Serpens Caput e Serpens Cauda

La costellazione del Serpente è facilmente visibile nei cieli estivi, facilmente individuabile quando con un minimo di pratica e di occhio si trova il bellissimo Scorpione, sopra il quale troneggiano Ofiuco e le due parti del Serpente. Anche questo articolo fa parte di una serie realizzata da Astronomia.com  in cui si fa uso del Simulatore di costellazioni in 3D. L’articolo, del 23 giugno 2012, è di Pierluigi Panunzi.
Si tratta dell’unico caso di una costellazione suddivisa in due parti distinte, separate da quella di Ofiuco: fin dall’antichità si raffigurava il gigante Ofiuco (il Serpentario), che tiene ben saldo tra le sue braccia un serpentone, la cui testa è sulla destra mentre la coda è sulla sinistra di Ofiuco stesso. All’atto della suddivisione della volta stellata in costellazioni, la comunità astronomica aveva deciso di dividere in due il Serpente, mantenendo unica la costellazione e soprattutto la nomenclatura ufficiale, proprio come se si trattasse di una costellazione non frammentata.
Si può anche trovare qualche volta una denominazione di Serpens Caput e di Serpens Cauda, rispettivamente per la testa e la coda, ma non sono riconosciute ufficialmente.
Nel Serpente sono presenti quattro stelle la cui distanza è inferiore a 60 anni luce: ricordo che questa è una distanza che ho preso come riferimento per segnalare “stelle vicine” al Sistema Solare ed è praticamente quella da cui il nostro Sole assume una magnitudine pari a 6 e perciò inizia ad essere invisibile ad occhio nudo. La più vicina a noi è la stella γ Ser, posta a 37 anni luce, mentre successivamente troviamo λ Ser a 40 al, ψ Ser a 48 al ed infine 39 Ser a 57 anni luce.
In questa costellazione troviamo una stella monster ed altre quattro un po’ più piccole, ma sempre molte volte più grandi del nostro Sole. Nel nostro consueto diagramma possiamo vedere in confronto con altre stelle più famose (ma di solito molto più piccole!) ed altri veri mostri stellari incontrati nel corso delle varie puntate: se vi ricordate quanto detto sulla stella VY CMa, capirete meglio perché nel diagramma questa stella appare rappresentata solo come un arco, visto che non c’entra minimamente nel foglio! (vedi sito Astronomia.com).
Iniziamo dalla prima stella, la più grande, τ4 Ser, una gigante rossa grande ben 236 volte la nostra nana gialla. k Ser con un diametro di 67 volte e chiudiamo con ρ Ser, di “appena” 41 volte il nostro Sole.
Il primo oggetto deep sky è un globular cluster, noto fin dai tempi di Messier, che l’ha catalogato al quinto posto, denominandolo perciò M5: cliccando sulla foto si potrà vedere un’immagine ad alta definizione dell’ammasso stellare, ricchissimo di stelle multicolori.
Il secondo oggetto è un open cluster (ammasso aperto) catalogato come M16 da Messier e altrimenti noto come Eagle Nebula, praticamente una fornace di stelle in formazione.
L’ultimo oggetto che ho scelto nel Serpente è il cosiddetto Hoag’s Object, dal nome dello scopritore: si tratta di una galassia particolare, ad anello, composta da stelle molto giovani, che circondano un nucleo di stelle molto più vecchie. Davvero affascinante.
I nomi delle stelle
In questa costellazione, tutto sommato dotata di stelle non molto brillanti, poche di queste hanno ricevuto un nome
Unukalhai (α Ser): nome arabo, il collo del serpente
Nasak Shamiya I e II (β e γ Ser): nome che significa confine settentrionale
Nasak Yamani I e II (δ ed ε Ser): nome che significa confine meridionale
Alya (θ Ser): la coda del serpente
Visibilità della costellazione
Chiudiamo la puntata imparando insieme quando e dove poter osservare questa costellazione doppia. Alle nove di sera, la testa del Serpente comincia ad affiorare sull’orizzonte orientale nella seconda decade di aprile. La culminazione a Sud per le due parti della costellazione avviene a distanza di un mesetto l’una dall’altra: la testa appare alta a meridione nella seconda metà di luglio, mentre la coda la ritroviamo nella stessa posizione subito dopo Ferragosto. A fine ottobre, la coda del Serpente appare ormai bassa sull’orizzonte occidentale a cavallo tra l’ultima decade di ottobre e l’inizio di novembre.

Quel che resta della supernova

Ci aveva già provato, il telescopio spaziale Chandra della NASA, a catturare eventuali residui d’emissione in banda X dai resti di quell’esplosione. Fra il 2000 e il 2001 aveva mantenuto lo sguardo fisso lì, verso il braccio a spirale di M83, per ben 14 ore. Ma gli andò buca: nessun fotone s’incanalò nel tunnel dorato dei suoi specchi per le alte energie. Del resto, la supernova sotto osservazione, distante circa 15 milioni di anni luce dalla Terra, era stata vista esplodere nel 1957 (da qui il nome, SN 1957D). L’anno dello Sputnik, per dire. E per quanto una fra le sue caratteristiche più salienti fosse proprio la notevole permanenza di emissione in banda radio (rilevata nel 1981) e ottica (rilevata nel 1987), segno dunque d’una stella dura a morire, il tempo per sbollire l’esplosione non le era mancato.
Ma gli scienziati del team di Chandra non si sono dati per vinti. Con una tenacia quanto meno all’altezza dell’oggetto che volevano osservare, dieci anni dopo, fra il 2012 e il 2011, hanno deciso di riprovarci. Questa volta, però, l’appostamento è durato assai più a lungo, ben otto giorni e mezzo d’esposizione. Una fra le osservazioni di galassie a spirale in banda X più profonde di sempre. Per l’esattezza, 729mila secondi. Cocciutaggine premiata: l’emissione data per persa era ancora lì, seppur fiaccata dai decenni. Si trattava solo di aver pazienza.
Una bella rivincita per Chandra, che ha mostrato d’aver tutte le carte in regola per inchiodare il “colpevole” dopo oltre mezzo secolo dal misfatto. Ma un risultato eccellente anche dal punto di vista scientifico. SN 1957D non era infatti mai stata osservata in precedenza in banda X. E i dati ora raccolti dal team guidato da Knox Long (Space Telescope Science Institute), in corso di pubblicazione su The Astrophysical Journal, contengono informazioni chiave per comprendere l’origine di SN 1957D – un’esplosione seguita al collasso d’una stella che aveva esaurito il suo carburante – e il suo probabile esito attuale: una stella di neutroni in rapida rotazione su se stessa. Una pulsar, insomma. Se l’interpretazione sarà confermata, con i suoi 55 anni si tratterebbe di una fra le pulsar più giovani mai osservate.
di Marco Malaspina (INAF)

