Regioni H I e nubi ad alta velocità

La locuzione regione H I (regione acca primo) identifica una classe di nubi interstellari costituita da idrogeno neutro monoatomico (H I). Queste regioni emettono un quantitativo estremamente basso di radiazione elettromagnetica, eccezion fatta per le emissioni nella banda dei 21 cm (1420 MHz), propria dell’idrogeno neutro monoatomico; dal momento che tale banda ha una probabilità di transizione molto bassa, sono necessarie enormi quantità di idrogeno per rendere visibili queste nubi.
Il grado di ionizzazione di una regione H I è molto basso e corrisponde a circa 10−4, ovvero una particella ionizzata su 10.000.
La temperatura di una regione H I è di circa 100 K, ed è solitamente considerata isotermica, tranne qualora sia associata a una regione H II in espansione; in questo caso, la regione H II è circondata da una regione H I più densa, separata dal restante gas neutro “indisturbato” da un’onda d’urto e dalla regione H II vera e propria da un fronte di ionizzazione.
La mappatura delle emissioni alle lunghezze d’onda dell’H I con un radiotelescopio è una tecnica largamente utilizzata per determinare la struttura di una galassia spirale. Tale tecnica trova impiego anche per definire le perturbazioni gravitazionali tra galassie interagenti; infatti, quando due galassie si urtano, la materia viene trascinata via in delle strisce, che consentono agli astronomi di comprendere in che direzione e in che modo le galassie si stanno muovendo.
Nella nostra galassia, la Via Lattea, sono state scoperte una particolare classe di nubi di H I, le così dette nubi ad alta velocità (HVC, acronimo di High Velocity Cloud), che possiedono velocità superiori a quelle esplicabili tenendo in considerazione solamente la velocità di rotazione della Via Lattea.  Per definizione, tali nubi devono possedere una vlsr (ovvero la velocità standard locale di riposo, local standard rest velocity) superiore a 90 km s-1. La loro composizione ricalca quella delle regioni H I.
Le teorie formulate per esplicare questo fenomeno considerano la materia residuata dal processo di formazione della nostra Galassia, oppure la materia strappata dalle interazioni mareali intercorse con altri membri del Gruppo Locale, come la così detta Corrente Magellanica. Per poter far chiarezza tuttavia sull’origine di queste nubi, è necessaria una migliore comprensione della loro distanza e della loro metallicità.
Le regioni H I si formano per addensamento del mezzo interstellare.
Il mezzo interstellare è inizialmente molto rarefatto, con una densità compresa tra 0,1 e 1 particella per cm3. La dispersione di energia, che si traduce in un’emissione di radiazione nell’infrarosso lontano (meccanismo questo assai efficiente) e dunque in un raffreddamento della nube, fa sì che la materia del mezzo si addensi nelle regioni H I; man mano che il raffreddamento prosegue, le nubi divengono sempre più dense. Quando la densità raggiunge le 1000 particelle al cm3, la nube diviene opaca alla radiazione ultravioletta galattica; tali condizioni permettono agli atomi di idrogeno di combinarsi in molecole biatomiche (H2), tramite meccanismi che vedono coinvolte le polveri in qualità di catalizzatori;[6] tali regioni prendono il nome di nubi molecolari, che possono contenere al loro interno anche complesse molecole organiche.
All’interno delle nubi molecolari avvengono fenomeni di formazione stellare; le stelle che si formano al loro interno contribuiscono, al termine della loro esistenza, ad arricchire il mezzo, e di conseguenza le nubi, di nuova materia (per lo più metalli), che si è prodotta al loro interno tramite processi di nucleosintesi. Pertanto si ritiene che le nubi facciano parte del ciclo del mezzo interstellare, secondo cui i gas e le polveri, materia prima per la formazione di nuove stelle, passano dalle nubi ad esse e, al termine della loro esistenza, tornino nuovamente a costituire nubi, costituendo il materiale di partenza per una successiva generazione di stelle.
tratto da Wikipedia
16 – fine

