bassa sull’orizzonte e nelle regioni più meridionali diventa progressivamente invisibile.
La parte settentrionale della costellazione ospita diversi addensamenti di stelle grazie alla presenza del piano della Via Lattea, che tuttavia in questo tratto appare fortemente oscurata e dunque poco luminosa: questa infatti entra in Perseo da nordovest già in gran parte depauperata dei classici campi stellari che l’accompagnano, se si esclude il ricchissimo addensamento centrato attorno all’Ammasso Doppio; verso il centro della costellazione la sua scia luminosa è quasi impercettibile, mentre riprende ad essere più visibile sul confine con l’Auriga.
Stelle principali
Mirphak (α Persei): la stella più luminosa di questa costellazione, chiamata anche Algenib (un nome usato anche per altre stelle, per esempio γ Pegasi). Mirphak (parola araba per “gomito”) è una stella supergigante di tipo spettrale F5 Ib (colore giallo), con una magnitudine di 1,79 che si trova ad una distanza di circa 590 anni luce. La sua luminosità è pari a circa 5 000 volte quella del Sole, e il suo diametro è 62 volte tanto.
Algol (β Persei): è sicuramente la stella più famosa della costellazione. Algol (la stella del Diavolo in arabo) rappresenta l’occhio della gorgone Medusa. È il prototipo di un intero gruppo di stelle variabili, le variabili a eclisse. La sua luminosità apparente varia tra le magnitudini 2,12 e 3,39 in poco meno di tre giorni. Ha un tipo spettrale B8 V (equivamente ad un colore azzurro) e si trova ad una distanza relativamente piccola di 93 anni luce.
ζ Persei (Menkhib) è una stella supergigante blu di magnitudine 2,84; dista da noi 982 anni luce ed è la più meridionale della costellazione, al confine con il Toro.
ε Persei (Adid Australis) è una stella azzurra di magnitudine 2,90; si trova non lontano dal centro della costellazione e dista da noi 538 anni luce.
ι Persei è una stella gialla di magnitudine 4,05; è una delle stelle simili al nostro Sole più vicine.
La Via Lattea attraversa la costellazione di Perseo da NW a SE, ma appare in questo tratto meno evidente che in tutte le altre costellazioni: ad occhio nudo, quasi sembra che si interrompa a nord, per poi ricomparire nei pressi della stella Mirfak, e scomparire di nuovo, per riapparire infine solo all’interno del “pentagono” dell’Auriga. Questo “vuoto” ha principalmente due ragioni: la presenza di enormi banchi di nebulosità oscure e la stessa morfologia della nostra Galassia, che qui in questo tratto appare quasi opposta al suo centro. Ciononostante, è comunque una costellazione ricchissima di oggetti galattici.
Perseo contiene una delle associazioni stellari più brillanti della volta celeste: l’Ammasso di Alfa Persei (Mel 20); è dominata dalla gigante Mirfak ed è costituita da alcune decine di stelle di magnitudine compresa fra la 4 e la 7, molte delle quali sono ben visibili anche a occhio nudo. Un binocolo o un piccolo telescopio a corta focale si rivelano gli strumenti ideale per la sua osservazione. La sua distanza è stimata sui 600 anni luce da noi.
Tra gli ammassi aperti, spicca il famoso Ammasso Doppio, formato dai due ammassi h e χ Persei: questi due oggetti (rispettivamente NGC 869 e NGC 884) sono tra i più belli del cielo notturno per l’osservazione con binocoli e piccoli telescopi. Si trovano entrambi a una distanza maggiore di 7 000 anni luce e sono separati fra loro da alcune centinaia di anni luce. Il fatto che siano ancora così luminosi a questa distanza, tanto da avere una lettera della nomenclatura di Bayer assegnata, fa dedurre che siano due ammassi di dimensioni notevoli ed estremamente brillanti. M34 è ammasso aperto con una magnitudine apparente di 5,5; si trova a una distanza di circa 1 400 anni luce e consiste di circa 100 stelle che sono sparse su un’area più grande della Luna piena. Il suo diametro reale è di circa 14 anni luce. A breve distanza dall’Ammasso Doppio si trova un altro ammasso piuttosto appariscente, anche se poco noto; si tratta di Tr 2, al limite della visibilità a occhio nudo e risolvibile anche con un binocolo in un ricco insieme di stelle sparse. Verso il bordo nordorientale della costellazione, infine, è presente un gruppo di ammassi aperti su cui domina NGC 1528, molto brillante e facilmente risolvibile in diverse decine di stelle anche con piccoli strumenti.
Tra le nebulose planetarie, la più cospicua è M76, chiamata anche Piccola Nebulosa Dumbbell, per la sua somiglianza con la più grande Nebulosa Dumbbell. Ha un diametro apparente di 65 secondi d’arco e una luminosità apparente di 10,1.
Tra le nebulose diffuse invece la più notevole è NGC 1499, chiamata anche la Nebulosa California, scoperta nel 1884 dall’astronomo americano Edward Emerson Barnard. A causa della sua debolezza, è molto difficile da osservare visualmente, ma è un soggetto tradizionale per gli astrofotografi.

Il Pesce Australe e Pegaso

Il Pesce Australe (in latino Piscis Austrinus, Piscis Austrini abbreviazione PaS) è una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo, ed è anche una delle 88 costellazioni moderne.