Il ritorno delle stelle cadenti

Agosto, mese di vacanze e di stelle cadenti, anzi meteore. Anche quest’anno lo spettacolo celeste delle ‘lacrime di San Lorenzo’ si ripresenta in tutto il suo fascino e promette di dare grandi soddisfazioni a chi alzerà gli occhi al cielo, tempo permettendo, nelle notti tra l’11 e il 13. E’ questo infatti il periodo in cui è previsto il massimo dello sciame delle Perseidi. Ad agevolare la visione ci sarà una luna poco ‘invadente’ dato che sarà nuova, cioè del tutto oscura, il 17. Le ore migliori per osservare sono quelle che vanno dalla mezzanotte fino a prima dell’alba, soffermandosi sulle regioni a nord est del cielo, in direzione della costellazione di Perseo.
A creare queste scie luminose che solcano i nostri cieli sono i piccolissimi frammenti di comete che incrociano l’orbita del nostro pianeta. Entrando con grandissima velocità nell’atmosfera terrestre, queste particelle — grandi anche solo come un granello di sabbia — la ionizzano, ‘accendendola’ per qualche frazione di secondo lungo la loro traiettoria . Forse non tutti sanno che ad aver confermato per primo questa spiegazione è stato l’astronomo italiano Giovanni Virginio Schiaparelli nel 1866, proprio basandosi sull’osservazione delle perseidi.  Schiaparelli dimostrò in modo definitivo l’origine cometaria delle stelle meteoriche, mettendo in evidenza come le orbite descritte nello spazio dagli sciami di stelle cadenti coincidano, per tipo, forma e dimensioni, con quelle di alcune comete identificate in passato. Quella nuvola di detriti che dà vita allo sciame delle perseidi per esempio proviene dalla cometa denominata 109P Swift-Tuttle.
Ma il cielo di agosto serberà molti altri interessanti fenomeni che potranno essere seguiti facilmente anche ad occhio nudo. Siete curiosi di conoscere quali? Non vi resta che guardare il servizio video qui sotto.
Fonte INAF

Come faranno gli alieni (se ci sono) a trovare la Terra?

Un’altra civiltà che sta cercando segni di vita nell’universo riuscirebbe a trovare la Terra? E nel caso che la trovasse potrebbe solo scoprire il pianeta, oppure anche dedurre la presenza dell’umanità?
Il sole e la Terra emettono la maggior parte della loro radiazione naturale alle lunghezze d’onda del visibile e dell’infrarosso. La quantità di luce che la Terra riflette cambia radicalmente a seconda di diversi fattori. Per esempio l’emisfero boreale e quello australe riflettono diversamente (la prima ha più terre, la seconda più acqua). Nonostante questo un lontano osservatore dovrebbe fare un lavoro veramente complicato. Consideriamo un astronomo a soli 10 anni luce di distanza da noi. A questa distanza il Sole e la Terra sono separati da non più di 0,1 secondi d’arco (30 milionesimi di grado). Il problema è che il Sole è estremamente luminoso nella banda visibile, è circa 10 miliardi di volte più luminoso della Terra. La situazione migliora se si considerano le lunghezze d’onda infrarosse. Gli astronomi stanno infatti studiando telescopi spaziali capaci di bloccare o cancellare la luce della stella il che permetterebbe di scoprire pianeti di taglia terrestre.
In ogni modo se una civiltà vicina avesse già scoperto la Terra questo non significherebbe che sappia della nostra esistenza. Per esempio Venere con le sue nuvole molto spesse è un ottimo riflettore di luce solare, quindi un’altra civiltà potrebbe individuarla. Ma la superficie di Venere è incompatibile con la vita. Oggi i progetti dei telescopi più ambiziosi sono rivolti a determinare anche la composizione dei gas atmosferici dei pianeti. L’effetto che ha prodotto la vita sulla Terra è un’atmosfera con molto più ossigeno e meno anidride carbonica di quelle sia di Marte, sia di Venere. Quindi un pianeta di tipo terrestre con ossigeno nell’atmosfera avrebbe ottime possibilità di essere abitato. Inoltre anche nella remota ipotesi che un’altra civiltà misuri la composizione dell’atmosfera terrestre non potrebbe in ogni caso determinare se la vita presente sia costituita da piante, dinosauri o una popolazione come quella moderna.
Ma allora possono vederci adesso?
Se davvero esistessero altre civiltà tecnologiche attorno a stelle vicine potrebbero già aver osservato la Terra (e ci avranno anche dato un nome!). A seconda del loro livello tecnologico potrebbero anche aver determinato una composizione chimica approssimativa dell’atmosfera terrestre e aver dedotto che su questo pianeta esiste qualche forma di vita. Ma da qui a scoprire la nostra civiltà intelligente il passo è lungo. In maniera equivalente le nostre capacità di lanciare segnali alle altre civiltà rimane molto limitata. Nei pochi casi in cui abbiamo la tecnologia non l’abbiamo ancora usata in modo efficace per produrre segnali o comunicazioni con gli altri.
Per ora un’eventuale civiltà anche vicina a noi potrebbe essere ancora lì a chiedersi – proprio come facciamo noi – se è da sola nell’universo …
Tratto da “Riusciranno gli alieni a trovare la Terra?” Di Joseph Lazio pubblicato sull’ultimo numero di Orione (agosto 2012 pagina 38)

Come ruota la Luna?

Si sa benissimo che l’equatore della Terra è inclinato di 23° e 28’ rispetto al piano dell’eclittica, ossia il piano dove avviene la rivoluzione intorno al Sole. Proprio questo fatto dà origine alle stagioni, estremamente importanti per la vita sul nostro pianeta. Si sa abbastanza bene che il piano orbitale della Luna intorno alla Terra forma un angolo di 5° e 9’ rispetto al piano dell’eclittica. Si sa anche che la Luna ci rivolge sempre la stessa faccia. Quest’ultimo fatto dipende dalle forze mareali che hanno sincronizzato rivoluzione e rotazione della Luna. In altre parole, la Luna ruota intorno a noi nello stesso tempo che impiega a compiere una rotazione intorno al proprio asse. Abbiamo, quindi, automaticamente risposto a una parte della domanda del titolo: “La Luna ruota intorno a un asse e il suo periodo è esattamente uguale a quello di rivoluzione attorno alla Terra”. Tuttavia, quanti sanno la direzione dell’asse di rotazione lunare? Forse tanti, forse pochi, ma sicuramente è un dato poco conosciuto. Eppure è proprio a causa della direzione dell’asse se esiste ghiaccio d’acqua sul nostro satellite. Si è già discusso sulle pagine di questo sito del fatto che esistono crateri lunari, in prossimità dei poli, che non ricevono mai la luce solare. In quei luoghi, costantemente al freddo, si ipotizzava da tempo che potessero essersi conservati depositi di ghiaccio d’acqua trasportato da comete cadute sulla superficie del nostro satellite. Una missione della NASA ha anche provato direttamente la verità di questa ipotesi. E’ facile sollevare, allora, un’altra domanda: “Perché esistono zone in cui la luce del Sole non riesce mai ad arrivare? I crateri non sono così profondi da nascondere il loro fondo se non ci fosse una geometria generale favorevole”. Guardate l’immagine del polo sud della Luna  riportata nella figura pubblicata su Astronomia.com. Essa è stata ottenuta attraverso il Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA, la navicella che nella sua orbita attorno alla Luna ha il compito di fotografare continuamente il suolo del satellite per pianificare al meglio le future missioni. Ogni foto scattata al polo sud , per un periodo di sei mesi, è stata convertita in un’immagine binaria in modo che a ogni pixel illuminato dal Sole è stato assegnato il valore di 1, mentre a quelli in ombra il valore 0. Le foto così elaborate sono state poi sovrapposte  determinando per ogni pixel la percentuale di tempo in cui ha ricevuto luce. Il risultato è stata una “mappa d’illuminamento”, in cui si notano chiaramente le zone rimaste sempre in ombra e quelle poche (creste vulcaniche o picchi) rimaste sempre alla luce. Le scale di grigi riflettono invece zone che hanno subito periodi sia di oscuramento che di illuminamento. Veramente suggestiva e istruttiva.
Torniamo, però, alla nostra domanda. Per ottenere questo risultato e avere buio completo in zone molto estese è necessario che l’asse di rotazione lunare sia diretto nel verso giusto rispetto al Sole. In particolare, che esso sia praticamente perpendicolare all’eclittica. E così è infatti. L’equatore lunare è inclinato rispetto all’eclittica di solo 1° e 32’. Un’inezia, che permette di avere grandi zone d’ombra e di conservare l’acqua piovuta dal… cielo. Ovviamente, una situazione simile avviene anche al polo nord.
Questa conformazione geometrica era già stata studiata e tradotta in leggi dal grande astronomo ligure Gian Domenico Cassini nel 1693, durante le sue ricerche sulle maree e sulle loro influenze sui satelliti. Riferite alla Luna, esse dicono:
1)      Il periodo di rotazione della Luna è sincronizzato con il periodo orbitale attorno alla Terra.
2)      L’asse di rotazione della Luna mantiene una inclinazione fissa rispetto al piano dell’eclittica.
3)      L’asse di rotazione, la normale all’orbita e la normale all’eclittica sono complanari.
Dopo tre secoli, queste leggi sono state recentemente verificate attraverso i metodi più sofisticati della meccanica celeste, che hanno confermato la loro esattezza. La Figura 2 pubblicata su Astronomia.com ci mostra la conformazione geometrica del Sistema Terra-Luna.
di Vincenzo Zappalà (Astronomia.com)

Valanghe di ghiaccio su Giapeto

Le più spettacolari valanghe del Sistema Solare scivolano dai fianchi di montagne alte 20 chilometri, due volte e mezzo l’Everest, sulla luna ghiacciata di Saturno, Giapeto. Le caratteristiche di queste valanghe sono descritte sulla rivista Nature Geoscience da un gruppo di ricercatori coordinati da Kelsi Singer della Washington University a Saint Louis. Queste frane sono straordinariamente mobili, sembrano rovesciarsi come un fluido piuttosto che rotolare come rocce, a volte addirittura scivolano sulle pianure e impennano in salita. Le valanghe sono state osservate dalla sonda Cassini, una missione in collaborazione fra NASA, Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che ha sorvolato la luna fra il 2004 e il 2007. Grazie alle immagini di Cassini i ricercatori hanno misurato le dimensioni di queste valanghe che si estendono anche per 80 chilometri di lunghezza. Capire la causa delle valanghe su Giapeto, sottolineano i ricercatori, potrebbe aiutare nella comprensione delle frane insolitamente lunghe sulla Terra che sono pericoli naturali potenzialmente distruttivi. Secondo i ricercatori, queste frane di ghiaccio sulla luna di Saturno viaggiano più lontano di quanto previsto in condizioni normali di attrito. Le valanghe su Giapeto non sono solo grandi, ma, rilevano gli esperti, molto più grandi di quello che dovrebbero essere e straordinariamente mobili, al punto che la loro spiegazione richiede meccanismi complessi. Una spiegazione al comportamento insolito di queste valanghe, secondo lo studio, potrebbe esser dovuta al fatto che lo scorrimento del materiale riscalda la superficie sottostante ghiacciata, rendendo temporaneamente il terreno scivoloso e consentendo alla frana di percorrere una distanza insolitamente lunga
di Monica Nardone (INAF)

Il Vaso da Fiori

Nell’ultimo numero della rivista Orione (n.243 pagina 21), Piero Mazza si occupa della costellazione di Ercole ed in particolare di quell’asterismo trapezoidale comunemente noto come “Vaso da fiori”. La costellazione di Ercole è molto vasta (1225 gradi quadrati).
L’ammasso globulare M 13 è uno dei pochi oggetti diffusi osservabili ad occhio nudo e sotto un cielo decoroso appare soltanto come una debole stellina leggermente sfocata.
Inquadrarlo è facile se si conosce con accuratezza la posizione, pari a 1/3 della distanza che separa la stella Eta dalla Zeta. In un binocolo vediamo subito che M 13 forma un angolo di circa 120° con due stelle equidistanti dall’ammasso in direzione est e SW: la prima è la SAO 65508, arancione di mag. 6,9, mentre la compagna è una stella bianca di mag. 6,4. Ma la bellezza di questo ammasso, la cui scoperta è stata fatta casualmente da E. Halley nel 1714 si manifesta osservandolo con un telescopio.
NGC 6207 è una galassia situata a poco meno di mezzo grado verso NNE dal centro di M 13.
La rubrica di Mazza è molto più approfondita e spiega come trovare molti altri oggetti ovviamente la consigliamo a tutti gli amanti del cielo!