Mappa della costellazione

Il Pesce Australe ha delle dimensioni molto ridotte, ma nonostante ciò è identificabile con facilità, a sud del Capricorno e dell’Aquario, grazie alla brillante Fomalhaut, una stella di magnitudine 1,16; questa astra, considerata una delle quattro stelle regali dell’astrologia (assieme a Aldebaran, Regolo e Antares), possiede un sistema planetario e un disco di detriti, e inoltre, grazie alla precessione degli equinozi, si troverà nell’emisfero boreale celeste fra circa 6000 anni. La luminosità di Fomalhaut viene esaltata inoltre dal fatto che si trova in una regione di cielo priva di stelle luminose. Se si considera che anticamente la coda del Pesce Australe cadeva nell’attuale costellazione del Microscopio, creata in epoca moderna, l’asterismo riproduce abbastanza fedelmente l’idea di un pesciolino stilizzato.
Nonostante la sua declinazione attuale sia piuttosto bassa (mediamente -30°), la costellazione è ben visibile da gran parte dell’emisfero nord; il periodo migliore per la sua osservazione nei mesi serali ricade nel periodo compreso fra settembre e gennaio. La presenza della stella Fomalhaut sopra l’orizzonte meridionale dopo il tramonto indica l’avvicinarsi della stagione autunnale. Dall’emisfero australe, di contro, la costellazione appare nei cieli serali della fine dell’inverno, e il suo progressivo abbassarsi sopra l’orizzonte occidentale dopo il tramonto indica l’arrivo dell’alta stagione.
Stelle principali
Fomalhaut (α Piscis Austrini) è la diciottesima stella più brillante della volta celeste; si tratta di una stella bianca di magnitudine 1,16, leggermente meno brillante di Sirio in termini assoluti; la sua distanza di appena 25 anni luce ne fa inoltre una delle stelle più vicine al nostro Sole. Possiede un pianeta extrasolare, Fomalhaut b, ed una cintura asteroidale.
ε Piscis Austrini è una stella azzurra di magnitudine 4,18, distante 744 anni luce.
Aboras (δ Piscis Austrini) è una stella gialla di magnitudine 4,20, distante 170 anni luce.
Tra le altre stelle, Lacaille 9352 è la decima stella più vicina al Sole, nonché quella con il quarto più alto moto proprio conosciuto.
La costellazione è priva di oggetti del profondo cielo alla portata di piccoli strumenti; sono presenti qui solo delle galassie remote e poco appariscenti.

Pegaso (in latino Pegasus, Pegasi abbreviazione Peg) è una costellazione settentrionale; è una delle 88 costellazioni moderne, ed era anche una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo. Gli antichi vi vedevano raffigurato il mitico cavallo alato dello stesso nome.

Mappa della costellazione

Quella di Pegaso è una grande e ben nota costellazione del cielo boreale; le sue tre stelle più brillanti, assieme a Sirrah (α And), formano un quadrilatero detto il Quadrato di Pegaso, un celeberrimo asterismo facilmente riconoscibile in cielo anche dalle aree urbane. A questa si aggiunge Enif, una stella da seconda magnitudine, più altre di terza e quarta grandezza, che delineano la costellazione ad est del Cigno e della Freccia. L’area di cielo occupata dalla costellazione non è particolarmente ricca di stelle di fondo, non essendo sovrapposta alla scia della Via Lattea e in particolare il Quadrato appare quasi privo di stelle di fondo.
Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo serale ricade nei mesi compresi fra luglio e gennaio; dall’emisfero nord è una delle più classiche e riconoscibili figure del cielo delle notti autunnali, quando Pegaso si presenta alta nel cielo assieme a Cassiopea. Dall’emisfero sud la sua visibilità è leggermente ridotta, sebbene la sua declinazione non sia particolarmente elevata, e anzi la parte meridionale della costellazione giace a pochi gradi dall’equatore celeste.
Stelle principali
Enif (ε Pegasi) è una supergigante rossa di magnitudine 2,38, distante 672 anni luce; è la stella brillante più occidentale della costellazione.
Scheat (β Pegasi) è una gigante rossa di magnitudine 2,44, distante 199 anni luce; costituisce il vertice nordoccidentale del Quadrato di Pegaso.
Markab (α Pegasi) è una gigante azzurra di magnitudine 2,49, distante 140 anni luce; costituisce il vertice sudoccidentale del Quadrato di Pegaso.
Algenib (γ Pegasi) è una subgigante azzurra di magnitudine 2,83, distante 333 anni luce.
Matar (η Pegasi) è una gigante gialla di magnitudine 2,93, distante 215 anni luce.
51 Pegasi è accompagnata da un pianeta extrasolare, il primo ad essere stato scoperto.
Sirrah veniva considerata parte sia di Pegaso che di Andromeda ma l’Unione Astronomica Internazionale, fissando ufficialmente i confini delle costellazioni, ha stabilito che Sirrah appartiene ad Andromeda. Quest’ultima, insieme a Markab, Scheat e Algenib formano un asterismo noto come Quadrato di Pegaso.
La costellazione si estende in una regione di cielo non oscurata dalle polveri galattiche, pertanto sono visibili in particolare galassie, alcune delle quali sono piuttosto appariscenti.
Nella parte occidentale di Pegas0, verso il confine col Cavallino, è visibile M15, un ammasso globulare fra i più luminosi della volta celeste, osservabile anche con un binocolo.
Fra gli oggetti esterni alla Via Lattea, la galassia più luminosa è NGC 7331, una galassia spirale vista quasi di taglio e individuabile anche con un piccolo telescopio come una macchia allungata in senso nord-sud; da questa galassia si può reperire con facilità, avendo a disposizione un potente strumento, un gruppo di galassie interagenti noto come Quintetto di Stephan, oggetto di studio da parte degli astronomi allo scopo di conoscere le dinamiche dei gruppi di galassie.
NGC 7217 è invece una galassia spirale vista con un angolo che ne consente la facile individuazione dei bracci di spirale, sebbene per distinguerli dall’alone occorrano strumenti molto potenti; in un piccolo strumento si presenta come una macchia chiara di forma ovaleggiante.
Pegaso è nota anche per contenere il primo oggetto del New General Catalogue, NGC 1; si tratta di una galassia spirale poco luminosa.

L’Orsa Minore e il Pavone

L’Orsa Minore (in latino Ursa Minor, Ursae Minoris abbreviazione UMi) è una costellazione del cielo settentrionale. È una delle 88 costellazioni moderne, ma era già tra le 48 costellazioni elencate da Tolomeo. È particolarmente nota perché al suo interno si trova il polo nord celeste, anche se la sua posizione è soggetta ad un continuo, lento spostamento a causa della precessione dell’asse di rotazione terrestre.