Saltellando fra le stelle dell’estate

Il cielo del mese di agosto è forse il mese più conosciuto dal momento che il clima induce le persone ad uscire di casa per sfuggire al caldo ma non solo: agosto ospita una delle notti più note dell’anno dal punto di vista astronomico, il classico appuntamento con lo sciame meteorico delle Perseidi, le cosiddette Lacrime di San Lorenzo.
Del cielo primaverile soltanto Arturo nel Boote  continua a mostrarsi ad una altezza accettabile, mentre già in prima serata la Vergine è scivolata dietro l’orizzonte o comunque si trova ad altezze prossime al tramonto della costellazione stessa.
Alto nel cielo, invece, troneggia il famoso Triangolo Estivo composto da tre delle stelle più brillanti del periodo: Vega nella Lira, Deneb nel Cigno e Altair nell’Aquila.
In mezzo al Triangolo ed al di fuori di esso, una miriade di costellazioni minori ma comunque bellissime nelle forme e negli oggetti contenuti, come il Delfino, il Cavalluccio e tante altre.
In basso all’orizzonte sud, il centro galattico è avvolto dalle splendide nebulose di Scorpione e Sagittario, la zona di cielo maggiormente invasa da oggetti deep sky.
Sappiamo che alzando gli occhi al cielo di stelle ne vediamo tantissime, ed a molti sembra impossibile che qualcuno possa conoscerne il nome. Abitudine umana, tuttavia, è quella di dare una forma a tutto, e proprio per questo le stelle sono divise in figure più o meno “somiglianti” ad oggetti o personaggi. Nascono così le costellazioni, ed il cielo di agosto può essere raffigurato proprio attraverso queste immagini più o meno riconoscibili.
La cosa più facile è, come sempre, partire dall’orizzonte Nord, dal momento che il cielo notturno, in quella direzione, mostra sempre le stesse costellazioni, in ogni periodo dell’anno.
Il cielo dell’orizzonte Nord è caratterizzato dalla presenza della stella Polare e delle costellazioni che le ruotano intorno come conseguenza della rotazione della Terra sul proprio asse.
Se non sappiamo trovare la stella Polare può venirci incontro una bussola, ma il modo migliore per conoscere il cielo è trovare ad occhio la stella che indica il Nord. A tale scopo, ci serviamo di una costellazione sempre visibile in ogni periodo dell’anno e molto brillante, tanto da essere scorta anche nei cieli cittadini: l’Orsa Maggiore. La sua forma è ben nota e somiglia ad un mestolo.
Prolungando di tre volte circa il segmento formato dalle stelle Merak (beta Uma) e Dubhe (alfa Uma) si arriva alla Stella Polare. Si trova ad una altezza che corrisponde alla latitudine del vostro luogo di osservazione, quindi se vi trovate a Roma la stella Polare si troverà a 42° di altezza nel cielo.
Una volta trovata l’Orsa Maggiore e la Stella Polare, siamo già a buon punto perché abbiamo già individuato un punto cardinale e possiamo iniziare a riconoscere le costellazioni principali del lato nord del cielo.
Come prima cosa, trovata l’Orsa Maggiore la prima cosa che si fa è cercare la sua dirimpettaia rispetto alla Polare, Cassiopea, per una semplice ragione: in ogni momento dell’anno può essere trovata sempre dalla parte diametralmente opposta all’Orsa Maggiore rispetto alla Stella Polare.
In questo periodo dell’anno, l’Orsa Maggiore si trova in prima serata molto bassa, con Cassiopea che invece inizia ad occupare zone di cielo importanti. Durante il corso della notte, ruotando in senso antiorario rispetto alla stella Polare, Cassiopea salirà sempre di più, mentre l’Orsa Maggiore scenderà, ma non tramonteranno mai alle nostre latitudini trattandosi di costellazioni circumpolari.
La zona più alta del cielo è divisa tra due costellazioni: una è tanto estesa quanto debole ed è il Drago – o meglio la sua testa – la cui attrazione principale è data dalla stella Thuban, che segnò il Polo Nord dal 3942 al 1793 a.C. e tornerà a segnarlo nel 20.346 d.C. e della quale abbiamo già parlato nella dispensa sul cielo di Luglio 2011.
La seconda costellazione più alta tra quelle circumpolari, che con il passare della notte diventerà dominante, è quella del Cefeo. Questa costellazione è riconoscibile dalla sua forma particolare, che ricorda una delle casette che disegnavamo da piccoli, ma anche da grandi! Per trovarla, basta prolungare un braccio della W di Cassiopea.
Non si tratta di una costellazione molto rilevante dal punto di vista stellare e neanche di profondo cielo. Basti pensare che la stella alfa, Alderamin, ha una magnitudine largamente superiore alla secoda. E’ attraversata molto parzialmente dalla Via Lattea, ma si lascia apprezzare per la presenza di una delle stelle più importanti di tutto il cielo, la stella delta della costellazione, delta Cep.
John Goodricke nel 1783-1784 studiò questa stella scoprendone la variabilità, ma morì di polmonite a 22 anni. Gli studi furono portati avanti da Henrietta Levitt, che scoprì il legame tra variabilità e periodo ponendo questa stella come capostipite di una classe di stelle variabili talmente precise da essere adottate come candele standard: le cefeidi.
Si tratta di una stella tripla la cui variabilità dipende dalla stella primaria, la cui magnitudine passa da 3,6 a 4,3 nel giro di 5,3 giorni. Anche il suo spettro varia da F5 a G1.
A dire il vero la luminosità di questa stella è stata messa in discussione a gennaio 2011 dal momento che il Telescopio Spaziale Spitzer ha scovato un guscio di polveri intorno a Delta Cep, il che renderebbe la luminosità da noi percepita molto più influenzata da fattori aleatori.
Arturo: l’ultimo baluardo primaverile
Prima che scompaia dietro l’orizzonte, è il caso di far visita ad Arturo, stella alfa del Contadino e stella più brillante dell’intero emisfero boreale. Per rintracciare questa stella ci serviamo del manico dell’Orsa Maggiore e ne prolunghiamo la curva fino ad incontrare la stella più brillante poste lungo questo tragitto. Questa è proprio Arturo, dalla tonalità arancione e stella più brillante in assoluto del cielo boreale data la sua estrema vicinanza.
La stella si troverà già bassa all’orizzonte ovest in prima serata, per tramontare poco dopo la mezzanotte a metà mese.
Le stelle d’Estate: il Triangolo Estivo e le sue costellazioni
Nel mese di agosto, già in prima serata sarà visibile l’asterismo più noto del cielo estivo. Si tratta di un triangolo formato da stelle molto brillanti che va sotto il nome di Triangolo Estivo.
Le stelle che danno vita a questo triangolo sono Vega nella costellazione della Lira, Altair nella costellazione dell’Aquila e Deneb nella costellazione del Cigno. Vega è la più brillante delle tre ed è anche quella che sorge prima, seguita da Deneb che rappresenta la coda del Cigno e da Altair, l’ultima a sorgere. Una volta riconosciuta Vega, dalla sua brillantezza e dal suo colore bianco-azzurro, distinguere le altre due è facile dal momento che Altair è accompagnata da altre due stelline, una alla destra ed una alla sinistra: si tratta di Alshain, la stella beta dell’Aquila, e Tarazed, la stella gamma.
Della Lira abbiamo già parlato nel mese scorso introducendo Vega e M57, mentre per il Cigno abbiamo già presentato Deneb ed Albireo. Il Cigno tuttavia è un crocevia di nebulose ed oggetti deep-sky visto che è attraversato in pieno dalla Via Lattea, quindi fermiamoci un’altra volta ed osserviamo la nebulosa IC 5070, la Pellicano.
La nebulosa è divisa in tre frammenti verso la parte sud, dei quali il primo presenta due stelline di magnitudine 9 nelle vicinanze.
Il mese scorso Altair non aveva ancora raggiunto una altezza discreta, ma ad agosto non ci sono problemi quindi andiamo ad incontrare il terzo angolo del Triangolo Estivo.
Il nome della stella vuol dire “Aquila che vola” ed è la dodicesima stella tra le più brillanti del cielo, il che è dovuto essenzialmente alla sua vicinanza. E’ la più vicina, tra le stelle brillanti, dopo Alfa Centauri, Sirio e Procione.
Possiede un tempo di rotazione molto veloce, il che fa assumere alla stella una forma molto schiacciata ai poli.
Volpetta
La costellazione della Volpetta è una delle più piccole di tutto il cielo. E’ stata scoperta da Hevelius, in tempi recenti, quindi non possiede una mitologia riconosciuta. Si trova tra le costellazioni di Cigno e Freccia ed è nata proprio per colmare lo spazio libero tra queste due costellazioni.
Dal punto di vista stellare è molto debole, la stella più brillante ha magnitudine superiore a 4, ma al suo interno c’è una bellissima nebulosa, numero 27 del Catalogo di Messier.
M27, anche nota come Dumbbell Nebula, è una nebulosa planetaria, quindi il resto dell’esplosione di una stella di massa medio-piccola. Scoperta nel 1764 da Messier, è caratterizzata dalla forma a clessidra con una stellina centrale di magnitudine 13.5 e temperatura di 85.000 Kelvin. E’ la prima planetaria ad essere stata scoperta: assorbe la radiazione ultravioletta della stellina e la riemette nello spettro visibile. Si espande a 25-30 KM/s ed abbraccia uno spazio di 6’, con un alone di circa 15’.
Delfino
Altra costellazione molto piccola ma ben visibile nel cielo estivo è quella del Delfino. Posta tra l’Aquila e la costellazione di Pegaso, è una costellazione molto antica. Poseidone, dio del mare, rimase incantato da Anfitrite, una ninfa marina, e per fare colpo su di essa chiese aiuto ad un delfino. Raggiunto il risultato, il delfino fu spedito in cielo per riconoscenza. Altri sostengono un’altra storia, per la quale il delfino è l’animale che salvò Arione, un cantante, dalle acque dell’oceano nel quale era stato gettato dal suo equipaggio che voleva impadronirsi dell’oro vinto in una gara canora.
Non è una costellazione particolarmente rilevante dal punto di vista stellare né degli oggetti deep-sky, ma è particolare per le sue due stelle principali, Sualocin e Rotanev. Il nome è stato assegnato da Padre Piazzi in onore di un suo amico, Nicola Cacciatore, che in latino viene detto Nicolaus Venator. Sualocin e Rotanev non sono altro che nome e cognome in latino letti al contrario.
Una stella curiosa è invece rho Aquilae, nel Delfino. Il nome tradisce l’appartenenza alla costellazione dell’Aquila, ed infatti così era. Ma nel 1992 il moto proprio della stella ha portato l’astro a fare il salto di costellazione: oggi rho Aquilae si trova nel Delfino!
Il percorso della Via Lattea
Eliminiamo ora tutte le stelle che ci sono nel cielo e scopriremo una delle maggiori attrazioni del cielo estivo: la Via Lattea che taglia in due la sfera celeste andando dallo Scorpione e dal Sagittario fino a Cassiopea attraversando le costellazioni principali come Aquila e Cigno, fino alla Lucertola e parte del Cefeo.
Gli oggetti più belli sono presenti proprio nelle costellazioni più basse purtroppo per noi dell’emisfero boreale, ma anche gli oggetti presenti nelle costellazioni di Ofiuco, Aquila e Cigno sono di tutto rispetto. Soprattutto nel Cigno sono presenti oggetti splendidi quali la Nebulosa Velo.
MERCURIO
Mercurio si mostra visibile tra le luci dell’alba dopo la prima settimana di agosto, fino alla massima elongazione del giorno 16 quando sorge poco meno di un’ora prima del Sole brillando di magnitudine 0.3 e mostrando un diametro superiore a 8”. Con il passare dei giorni la sua magnitudine diminuisce quindi diventa più brillante ma diminuisce anche il periodo di visibilità sebbene sia ancora presente nel cielo mattutino fino a metà mese.
VENERE
Venere è visibilissimo nel cielo mattutino dal momento che è in massima elongazione ovest il giorno 15 del mese. Si presenta tuttavia con una magnitudine leggermente in calo ma sempre fortemente negativa, pari a -4.2 a fine mese, e con una fase che cresce da 41% a 58%. Il diametro scende invece da 28” a 20”.
MARTE
Il pianeta rosso si muove tra le stelle della Vergine ed è visibile quindi in prima serata. Ha una magnitudine superiore alla prima ed un diametro intorno ai 5” ed a fine mese arriva a tramontare prima delle ore 22. Il suo periodo osservativo si può dire terminato.
GIOVE
Giove è visibile tra le stelle del Toro nella seconda metà della notte, sorgendo ad inizio mese poco prima delle due ed a fine mese poco prima della mezzanotte, brillando di una magnitudine ampiamente negativa di -2.3 a fine mese e mostrando un diametro in crescita fino a 39”.
SATURNO
Saturno è visibile, al pari di Marte, soltanto nelle prime ore della sera tramontando prima di mezzanotte già ad inizio mese e prima delle dieci di sera a fine mese, con una magnitudine inferiore alla prima e con un diametro medio di 16,2” durante il mese. Il suo periodo di osservazione serale volge al termine.
URANO
Urano è visibile per tutta la notte nella costellazione della Balena, in una zona di cielo abbastanza spenta. Sorge prima delle 23 a inizio mese e ben prima delle ventuno a fine mese, brillando di magnitudine 5,8 e con un diametro che cresce di poco, fino a 3,7”. La sua distanza scende a 19,1 UA dal nostro pianeta.
NETTUNO
Nettuno è in opposizione il giorno 24 nella costellazione dell’Acquario quindi è visibile tutta la notte, sorgendo a fine mese dopo le ore diciannove e mostrando una brillantezza di magnitudine 7,8 ed un diametro di 2,3”. Non raggiunge altezze vertiginose alle nostre latitudini ma è comunque visibilissimo sebbene non circondato da stelle di riferimento brillanti.