Mappa della costellazione

L’Orsa Minore è individuabile con facilità, sia perché le sue stelle più brillanti sono di seconda magnitudine, sia perché, una volta individuato il Grande Carro, si può raggiungere la Stella Polare, la stella più luminosa dell’Orsa Minore, utilizzando le due stelle più occidentali dell’asterismo dello stesso Grande Carro (vedi immagine). Dall’emisfero boreale è una costellazione circumpolare, ossia non tramonta mai, restando visibile in ogni periodo dell’anno; dall’emisfero australe invece è sempre invisibile, tranne che in prossimità dell’equatore (eccetto la Stella Polare).
L’Orsa Minore contiene un asterismo chiamato colloquialmente Piccolo Carro, perché le sue stelle più brillanti formano un disegno simile a quello del Gran Carro nell’Orsa Maggiore. La stella all’estremo del Piccolo Carro è la Stella Polare, che si trova in posizione quasi coincidente col polo nord celeste. Le sue stelle possono essere anche utilizzate come scala per determinare la magnitudine limite di una notte: due stelle sono infatti di seconda magnitudine, una è di terza, tre di quarta e una di quinta; quando le stelle della costellazione sono tutte visibili, il cielo può definirsi in condizioni molto buone per l’osservazione.
Stelle principali
Polaris (α Ursae Minoris, la Stella Polare) è la stella più luminosa e più nota della costellazione; si tratta di una stella gialla di magnitudine 1,97. La Polare può essere trovata seguendo una linea che parte dalle due stelle posteriori dell’Orsa Maggiore e prolungandola di circa cinque volte la distanza fra loro. La stella è inoltre una variabile Cefeide, con oscillazioni minime; dista 431 anni luce.
β Ursae Minoris (Kochab) è una stella di colore arancione, di magnitudine 2,07, che si trova in una posizione della costellazione opposta alla Stella Polare. La sua distanza è stimata sui 126 anni luce.
γ Ursae Minoris (Pherkad) è una stella bianca di magnitudine 3,00, variabile Delta Scuti distante 480 anni luce.
Non ci sono oggetti appartenenti alla Via Lattea, poiché il piano galattico passa distante dalla costellazione. Si possono dunque osservare solo galassie esterne, ma non ve n’è nessuna alla portata di piccoli strumenti. L’unico oggetto interessante è la Galassia Nana dell’Orsa Minore, una galassia nana ellittica che orbita come satellite attorno alla nostra Via Lattea.

Il Pavone (in latino Pavo, Pavonis;  abbreviato in Pav) è una costellazione dell’emisfero sud; è stata introdotta da Johann Bayer ed è oggi una delle 88 costellazioni moderne.
Il Pavone è una costellazione di dimensioni relativamente contenute; contiene al suo interno una sequenza di stelle di terza e quarta magnitudine che la rendono piuttosto semplice da individuare, poco ad sudest della scia luminosa della Via Lattea del sud. La stella più luminosa, la α Pavonis, si trova una quindicina di gradi a sud della parte più orientale del Sagittario e ha una magnitudine pari a 1,94, potendo così essere utilizzata come riferimento anche dalle aree urbane per rintracciare il resto della costellazione, che si estende a sudovest di questa stella.
La declinazione australe del Pavone non consente la sua osservazione dalla gran parte delle regioni dell’emisfero boreale: la stella α, che è la più settentrionale della costellazione, si trova a una declinazione di -56°, restando pertanto invisibile a nord delle coste africane del Mediterraneo; dall’emisfero australe, al contrario, è circumpolare in quasi tutta la fascia temperata, mentre in quella tropicale è visibile per la gran parte delle notti dell’anno. Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo serale coincide con quello della bassa stagione australe, nei mesi compresi fra maggio e ottobre.
Stelle Principali
α Pavonis, spesso nota col nome Peacock, è la stella più luminosa della costellazione; ha magnitudine 1,94 e dista 183 anni luce.
β Pavonis è una stella bianca di magnitudine 3,42, distante 137 anni luce.
δ Pavonis, è una delle stelle visibili ad occhio nudo più vicine al Sole; dista 20 anni luce ed ha magnitudine pari a 3,55.
η Pavonis è una gigante arancione di magnitudine 3,61, distante 371 anni luce.
La costellazione contiene alcuni oggetti molto brillanti, facili da individuare anche con un binocolo se le condizioni atmosferiche lo consentono.
NGC 6752 è il quarto ammasso globulare più luminoso del cielo; in una notte limpida è appena visibile anche ad occhio nudo, mentre è facilmente individuabile con un binocolo o con un piccolo telescopio. Ha dimensioni apparenti paragonabili a metà della Luna piena e si trova a 14000 anni luce dal sistema solare. La sua classe di concentrazione è VI, dunque a metà via fra quelli più concentrati e quelli meno densi.
La costellazione contiene alcuni oggetti molto brillanti, facili da individuare anche con un binocolo se le condizioni atmosferiche lo consentono.
NGC 6752 è il quarto ammasso globulare più luminoso del cielo; in una notte limpida è appena visibile anche ad occhio nudo, mentre è facilmente individuabile con un binocolo o con un piccolo telescopio. Ha dimensioni apparenti paragonabili a metà della Luna piena e si trova a 14000 anni luce dal sistema solare. La sua classe di concentrazione è VI, dunque a metà via fra quelli più concentrati e quelli meno densi.


Fra le numerose galassie, spicca NGC 6744, una spirale barrata ben visibile anche con piccoli telescopi, in cui si mostra come una macchia chiara, mentre a forti ingrandimenti è possibile individuarne la barra; è una delle galassie più facili da osservare nell’emisfero meridionale. Altre galassie si trovano nella parte settentrionale della costellazione, come NGC 6684, o sul lato meridionale e orientale, come NGC 6876, la quale è anche al centro di un gruppo contenente una decina di galassie meno luminose ben visibili con un potente telescopio. Nella foto l’ammasso globulare NGC 6752, uno dei più brillanti del cielo.

Ottante e Orsa Maggiore

L’Ottante (in latino Octans, Octantis abbreviato in Oct) è una delle 88 costellazioni moderne. Si tratta di una costellazione meridionale poco appariscente, introdotta da Nicolas Louis de Lacaille e nota più che altro per essere la sede del polo sud celeste.
L’Ottante contiene solo una stella di terza magnitudine, la ν Octantis, mentre le restanti sono di quarta e quinta grandezza; questo, unito al fatto che nelle regioni vicine non sono presenti altre stelle luminose, rende la sua individuazione piuttosto difficoltosa. Sotto cieli bui è possibile riconoscere il triangolo scaleno allungato formato dalle stelle β, γ e ν.
La stella σ Octantis è la più vicina al polo sud celeste, ma è così debole da essere in pratica inutile come stella polare per l’emisfero australe della Terra; infatti questa stella ha una magnitudine apparente di circa 5,5. Si preferisce solitamente ricorrere ad Acrux e Gacrux, due stelle particolarmente luminose della Croce del Sud che fungono da puntatori per il polo sud, dato che il loro prolungamento porta a σ Octantis.
La sua visibilità è limitata alle regioni dell’emisfero australe: sebbene sia infatti in parte osservabile anche dalle regioni boreali più vicine all’equatore, affinché si possa avere una visione d’insieme della costellazione occorre trovarsi almeno nella fascia tropicale media dell’emisfero sud, in modo che la costellazione sia completamente circumpolare e quindi osservabile per intero.

Stelle principali 
ν Octantis è una gigante arancione di magnitudine 3,73, distante 69 anni luce; è la più settentrionale, nonché la più luminosa fra le stelle della costellazione visibili ad occhio nudo.
β Octantis è una stella bianca di sequenza principale di magnitudine 4,13, distante 140 anni luce.
δ Octantis è una gigante arancione di magnitudine 4,31, distante 279 anni luce.
La σ Octantis è la stella visibile ad occhio nudo più prossima al polo sud celeste; si tratta di una gigante gialla di magnitudine 5,45.
La costellazione dell’Ottante non contiene oggetti luminosi; le galassie qui visibili sono molto remote e difficilmente osservabili.
L’oggetto catalogato come NGC 6438 è un esempio di galassie interagenti, mentre la galassia più luminosa è NGC 7098, una galassia spirale barrata con i bracci molto deboli. Nella foto l’Uranometria di Bayer; l’Ottante ancora non era stato creato e lo spazio da essa occupato era diviso fra le costellazioni adiacenti.

L’Orsa Maggiore (in latino Ursa Major, Ursae Majoris abbreviazione UMa) è una costellazione tipica dei cieli boreali; le sue sette stelle più luminose, raggruppate nel famoso asterismo del Grande Carro, sono visibili per tutto l’anno nell’emisfero nord, e non tramontano mai a nord del 41°N (la latitudine di Napoli, Madrid e New York).
Il riferimento all’asterismo come un orso (le quattro stelle orientali) inseguito da tre cacciatori (le tre di coda) è probabilmente il più antico mito a cui l’umanità faccia ancora riferimento. In altre parti del mondo vengono usati nomi diversi, in Nord America è il Grande mestolo, nel Regno Unito è l’Aratro, Septem triones, cioè i sette buoi, è invece il termine con cui gli antichi Romani definivano le sette stelle dell’Orsa Maggiore, descrivendone il loro lento movimento attorno alla stella polare. Da qui l’origine del termine settentrione, cioè nord.

Le stelle del Grande Carro sono chiamate, in ordine da ovest ad est, Dubhe, Merak, Phecda, Megrez, Alioth, Mizar e Alkaid (o Benetnasch), e sono state assegnate loro le lettere greche da α ad η (vedi nomenclatura di Bayer), nello stesso ordine. Mizar ha una stella compagna chiamata Alcor, appena visibile ad occhio nudo, che è un tradizionale test della vista. Entrambe le stelle sono in realtà doppie, e sono state, rispettivamente, la prima binaria visuale e la prima binaria spettroscopica scoperte.
La Stella Polare può essere trovata disegnando una linea tra Dubhe e Merak, all’estremo del Gran Carro, e prolungandola di cinque volte. Altre stelle come Arturo (α Boötis) e Spica (α Virginis) possono essere trovate prolungando invece il lato lungo.
Nel 1869, Richard. A. Proctor notò che, eccetto per Dubhe e Alkaid, le stelle del Gran Carro hanno tutte lo stesso moto proprio, che le porta verso un punto comune del Sagittario. Questo gruppo, noto ora come Associazione dell’Orsa Maggiore (Cr 285), del quale sono stati identificati alcuni altri membri, formava in passato un ammasso aperto.

Da allora le stelle dell’ammasso si sono disperse in una regione di circa 30 per 18 anni luce, posta a circa 75 anni luce di distanza, che è quindi il più vicino oggetto simile ad un ammasso. Altre 100 stelle circa, inclusa Sirio, formano una “corrente” che ha lo stesso moto proprio, ma la loro relazione con l’ex-ammasso non è chiara. Il nostro Sistema Solare si trova sul bordo esterno di questa corrente, ma non ne fa parte, avendo un’età 40 volte superiore.
Oltre al Grande Carro, dalla cultura araba viene un altro asterismo: il salto della gazzella, una serie di tre paia di selle:

  • ν e ξ Ursae Majoris (Alula Borealis e Australis), il “primo salto”;
  • λ e μ Ursae Majoris (Tania Borealis e Australis), il “secondo salto”;
  • ι e κ Ursae Majoris (Talitha Borealis e Australis), il “terzo salto”.

Queste stelle si trovano lungo il bordo sudovest della costellazione, le zampe dell’orso

Stelle principali

    • Alioth (ε Ursae Majoris) è la stella principale della costellazione; di magnitudine 1,76 e dal colore bianco, è una delle stelle del Gruppo stellare dell’Orsa Maggiore.
    • Dubhe (α Ursae Majoris) è una stella gialla di magnitudine 1,81; si trova a 124 anni luce da noi, ossia circa 50 anni luce oltre il Gruppo stellare dell’Orsa Maggiore. Con Merak forma un asterismo noto come I Puntatori, in quanto utilizzato per trovare la Stella Polare.
    • Alkaid (η Ursae Majoris) è una stella azzurra di magnitudine 1,85, posta a 101 anni luce di distanza da noi, dunque circa 25 anni luce oltre il Gruppo; nonostante la sua vicinanza ad esso, si muove in direzione opposta, indicando che si tratta solo di una stella di passaggio.
    • Mizar (ζ Ursae Majoris) è una stella bianca di magnitudine 2,23; fa coppia con Alcor, in realtà solo apparentemente, essendo quest’ultima leggermente più lontana. Mizar è tuttavia essa stessa una stella multipla, con quattro componenti legate gravitazionalmente.
    • Merak (β Ursae Majoris) è una stella bianco-azzurra di magnitudine 2,34; è il secondo membro dell’asterismo dei Puntatori.
    • Phecda (γ Ursae Majoris) è una stella bianco-azzurra di magnitudine 2,41; nei suoi pressi si individua la galassia M109.