GLI EVENTI PRINCIPALI DI AGOSTO 2012

  1. 3\8\2012 h.06:35 Congiunzione Giove-Aldebaran – Giove a 4°,7 a nord della stella Alfa del Toro
  2. 4\8\2012 h.04:12 Occultazione: Luna-51 Aqr – La Luna occulta la stella 51 Aquarii di magnitudine 6,45. L’occultazione sarà visibile soltanto dall’Italia meridionale, per il resto del Paese sarà un passaggio più o meno radente. La stella si immerge nel lato illuminato della Luna e riemerge dal sottile lembo oscuro alle ore 04:25.
  3. 7\8\2012 h.19:53 Congiunzione: Saturno-Spica – Saturno 4°,5 a nord della stella Alfa della Vergine. Migliore osservabilità intorno alle 21.15. Nei pressi dei due astri, anche Marte.
  4. 10\8\2012 h.20:09 Congiunzione: Luna-M45 – Luna 5°,8 a sud dell’ammasso aperto delle Pleiadi. Osservazione migliore intorno all’una del giorno successivo.
  5. 11\8\2012 h.19:55 Congiunzione: Luna-Aldebaran-Giove – Il giorno 11 alle ore 19:55 Luna 3°,9 a nord di Alfa Tauri. Migliore osservazione intorno alle due del giorno successivo. Stesso momento osservativo per la congiunzione Giove Luna, che si verifica alle 21:58, con la Luna 54′ a sud del pianeta
  6. 12\8\2012 h.14:00 Sciame meteorico: Perseidi – Massimo dello sciame meteorico delle Perseidi, con ZHR = 100
  7. 13\8\2012 h.02:16 Congiunzione: Marte-Spica – Marte 1°,9 a nord della stella Alfa Virginis, sempre con la compagnia di Saturno. Osservabilità dopo il tramonto del giorno precedente, intorno alle ore 22:00.
  8. 13\8\2012 h.21:47 Congiunzione: Luna-Venere – Luna 15′ a sud del pianeta Venere. Osservazione migliore intorno alle ore 3 del giorno 14.
  9. 16\8\2012 h.05:38 Congiunzione: Luna-Mercurio – Luna 3°,9 a sud del pianeta Mercurio.
  10. 17\8\2012 h.10:43 Congiunzione: Marte-Saturno – Marte 2°,9 a sud del pianeta Saturno. A chiudere il triangolo, Spica della Vergine.
  11. 22\8\2012 h.01:20 Congiunzione: Luna-Spica-Marte – Luna 2°,7 a sud della stella Alfa della Vergine. Osservabilità migliore intorno alle ore 21.30 del giorno precedente. Alle ore 08:43 invece la Luna si sposta vicino a Marte, 2°,7 a sud del pianeta, con miglior visibilità nello stesso orario della prima congiunzione. Nei pressi anche Saturno.