Tra le altre stelle, si segnala 47 Ursae Majoris, nota per avere un sistema planetario con tre pianeti confermati, 2,54 e 0,76 volte la massa di Giove.
Lalande 21185 è la quarta stella più vicina alla Terra (escluso il Sole). Megrez (δ Ursae Majoris) è la stella meno luminosa dell’asterismo del Grande Carro; ha magnitudine 3,32 ed è una stella di colore bianco. La costellazione dell’Orsa Maggiore giace lontano d alla Via Lattea e dai suoi ricchi campi stellari, dunque entro i suoi confini non sono visibili ammassi stellari.
Nei pressi della stella Merak si trova una nebulosa planetaria, M97, nota come Nebulosa Civetta a causa delle due macchie scure sul suo disco, che somigliano agli occhi sgranati di una civetta.
Innumerevoli sono invece le galassie osservabili entro i suoi confini; tra la più importanti, spicca la coppia formata da M81 (una delle più brillanti del cielo) e M82, appartenenti al gruppo di galassie dell’Orsa Maggiore, uno dei gruppo più vicini al nostro Gruppo Locale. Seguendo un facile asterismo che parte dalla stella Mizar, si raggiunge la galassia M101, anch’essa molto appariscente e vicina. Accanto alla stella Phecda, si individua la galassia spirale barrata M109; a breve distanza dalla stella Merak si osserva invece M108.
Tra le altre galassie, è notevole specialmente NGC 3184, una galassia spirale dai bracci molto luminosi e con due grandi regioni HII al suo interno.
Sono presenti infine anche due galassie nane satelliti della nostra Galassia: Ursa Major I e Ursa Major II

Il cacciatore Orione e l’Orologio

Orione o il Cacciatore (in latino Orion, Orionis abbreviazione Ori) è un’importante costellazione, forse la più conosciuta del cielo, grazie alle sue stelle brillanti e alla sua posizione vicino all’equatore celeste, che la rende visibile dalla maggior parte del pianeta.
La costellazione consta di circa 130 stelle visibili a occhio nudo ed è identificabile dall’allineamento di tre stelle che formano la Cintura di Orione, incorniciate da un rettangolo di quattro stelle più luminose; le tre stelle della Cintura sono chiamate in diversi modi a seconda della tradizione: i Tre Re, i Re Magi (secondo una tradizione contadina dell’Italia centro-settentrionale, il rastrello, i tre mercanti, i bastoni. La sagoma dell’eroe è invece delineata da nove stelle.
Orione si trova accanto al fiume Eridano, con i suoi due cani da caccia Cane Maggiore e Cane Minore, combattendo contro il Toro. Anche un’altra sua preda, la Lepre, si trova vicino.

La costellazione di Orione è una delle più semplici da riconoscere e da osservare e contiene un gran numero di stelle luminose, al punto che è perfettamente visibile senza difficoltà anche dal centro di una grande città. La sua forma ricorda molto quella di una clessidra e la sua caratteristica più rilevante, oltre al grande rettangolo verticale di stelle luminose, è l’allineamento di tre stelle di quasi pari luminosità poste al centro della figura, un segno che prende il nome di Cintura di Orione e che è ben impresso nell’immaginario collettivo di tutti i popoli della Terra. La parte nordorientale di Orione confina col Toro e mostra un arco di stelle di terza e quarta magnitudine, che secondo la tradizione rappresenta lo scudo del gigante; questo gruppo costituisce infatti un asterismo noto come Scudo di Orione. La costellazione di Orione è molto ricca di stelle brillanti e oggetti interessanti. Le stelle principali di Orione sono molto simili come età e caratteristiche fisiche, cosa che suggerisce che abbiano avuto un’origine comune (Betelgeuse è un’eccezione a questa regola). In effetti, l’intera costellazione di Orione è la più vicina zona di formazione stellare, ed è stata a volte considerata per intero un’associazione OB, ossia un gruppo di stelle giovani e blu, estremamente luminose e caldissime.
Orione è molto utile per trovare altre stelle. Estendendo la linea della Cintura verso sudovest, si può trovare Sirio (α Canis Majoris); verso nordest, Aldebaran (α Tauri). Una linea verso est che attraversa le due spalle indica la direzione di Procione (α Canis Minoris). Una linea da Rigel verso Betelgeuse punta a Castore e Polluce, α e β Geminorum. Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo serale va da novembre a maggio; trovandosi esattamente a cavallo dell’equatore celeste, la sua visibilità è ottimale per tutti i popoli della Terra.
Stelle principali
Rigel (β Orionis) è la stella più luminosa della costellazione (magnitudine 0,2). Il suo nome deriva da un’espressione araba e significa “il piede sinistro di Colui che è Centrale”. Situata all’altezza del ginocchio sinistro, è una supergigante blu estremamente calda e luminosa. Ha tre compagne, molto difficili da vedere.
Betelgeuse (α Orionis), di magnitudine 0,5, è una supergigante rossa di notevoli dimensioni; se fosse messa al posto del Sole, i suoi strati più esterni ingloberebbero l’orbita del pianeta Giove. Il titolo di stella α le è stato dato in errore, perché Rigel è in realtà un poco più luminosa. Si tratta di una binaria spettroscopica con un periodo di 2,08 anni. Rappresenta uno dei vertici del Triangolo Invernale. La principale è una variabile semiregolare di tipo SRC.
Bellatrix (γ Orionis), di magnitudine 1,7: «la donna guerriera» forma la sua spalla sinistra.
δ Orionis, ε Orionis e ζ Orionis (Mintaka, Alnilam e Alnitak) compongono l’asterismo chiamato Cintura di Orione. Queste tre stelle brillanti messe in fila sono sufficienti per identificare la costellazione.
κ Orionis (Saiph) è una stella azzurra di magnitudine 2,0: si trova all’altezza del ginocchio destro di Orione.
λ Orionis (Meissa) rappresenta la testa di Orione; si trova in direzione di un’associazione stellare nota come Cr 69
La costellazione di Orione è famosa per contenere il più noto e studiato complesso nebuloso molecolare del cielo, in cui hanno luogo importanti fenomeni di formazione stellare; esso ospita la gran parte degli oggetti più conosciuti della costellazione.
A sud della Cintura di Orione c’è la sua spada, che consiste delle stelle multiple θ1 e θ2 Orionis, chiamate il Trapezio, e la vicina Nebulosa di Orione (M42). La nebulosa è un oggetto molto brillante, che già ad occhio nudo può essere distinta come di natura ben diversa da una stella. Tuttavia per poterla individuare a volte è opportuno guardare un punto del cielo vicino a dove se ne suppone la presenza per farla “saltare” all’occhio immediatamente. Con un telescopio o meglio ancora un binocolo si possono osservare le sue nubi di gas luminosi, le stelle giovani e le nubi di polvere che la compongono. La nebulosa Nebulosa De Mairan (M43), visibile poco a nord, fa parte di questo insieme.
Poco a sud dell’asterismo della Cintura di Orione, nei pressi di ζ Orionis, si trova una nebulosa oscura, scoperta nel 1655, non visibile ad occhio nudo, la celeberrima Nebulosa Testa di Cavallo (B33); si tratta di un addensamento oscuro che si sovrappone alla linea di vista di una nebulosa chiara, catalogata come IC 434 e situata ad est di σ Orionis.
Oltre a questi oggetti famosi, la costellazione è ricca di piccole nebulose, tra le quali spicca M78, pochi gradi ad est della Cintura. Tutto intorno all’asterismo si estende infine un grandissimo anello di nebulosità, chiamato anello di Barnard e non visibile con piccoli strumenti.


Fra gli ammassi aperti, i più brillanti si trovano lungo la Spada, e sono NGC 1980, a sud della Nebulosa di Orione, e NGC 1981, a nord; in realtà questi due ammassi costituiscono le estremità della Spada stessa. Altri ricchi addensamenti di stelle si osservano presso la Cintura, il cui sfondo è molto ricco di stelle azzurre, e poi a nord nei pressi di λ Orionis, la stella dominante di un ammasso catalogato come Cr 69 e posto al centro della regione nebulosa di Lambda Orionis. Un ammasso più vecchio e meno brillante è NGC 1662, osservabile nella parte più settentrionale dell’asterismo dello Scudo di Orione.
La parte nordorientale di Orione giace sul piano galattico ed è possibile osservare altre regioni di formazione stellare, sebbene si trovino in prevalenza a grandi distanze rispetto al Sole; fra queste spiccano Sh2-252, nota anche come Nebulosa Testa di Scimmia, e la regione di Sh2-254, composta da alcune nubi di gas ionizzato di forma circolare. Nella foto la Nebulosa di Orione.

L’Orologio (in latino Horologium, Horologii abbreviato in Hor) è una delle 88 costellazioni moderne; si tratta di una costellazione minore dell’emisfero meridionale, posta ad una declinazione di circa -55°. Venne originariamente chiamata Horologium Oscillitorium (l’Orologio Oscillante) da Nicolas Louis de Lacaille, in onore dell’inventore dell’orologio a pendolo, Christian Huygens, ma il nome venne in seguito modificato.
L’Orologio è una piccola e oscura costellazione del profondo emisfero celeste australe; non contiene alcuna stella luminosa, ad eccezione della α Horologii, situata nella parte più settentrionale della costellazione, che però è di magnitudine 3,85, dunque visibile solo sotto un cielo non inquinato. L’individuazione dell’Orologio può essere facilitata grazie alla presenza della brillante Achernar, una delle stelle più brillanti della volta celeste, che rappresenta la foce di Eridano; l’Orologio si trova pochi gradi ad est di questa stella ed occupa la regione oscura posta fra questa e il gruppetto di stelle di terza grandezza che rappresentano la costellazione del Reticolo.

Mappa della costellazione
Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo serale ricade nei mesi compresi fra ottobre e febbraio; la sua declinazione australe fa sì che sia invisibile da una gran parte dell’emisfero nord, mentre alle latitudini mediterranee si presenta visibile solo per metà. La parte più meridionale si osserva invece solo in prossimità del Tropico del Cancro, mentre dall’emisfero sud è in massima parte circumpolare.
Stelle principali
α Horologii è una gigante arancione di magnitudine 3,85, distante 117 anni luce.
δ Horologii è una stella bianca di sequenza principale di magnitudine 4,93, distante 175 anni luce.
β Horologii è una gigante bianco-azzurra di magnitudine 4,98, distante 313 anni luce.
Nonostante le piccole dimensioni, l’orologio contiene alcune galassie brillanti, soprattutto nella parte più settentrionale. NGC 1433 è la più appariscente; si tratta di una galassia spirale barrata ben visiile anche con un piccolo telescopio. Simile, ma coi bracci più raccolti, è la NGC 1457, mentre NGC 1512 è una galassia spirale con un vistoso anello di stelle giovani e gas posto nel bordo più esterno. Nella parte meridionale è invece presente un ammasso globulare molto concentrato, catalogato come NGC 1261.

Le costellazioni di febbraio

Il cielo del mese di febbraio è ancora dominato dalle grandi costellazioni invernali. Protagonista del cielo in direzione meridionale è sempre Orione, con le tre stelle allineate della cintura (da sinistra: Alnitak, Alnilam e Mintaka) ed i luminosi astri Betelgeuse (rossa) e Rigel (azzurra). Più in alto troviamo ancora le costellazioni del Toro con la rossa Aldebaran, la costellazione dell’Auriga con la brillante stella Capella, i Gemelli con le stelle principali Castore e Polluce. A sinistra in basso rispetto ad Orione, il grande cacciatore, nella costellazione del Cane Maggiore, brilla la notissima Sirio, la stella più luminosa del cielo.
Più in alto, a sinistra, la raffigurazione della caccia è completata dal Cane Minore, dove risplende Procione. Verso Ovest, nelle prime ore della sera, c’è ancora tempo per veder tramontare le costellazioni autunnali di Andromeda, del Triangolo, dei Pesci e dell’Ariete.
Restando tra le costellazioni zodiacali, un po’ più impegnativo è invece il riconoscimento della piccola e debole costellazione del Cancro visibile tra i Gemelli e il Leone, che vedremo sorgere ad Est, seguito dalla Vergine.
Prendendo a riferimento la stella polare possiamo riconoscere alcune note costellazioni del cielo settentrionale. A Nord-Ovest riconosciamo Cassiopea con la sua inconfondibile forma a “W”; tra Cassiopea e il Toro è facile individuare la costellazione del Perseo.
Più spostata a Nord-Est si trova l’inconfondibile Orsa Maggiore, vicino alla quale possiamo riconoscere la piccola costellazione dei Cani da Caccia. Da: Il cielo del mese di Stefano Simoni (Astronomia.com).