Tratto da Skylive  Almanacco del cielo di agosto 2012 – Sul sito Skylive potrete trovare maggiori informazioni corredate di interessanti ed utili cartine.

Sole, pianeti, asteroidi, satelliti, comete ed ecco il nostro sistema planetario

Il Sistema Solare è il sistema planetario costituito da una varietà di corpi celesti mantenuti in orbita dalla forza di gravità del Sole; vi appartiene anche la Terra. È costituito da otto pianeti, dai rispettivi satelliti naturali, da cinque pianeti nani e da miliardi di corpi minori. Quest’ultima categoria comprende gli asteroidi, in gran parte ripartiti fra due cinture asteroidali (la Fascia Principale e la Fascia di Kuiper), le comete, le meteoroidi e la polvere interplanetaria.
Il Sistema Solare è composto dal Sole, da quattro pianeti rocciosi interni, dalla Fascia principale degli asteroidi, dai quattro giganti gassosi esterni, da cinque pianeti nani, dalla Cintura di Kuiper, dal disco diffuso e dalla ipotetica Nube di Oort, sede di gran parte delle comete.
Il vento solare, un flusso di plasma generato dall’espansione continua della corona solare, permea l’intero Sistema Solare. Questo crea una bolla nel mezzo interstellare conosciuta come eliosfera, che si estende fino oltre alla metà del disco diffuso. In ordine di distanza dal Sole, gli otto pianeti sono: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. A metà 2008 cinque corpi del sistema solare sono stati classificati come pianeti nani: Cerere, situato nella fascia degli asteroidi, e altri quattro corpi situati al di là dell’orbita di Nettuno, Plutone (in precedenza classificato come il nono pianeta), Haumea, Makemake, e Eris. Sei dei pianeti e tre dei pianeti nani hanno in orbita attorno a essi dei satelliti naturali; inoltre tutti i pianeti esterni sono circondati da anelli planetari, composti di polvere e altre particelle.
Il principale corpo celeste del sistema solare è il Sole, una stella della sequenza principale di classe spettrale G2 V (nana gialla), contenente il 99,86% di tutta la massa conosciuta nel Sistema Solare. Giove e Saturno, i due pianeti più massicci che orbitano attorno al Sole, costituiscono più del 90% della massa restante. La maggior parte dei grandi oggetti in orbita intorno al Sole sono in un piano simile a quello dell’orbita terrestre, chiamata eclittica. Tipicamente, il piano di orbita dei pianeti è molto vicino a quello dell’eclittica mentre le comete e gli oggetti della Cintura di Kuiper hanno un angolo significativamente maggiore rispetto al nostro. Tutti i pianeti e la maggior parte degli altri oggetti orbitano nello stesso senso della rotazione del Sole, in senso antiorario dal punto di vista di un osservatore situato al di sopra del polo nord solare. Certi oggetti orbitano in un senso orario, come la cometa di Halley. Le traiettorie degli oggetti che gravitano intorno al sole seguono le leggi di Keplero. Sono approssimativamente delle ellissi di cui uno dei fuochi è il Sole. Le orbite dei pianeti sono quasi circolari mentre quelle dei corpi più piccoli presentano una maggiore eccentricità e possono risultare molto ellittiche. La distanza di un corpo dal Sole varia durante la sua rivoluzione. Il punto più vicino al Sole dell’orbita di un corpo si chiama perielio, mentre il più lontano è l’afelio. Il Sistema Solare è diviso in due zone distinte, il Sistema Solare interno che include quattro pianeti e la Cintura di asteroidi. Il resto del sistema viene considerato Sistema Solare esterno. La maggioranza dei pianeti del Sistema Solare possiede il loro proprio sistema secondario. I corpi planetari in rotazione intorno a un pianeta sono chiamati satelliti naturali o lune. La maggior parte delle più grandi lune compiono la propria rivoluzione su un’orbita sincrona, presentando sempre la stessa faccia al pianeta intorno alla quale orbitano. I quattro pianeti più grandi hanno anche degli anelli planetari. I pianeti sono molto diversi l’uno dall’altro per composizione, dimensioni, temperatura e altre caratteristiche. In base alle caratteristiche chimico fisiche i pianeti possono essere distinti in due gruppi: i pianeti di tipo terrestre (Mercurio, Venere, Terra e Marte), cioè simili alla Terra, e i pianeti di tipo gioviano (Giove, Saturno, Urano, Nettuno), cioè simili a Giove. Le differenze tra i due tipi di pianeti sono numerose: innanzitutto i pianeti terrestri hanno tutti una massa piccola, nessuno o pochi satelliti e bassa velocità di rotazione, mentre i pianeti gioviani hanno grande massa, diversi satelliti ed elevata velocità di rotazione. Per questo motivo i pianeti gioviani hanno una forma più schiacciata ai poli rispetto a quelli terrestri. Inoltre i pianeti terrestri hanno una densità che è in media cinque volte quella dell’acqua, mentre la densità dei pianeti gioviani è solo 1,2 volte quella dell’acqua.
Esaminando la loro composizione, si è notato che i pianeti di tipo terrestre sono essenzialmente costituiti da materiali rocciosi e metallici; i pianeti di tipo gioviano, invece, sono costituiti per lo più da elio, idrogeno e piccole quantità di ghiaccio. Ancora, l’atmosfera dei pianeti terrestri manca del tutto o comunque è rarefatta, al contrario di quelli gioviani in cui l’atmosfera è molto densa, ed è costituita da idrogeno, elio, ammoniaca e metano.
Tra Marte e Giove si trova la cosiddetta Fascia principale degli asteroidi, composta da milioni di oggetti rocciosi caratterizzati da orbite più o meno variabili. Fra di essi, Cerere è attualmente ritenuto l’unico a presentare un equilibrio idrostatico (ovvero una forma sferoidale) e a meritarsi la qualifica di pianeta nano.
Oltre Nettuno si stende un’altra fascia di asteroidi, la fascia di Kuiper, la cui densità effettiva è sconosciuta. Tra questi si trovano Plutone ed Eris, che dal 2006 sono riconosciuti come pianeti nani dall’Unione Astronomica Internazionale. In precedenza Plutone era considerato il nono pianeta. Sono stati successivamente riconosciuti pianeti nani più distanti di Plutone, come Makemake e Haumea. Ancora più esternamente, tra 20 000 e 100 000 UA di distanza dal Sole, si ipotizza si trovi la Nube di Oort, ritenuta il luogo d’origine delle comete.
Gli asteroidi sono per la maggior parte piccoli corpi del Sistema Solare composti principalmente di rocce e di metalli. La Fascia principale degli asteroidi occupa la regione tra le orbite di Marte e Giove, tra 2,3 e 3,3 UA dal Sole. Si pensa che siano residui della formazione del sistema solare, la cui fusione è fallita a causa della interferenza gravitazionale di Giove.
Il raggio di un asteroide di questa fascia può andare da centinaia di chilometri fino a pochi centimetri. Tutti gli asteroidi, salvo il più grande, Cerere, sono classificati come corpi minori del sistema solare, ma alcuni, come gli asteroidi Vesta e Igea possono essere riclassificati come pianeti nani se dimostreranno di avere raggiunto l’equilibrio idrostatico. La Fascia degli asteroidi contiene decine di migliaia, forse milioni, di oggetti sopra il chilometro di diametro. Nonostante ciò, la massa totale di tutti gli asteroidi della fascia principale difficilmente arriverebbe a più di un millesimo della massa delle Terra. La Fascia principale è scarsamente popolata: sonde spaziali passano continuamente attraverso di essa senza incorrere in incidenti di alcun tipo. Gli asteroidi con diametri compresi tra 10 e 10−4 m sono chiamati meteoroidi.
La Fascia di Kuiper è un grande anello di detriti simile alla fascia degli asteroidi, ma composti principalmente da ghiaccio. Si estende in una regione che va da 30 a 50 UA dal Sole. Esso è composto principalmente da piccoli corpi del sistema solare, anche se alcuni tra i più grandi oggetti di questa fascia potrebbero essere riclassificati come pianeti nani: ad esempio Quaoar, Varuna, e Orcus. In base alle stime, nella fascia di Kuiper esistono oltre 100 000 oggetti con un diametro superiore ai 50 km, ma si pensa che la massa totale di tutti gli oggetti presenti nella Fascia di Kuiper potrebbe essere un decimo, o addirittura un centesimo, della massa terrestre. Molti oggetti della Fascia di Kuiper dispongono di più satelliti naturali.
L’ipotetica Nube di Oort è una grande massa composta da miliardi di oggetti di ghiaccio che si credono essere la fonte delle comete di lungo periodo e che circondano il sistema solare a circa 50 000 UA (circa 1 anno luce), e forse fino a 100 000 UA (1,87 anni luce). Si ritiene sia composto di comete che sono state espulse dal sistema solare interno da interazioni gravitazionali con i pianeti esterni. Gli oggetti della nube di Oort sono molto lenti, e possono essere turbati da eventi rari, ad esempio delle collisioni, dalla forza di gravitazionale di una stella di passaggio, o dalla marea galattica, forza di marea esercitata dalla Via Lattea.
Tratto da Wikipedia