Una autopsia stellare (eseguita su un resto di supernova)

Gli astrofisici ritengono che le fasi finali dell’evoluzione di stelle massive producano esplosioni asimmetriche causate dal collasso gravitazionale del nucleo di ferro. Tuttavia, i dettagli di queste fasi catastrofiche rimangono ancora incerte poiché non è immediato esplorare gli interni stellari. Oggi, due ricercatori, Dan Milisavljevic dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA) e Robert A. Fesen del Department of Physics and Astronomy, Dartmouth College, Hanover, presentano in un articolo pubblicato su Science nuovi dati di Cassiopeia A, il residuo finale di una supernova di tipo IIb, e una mappatura tridimensionale degli strati espulsi più interni.

I risultati indicano la presenza di una struttura a forma di “bolle” che si connette in maniera continua con le varie strutture a forma di “anello” osservate nell’inviluppo principale brillante composto dai detriti in espansione. Secondo gli scienziati, questa struttura interna può anche originarsi dai processi di turbolenza che determinano la fuoriuscita di materiale composto essenzialmente da nichel radioattivo (56Ni). Se ciò è vero, potrebbero ancora esistere nelle regioni più interne del resto di supernova quantità sostanziali del suo prodotto di decadimento, cioè ferro 56Fe. Quando gli astronomi realizzano le simulazioni del collasso gravitazionale di un nucleo ricco di ferro, ad esempio nel caso di una stella supermassiccia che produce alla fine una stella di neutroni, si nota l’emissione di un’onda d’urto che non è in grado di bloccare il processo di formazione di una supernova (in condizioni di simmetria sferica). Ciò è dovuto al fatto che l’onda d’urto emergente è troppo debole per opporsi al collasso degli strati più esterni della stella perciò si ferma (come se “prendesse tempo” dopo il rimbalzo). Tuttavia, i dati osservativi suggeriscono che le eventuali asimmetrie che emergono a seguito di un’esplosione stellare, che sono dovute sostanzialmente alle instabilità dinamiche e alla rotazione dei campi magnetici, devono altrettanto concorrere al processo del collasso gravitazionale del nucleo, anche se i rispettivi contributi sono ancora incerti. Alcuni aspetti dei processi associati a queste esplosioni stellari sono stati studiati con successo grazie alle osservazioni delle supernovae extragalattiche. Tuttavia, persino con il telescopio spaziale Hubble questi oggetti distanti appaiono puntiformi, il che non permette agli astronomi di risolvere la loro struttura tridimensionale degli strati in espansione da cui si potrebbero ricavare importanti indizi sul meccanismo dell’esplosione. Un approccio alternativo per lo studio di questi fenomeni violenti è quello di studiare i cosiddetti resti di supernovae nella nostra galassia in quanto si tratta di oggetti ancora giovani, e quindi in espansione libera, e abbastanza vicini per cui è possibile realizzare osservazioni più dettagliate degli inviluppi costituiti dal materiale espulso. Queste ricerche possono fornire agli astronomi alcune indicazioni sulla composizione chimica dell’oggetto (il progenitore), da cui si formerà in seguito la supernova, e sul destino del prodotto finale dell’esplosione stellare (il nucleo). Cassiopeia A (Cas A), un resto di supernova giovane situato a soli 11.000 anni luce nella costellazione di Cassiopeia, ha una età di 340 anni ed è la radiosorgente più brillante del cielo a frequenze superiori a 1 GHz. Si tratta del prodotto di una supernova di tipo IIb e rappresenta uno dei migliori test su cui gli astronomi possono eseguire una sorta di “autopsia stellare”. L’oggetto è oggi visibile grazie all’emissione di radiazione causata da un’onda d’urto riflessa che si è originata quando l’esplosione iniziale della supernova, avvenuta a velocità spaventose, venne spazzata nel mezzo interstellare circostante. I suoi detriti ricchi di metallo sono distribuiti lungo strutture a forma di anello e formano un inviluppo quasi sferico (inviluppo principale) che si estende approssimativamente per circa 12 anni luce, espandendosi con una velocità complessiva i cui valori cadono nell’intervallo che va da -4000 a +6000 Km/sec. Queste e molte altre proprietà di Cas A, come ad esempio la presenza di due flussi di silicio (Si) e zolfo (S) (si diramano in direzioni opposte e sono separati di circa 40° e si osservano nelle regioni a nord-est e a sud-ovest propagandosi con velocità fino a circa 15.000 Km/sec), e un’espansione irregolare della fotosfera generata all’epoca dell’esplosione, puntano tutte ad una esplosione stellare asimmetrica. Dunque, per poter studiare eventuali asimmetrie presenti nelle regioni più interne di Cas A, Milisavljevic e Fesen hanno realizzato tra il 2011 e il 2013 una serie di spettri nel vicino-infrarosso, utilizzando il telescopio di 4m Mayall presso il Kitt Peak National Observatory, assieme ad alcuni particolari accorgimenti tecnici in modo da rivelare l’emissione degli strati di zolfo. I dati sono stati successivamente trasformati in un sistema di coordinate 3D e incorporati in un modello già esistente dell’emissione ottica relativa all’inviluppo primario e alle varie strutture più esterne a forma di grumi e filamenti (vedasi modello 3D). Le osservazioni indicano che l’emissione della riga [S III] (a 906.9 nm e a 953.1 nm) appare diffusa, in netto contrasto con gli strati dell’inviluppo principale che invece appaiono compresse in piccole strutture a forma di grumi e filamenti causati dall’onda d’urto riflessa. La maggior parte di questi strati presentano una struttura coerente dalla forma di “enormi cavità”, o “bolle”, che sembrano essere fisicamente connesse alle strutture ad anello dell’inviluppo principale. In particolare, si notano almeno due cavità ben definite. Una, verso sud-est, si propaga nella direzione dell’osservatore, appena sotto quello che è approssimativamente considerato il centro del resto di supernova, e si connette in maniera continua con una coppia di filamenti curvi e brillanti, noti come “Parentesi”. Nella parte opposta, cioè in direzione nord-ovest, in allontanamento dall’osservatore e immediatamente sotto l’anello dell’inviluppo maggiore del resto di supernova, si osserva la cavità maggiore interna. Queste due strutture si intersecano con una regione di emissione centrale che parte dalla regione anteriore e si propaga verso quella posteriore. La cavità più grande, a nord, domina il volume interno di Cas A è ha un raggio di circa 3 anni luce, mentre quella a sud-est si estende nello spazio di circa la metà. Entrambe le cavità esibiscono delle strutture a forma di grumi e filamenti ricchi di zolfo, il che suggerisce che nessuna di esse sia completamente vuota di materiale espulso a seguito dell’esplosione stellare. Nonostante sia complicato determinare con precisione il numero totale di queste strutture cave, le dimensioni degli anelli dell’inviluppo principale sono confrontabili con quelle delle cavità, il che implica che sono uguali in numero (circa 6). Queste proprietà, unite al fatto che gli anelli dell’inviluppo principale si estendono radialmente verso l’esterno lungo traiettorie leggermente inclinate, seguendo la circonferenza delle cavità, avvalorano l’ipotesi secondo cui sia le strutture anulari prodotte dall’onda d’urto riflessa che le strutture a forma di bolle hanno una origine comune. Comunque sia, la struttura interna (a forma di bolle) e quella delle regioni più esterne (a forma di anelli) dell’inviluppo principale suggeriscono che la distribuzione del materiale su larga scala abbia influenzato la disposizione globale degli strati espulsi durante il collasso gravitazionale del nucleo stellare, nonostante al momento non siano ancora chiare le modalità dei meccanismi coinvolti. Tuttavia, gli astrofisici hanno proposto una serie di processi dinamici che potrebbero contribuire alla ridistribuzione degli strati chimici tra cui, ad esempio, la presenza di effetti magnetorotazionali asimmetrici e delle instabilità di Rayleigh-Taylor e Kelvin-Helmholtz. Inoltre, secondo gli autori, la presenza di asimmetrie prodotte dagli strati turbolenti più interni dell’oggetto progenitore, sommate a quelle dovute al meccanismo di esplosione stellare, potrebbero contribuire decisamente alla morfologia osservata nel resto di supernova Cas A. I dati presentati da Milisavljevic e Fesen fanno chiarezza sul fatto che la struttura dominante di Cas A si presenta nella forma di enormi cavità interne le cui sezioni trasversali sono rappresentate dagli anelli ben visibili riscaldati dall’onda d’urto riflessa dell’inviluppo principale. Quello che non è ancora chiaro è perché si osservano solo 6 bolle. Un test cruciale sull’origine di queste strutture cave potrebbe emergere dalla conferma della “mancanza” di ferro che, invece, i modelli predicono debba esistere nelle regioni più interne del resto di supernova. Certamente, non si potranno trarre delle conclusioni definitive fino a quando non saranno pronti i telescopi spaziali di nuova generazione, in particolare quelli che opereranno nell’infrarosso e nella banda X. Infine, dato che Cas A mostra numerose caratteristiche simili a quelle di supernovae vecchie e giovani, le sue proprietà dinamiche descritte dagli autori non sono probabilmente uniche e perciò potranno essere utilizzate in generale dagli astronomi per descrivere altre esplosioni stellari, e di conseguenza anche i resti di supernovae, che non possono essere risolti direttamente dagli strumenti. Nella foto una composizione di immagini riprese dai telescopi Hubble, Spitzer e Chandra del resto della supernova Cassiopeia A. Credit: NASA
di Corrado Ruscica (INAF)