Che coincidenza ben pianificata è la vita

Che bene inestimabile è la vita. Come non provare meraviglia e gratitudine per la fortuna di esistere? Gli elementi necessari per la nostra esistenza sono innumerevoli, attinenti all’infinitamente piccolo come all’infinitamente grande, e devono essere presenti tutti nelle giuste quantità, in un delicato equilibrio che molti definiscono miracolo. E’ forte la tentazione di credere nella volontà di un essere superiore, che ha preparato su misura per noi una casa perfetta. Ma anche chi è convinto che sia tutta opera del caso non può che rimanere sbalordito di fronte alla miriade di coincidenze che caratterizzano la comparsa nell’Universo di esseri intelligenti, capaci di osservarlo. Iniziamo ad esaminare brevemente alcune di queste “coincidenze”, per farci un’idea di quanto fortuita, fortunata, o voluta, sia la nostra esistenza.
Materia di vita
Sappiamo che la vita biologica si basa sui composti del carbonio e dell’idrogeno, ciò che è definito chimica organica. Si ipotizzano anche possibili forme di vita basate su altri elementi, come il silicio, ma finora non vi sono evidenze di ciò. Nonostante i composti organici siano presenti nello spazio – pensiamo alle comete che hanno contribuito considerevolmente a portarli sulla terra – questo non significa che ovunque ci sia la vita. I composti organici sono solo dei mattoncini di materia prima. Cosa abbia permesso a questi mattoncini di costruire un essere biologicamente vivo, che si alimenta e si riproduce autonomamente, rimane ancora un mistero. Ancora più arduo è spiegare la formazione, a partire da questa materia prima, della coscienza e del pensiero.
La Terra è situata in una posizione privilegiata. Innanzitutto, essa si trova in quella che viene definita la zona abitabile del sistema solare. Si trova cioè proprio alla giusta distanza dalla sua stella perché le temperature siano adatte a permettere la vita. Basterebbe una variazione della distanza piuttosto modesta (rispetto alla scala dell’universo) per cambiare completamente le cose. Collochiamo la terra un po’ più lontano dal sole, e la temperatura scenderebbe così tanto che l’acqua, e l’anidride carbonica, sarebbero prevalentemente allo stato solido (il caso di Marte, a “soli” 228 milioni di km dal sole). Spostiamola invece un po’ più vicina alla nostra stella, e il calore torrido consentirebbe all’acqua di essere presente solo sotto forma di vapore. E’ la storia di Venere, a 108 milioni di km dal sole. Qui la coltre di anidride carbonica dell’atmosfera produce un effetto serra che intrappola il calore del sole sulla superficie, portando a temperature medie di oltre 400 K e a pressioni atmosferiche cento volte maggiori di quelle terrestri. E dire che Venere, nella mitologia romana, era il nome della Dea della bellezza. Ci saremmo forse aspettati un pianeta più accogliente!
Ogni stella che abbia un periodo di vita sufficientemente lungo possiede una zona abitabile, le cui dimensioni dipendono dalle caratteristiche dell’astro, come grandezza, luminosità e stabilità. Tuttavia, trovarsi in questa zona favorita non è condizione sufficiente, benché necessaria, affinché sgorghi la vita.
La posizione che occupa il sistema solare nella sua galassia non è meno importante di quella che ha la terra nei confronti del sole. Noi ci troviamo in un luogo ottimale della Via Lattea, a circa 2 terzi dal centro. Se fossimo troppo vicini al centro, dove regna un buco nero supermassiccio, le intense radiazioni che lo circondano sarebbero letali. Al contrario, se ci trovassimo in una zona più periferica della galassia, la materia interstellare che ha formato il sole e i pianeti sarebbe stata troppo povera di elementi pesanti.
Consideriamo poi la massa del nostro pianeta. Per fortuna è sufficientemente grande da trattenere, con la sua gravità, un’atmosfera che ci permette di respirare, mantiene la temperatura mite e ci protegge allo stesso tempo dalle radiazioni ultraviolette del sole e dalla caduta di meteoriti. Se non ci fosse abbastanza gravità, l’aria che respiriamo svanirebbe nello spazio. Se la terra fosse invece eccessivamente massiccia, la sua atmosfera sarebbe ricca di nocivi gas primordiali, come idrogeno ed elio. Il nostro pianeta ha quindi la massa giusta per poter costruire un’atmosfera contenente, nelle giuste proporzioni, gli ingredienti adatti alla vita (in particolare, azoto e ossigeno). Ogni tanto, quando respiriamo, o quando il vento ci accarezza i capelli, pensiamo a quanto fortunati siamo ad averla!
Infine, non è trascurabile il fatto che l’orbita della Terra, come quella degli altri pianeti del sistema solare, è quasi circolare. Ciò implica che nella sua rivoluzione intorno al sole la Terra non si avvicina mai ai pianeti giganti esterni, che potrebbero facilmente destabilizzarne l’orbita con la loro forte attrazione gravitazionale.
La Luna
La nostra bella luna non è solo fonte di ispirazione per i poeti, ma è fondamentale per la nostra esistenza. E’ infatti delle dimensioni necessarie per stabilizzare l’orbita della terra. Se non avessimo la Luna, o se fosse molto più piccola della terra (come generalmente i satelliti sono rispetto al loro pianeta), le lievi perturbazioni nell’orbita terrestre nell’arco di milioni di anni si accumulerebbero, portando a periodici cambiamenti drastici del clima che precluderebbero la comparsa di esseri viventi.
Non dimentichiamo poi Giove, il nostro vicino gigante, che con la sua fortissima gravità riesce a deviare e a rilanciare nello spazio, o ad attirare su di se, gli asteroidi e le comete che altrimenti potrebbero colpire la Terra. Ciò è stato fondamentale soprattutto nel primo miliardo di vita del sistema solare, che pullulava di pericolosi detriti rimasti esclusi dalla formazione dei pianeti e dei loro satelliti. Se Giove fosse stato più piccolo, non avrebbe potuto “ripulire” l’ambiente, e ancora oggi massicci asteroidi continuerebbero a bersagliare la terra, portando a frequenti collisioni che annienterebbero le forme di vita eventualmente comparse.
E questo è solo l’inizio… Nella seconda parte di questo articolo, analizzeremo in breve alcune caratteristiche fondamentali dell’Universo che consentono la vita, e affronteremo l’interrogativo che da sempre attanaglia l’uomo: perché esistiamo? Naturalmente non potremo dare risposte, magari! Ma accenneremo almeno alle principali correnti di pensiero tra gli scienziati, e non solo.
Continuiamo  dunque nella esaltante esplorazione dei fattori che hanno reso possibile la vita, iniziata nella prima parte di questo articolo. Siamo partiti da ciò che ci è più vicino, esaminando le condizioni sul nostro pianeta, nel sistema solare e nella Via Lattea. Ma noi siamo parte integrante dell’Universo, e non potremmo esistere se a sorriderci non vi fossero anche caratteristiche ben precise dell’Universo stesso e le leggi fondamentali che regolano il suo funzionamento.
A sostegno della vita interviene tutta una serie di “coincidenze” cosmiche che consentono un equilibrio delicatissimo senza il quale la vita non potrebbe nascere. Occorrono infatti centinaia di milioni di anni di stabilità perché il DNA possa svilupparsi. Tale stabilità, e la possibilità di formare gli atomi, le molecole, e quindi i mattoni della vita, sono garantite in primo luogo dalle proprietà dell’infinitamente piccolo, cioè delle particelle subatomiche, che pur essendo così minuscole sono in realtà i costituenti di tutto ciò che esiste.
Il protone, ad esempio, è una particella assolutamente stabile; a differenza dei neutroni, non decade (non si trasforma in altre particelle). La sua vita è molto più lunga della vita dell’universo stesso, ossia, il protone rimarrà proprio come era al momento del Big Bang, finché l’Universo esisterà. Questa sua “immortalità” rende possibile la formazione dei nuclei atomici stabili, e di conseguenza del DNA.
Pensiamo poi al delicato equilibrio delle forze della fisica che regolano il funzionamento di tutto. Ad esempio, se la forza nucleare forte, quella che tiene saldati insieme i nuclei, fosse anche solo leggermente più debole, i nuclei leggeri non riuscirebbero a rimanere uniti. Ciò bloccherebbe sul nascere la catena della produzione degli elementi nelle stelle. Se al contrario la forza nucleare forte fosse troppo forte, le stelle brucerebbero troppo rapidamente il loro carburante, non concedendo alla vita su un pianeta il periodo di stabilità necessario per evolversi.
E la gravità, la forza regina del cosmo? Cosa accadrebbe se l’attrazione prodotta da una determinata massa avesse un valore diverso da quello che ha? Se fosse più debole, la materia non riuscirebbe ad agglomerarsi per creare le stelle e i pianeti. E se fosse più potente? Allora le stelle si formerebbero ma si esaurirebbero molto rapidamente. In entrambi i casi, la vita non potrebbe nascere.
Infine consideriamo omega, il valore che definisce la densità dell’Universo. Sebbene non sia stato determinato con precisione, è chiaro che omega sia molto prossimo a 1. Se omega fosse molto piccolo, infatti, la massa del cosmo non sarebbe sufficiente ad arrestare l’espansione per gravità, che quindi continuerebbe inesorabilmente, portando a un universo sterminato gelido e buio. Se omega fosse molto grande, invece, il cosmo sarebbe collassato rapidamente sotto il suo stesso peso, prima che si formasse la vita.
Alla ricerca di altre risposte
L’elenco potrebbe continuare con molti, molti  altri esempi. Quello che è certo è che la nostra esistenza si basa sulla combinazione di numerosissimi aspetti e se solo uno di essi fosse stato anche lievemente diverso, nulla di ciò che conosciamo esisterebbe.
Su questa consapevolezza si basa il cosiddetto principio antropico (dal greco anthropos, essere umano). Il principio antropico afferma che le leggi della natura sono organizzate in modo tale da rendere possibile la vita e la coscienza.
Se questa organizzazione sia stata programmata da una mente superiore per realizzare un grande disegno, o se sia frutto del caso, è probabilmente il problema che accomuna più di ogni altro gli esseri umani, di qualsiasi provenienza geografica, culturale  o storica. Il dibattito è rovente anche tra gli stessi scienziati, tanto che al principio antropico sono stati assegnati aggettivi diversi, a seconda delle interpretazioni. Ad esempio, il principio antropico forte sostiene che l’universo è così perfetto per ospitarci proprio perché è stato concepito appositamente per questo scopo. Il principio antropico debole, invece, afferma che l’universo è regolato da leggi che rendono possibili vita e coscienza, senza preoccuparsi del motivo. In questo caso, l’Universo ci appare ospitale non perché è stato progettato così, ma perché se non fosse stato ospitale non saremmo qui a osservarlo.
Il grande problema del principio antropico è che non è dimostrabile, non basandosi su evidenze scientifiche, ma piuttosto sulla sensazione di abitare in un ambiente che, come uno strumento musicale, è accordato alla perfezione.
Alcuni studiosi pertanto rifiutano il principio antropico, e propendono invece per la teoria del multiverso. Essi ritengono che esistano innumerevoli universi, per la maggior parte instabili e quindi non capaci di sostenere la vita. Tuttavia, secondo la legge delle medie, possono esistere anche rari universi in cui vigono le condizioni di stabilità necessarie alla vita, e noi ci troviamo in uno di questi. Come dire: puntiamo un ambo al Lotto, e prima o poi, per la legge delle medie, è probabile che uscirà.
La teoria del multiverso però non risolve definitivamente il problema, non risponde cioè alla questione originaria: coincidenza o disegno? Che il nostro universo sia unico, o piuttosto uno di milioni di universi, lo sbigottimento di fronte a tante coincidenze resta. La domanda rimane aperta, e probabilmente lo rimarrà per sempre. Non lasciamoci scoraggiare, però! Noi esseri umani siamo capaci di pensare, di ricercare, e di andare oltre, spesso raggiungendo traguardi che sembravano irrealizzabili. Non arrendiamoci, dunque. Continuiamo a porci domande e a ricercare risposte, percorrendo tutte le strade che si aprono davanti a noi. Naturalmente  con la scienza come faro, ma senza rinunciare alla spiritualità e alla irrazionalità, che rendono l’umanità tanto delicata e speciale.
da: Una coincidenza ben pianificata articoli pubblicati da Francesca Diodati su Astronomia. com

Leggi anche l’articolo “Se… se… se… e allora” in Cosmologia  del 17 ago 2010

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