Ecco perché Marte ha due facce

 Marte si presenta ai nostri occhi caratterizzato da un forte dimorfismo fra gli emisferi settentrionale e meridionale; questa è diretta conseguenza di un antico e terribile impatto con un corpo celeste subito nei primi attimi della sua storia. Un trauma violento, che ha cambiato i connotati e la storia del pianeta in modo irreversibile.  Il modello utilizzato suggerisce che un corpo celeste di grandi dimensioni abbia impattato violentemente sul polo sud del Pianeta Rosso, milioni e milioni di anni fa, quando il Sistema solare viveva la sua infanzia. La simulazione mostra come questo evento traumatico sarebbe stato capace di generare un oceano di magma che si sarebbe esteso per tutto l’emisfero meridionale marziano. Con una massa forse anche superiore a un decimo di quella di Marte, il corpo celeste che ha generato energia sufficiente a innescare un processo di cui gli altopiani rocciosi, oggi ben visibili sulla superficie del Pianeta Rosso, sono il risultato finale. Nel corso di trent’anni di studio sono tante le teorie e le ipotesi che si sono rincorse per dare una spiegazione alla dicotomia nord-sud di Marte e sono poche le risposte conclusive agli interrogativi aperti. Ora gli svizzeri aggiungono qualche elemento in più. Anzitutto il corpo celeste che ha cambiato i connotati al Pianeta Rosso doveva contenere ferro in abbondanza (80%) e avere un diametro ben superiore ai 3mila chilometri. Al momento dell’impatto viaggiava a una velocità di cinque chilometri al secondo. Marte aveva un’età compresa fra i 4 e i 15 milioni di anni. Un corpo liquido, ricoperto da una sottile crosta superficiale dura e croccante. L’oggetto celeste ha bucato la superficie come fa un cucchiaio con la crema catalana, innescando un’intensa attività vulcanica che ha interessato la geologia marziana per tre miliardi di anni. Con lo spegnersi degli scambi fra mantello e superficie, Marte si può considerare “clinicamente” morto. Deprivato di campo magnetico – il modello ne data la scomparsa a circa 4,1 miliardi di anni fa, come già ipotizzato in altri studi – il pianeta è diventato definitivamente ostile alla vita. Secondo Leone, primo firmatario dello studio pubblicato su Geophysical Research Letters, «fin dalla sua formazione, Marte è stato caratterizzato da temperature elevate e forte attività vulcanica, che avrebbe fatto evaporare tutta l’acqua disponibile (vedi MediaINAF) rendendo altamente improbabile lo sviluppo di qualsivoglia forma di vita». Il forte dimorfismo fra gli emisferi settentrionale e meridionale del pianeta è stato oggetto di altri studi in passato. Il più noto è quello firmato da due ricercatori americani ed è datato 1984, pubblicato da Nature. L’ipotesi, allora, era quella di un impatto sull’emisfero nord. Questa ipotesi non convince Leone: «Non spiega la distribuzione irregolare dei crateri di origine vulcanica, per lo più diffusi a sud dell’equatore. Il nostro modello è in grado di riprodurre fedelmente l’evoluzione topografica nei due emisferi (vedi MediaINAF). È così che siamo arrivati a comprendere la dinamica dell’impatto nella regione polare meridionale, ricostruendo la composizione chimica del corpo che ha impattato il suolo marziano».
di Davide Coero Borga (INAF)

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