Regioni H II dove nascono le stelle

Una regione H II (pronunciato regione acca secondo) è una nebulosa a emissione associata con stelle giovani, blu e calde. H II è il termine che indica l’idrogeno ionizzato, e le regioni H II sono nubi di gas ionizzato dalla radiazione ultravioletta delle stelle giovani. Le zone di formazione stellare si trovano infatti sempre in corrispondenza di questo tipo di oggetti nebulosi.
La grandezza di una regione H II è determinata sia dall’ammontare di gas presente, sia dalla luminosità delle stelle O e B: più luminose esse sono, più grande è la regione H II. Il suo diametro è generalmente dell’ordine di alcuni anni luce. Si trovano nei bracci di spirale delle galassie, perché è in essi che la maggior parte delle stelle si formano. Nella Via Lattea, ne sono esempi la Nebulosa di Orione e la Nebulosa Aquila.
In luce visibile, sono caratterizzate dal loro colore rosso, causato dalla forte linea di emissione dell’idrogeno.
Le regioni H II hanno vita piuttosto breve, in termini astronomici: dipendenti come sono dalle giovani e grandi stelle che forniscono l’energia necessaria, diventano invisibili dopo che queste stelle muoiono, e le stelle di grande massa hanno una vita di pochi milioni di anni, o al massimo di poche decine.
Le regioni H II sono le nebulose diffuse più brillanti del cielo, che appaiono luminose a causa della presenza di giovani stelle calde e blu, che ionizzano il gas facendogli emettere luce. Le nebulose più brillanti si osservano nell’emisfero australe, poiché è in questa direzione che si trova il braccio di spirale in cui giace il nostro sistema solare, il Braccio di Orione.
Nonostante ciò, il primato di nebulosa più brillante del cielo spetta ad una regione H II posta a ben 9000 anni luce da noi, in un altro braccio galattico: si tratta della Nebulosa della Carena, il più grande complesso nebuloso brillante finora noto all’interno della nostra Galassia; segue la ben nota Nebulosa di Orione, visibile da quasi tutte le aree della Terra. Altre nebulose notevoli sono la Nebulosa Laguna e la Nebulosa Trifida, tutte poste nell’emisfero australe, nella costellazione del Sagittario. L’unica regione H II brillante dell’emisfero boreale è la Nebulosa Rosetta, visibile nella costellazione dell’Unicorno.
Dopo la loro formazione, le stelle più massicce diventano calde a sufficienza da essere in grado di ionizzare il gas circostante; poco dopo la formazione di un campo di radiazione ionizzante, i fotoni creano un fronte di ionizzazione, che fa disperdere il gas circostante ad una velocità supersonica. A distanze via via maggiori dalla stella ionizzante il fronte di ionizzazione rallenta, mentre la pressione del nuovo gas ionizzato causa l’espansione del volume ionizzato. In quel caso, il fronte di ionizzazione rallenta fin sotto la velocità del suono e viene superato dal fronte dell’onda d’urto causato dall’espansione della nube: si è formata una regione H II.
La vita media di una regione H II è dell’ordine di pochi milioni di anni. La pressione di radiazione proveniente dalle stelle calde e giovani possono far disperdere la gran parte del gas residuo; infatti, questo processo tende ad essere molto inefficiente, nel senso che meno del 10% del gas di una regione H II collassa per formare stelle prima che il restante venga spazzato via. Un altro fenomeno che può contribuire alla dispersione del gas sono le esplosioni delle stelle più massicce appena formate come supernovae, che avvengono dopo appena 1–2 milioni di anni dalla formazione dell’ammasso.
La nascita delle stelle in atto nella nostra epoca ci viene celata dalle densissime nubi di gas e polveri che circondano le stelle nascenti. Soltanto quando la pressione di radiazione della stella neonata spazza via il guscio nebuloso in cui si trovavano queste diventano visibili; prima di ciò, le regioni dense che contengono le stelle di nuova generazione si mostrano come dei bozzoli scuri contrastanti con il chiarore diffuso del resto della nube ionizzata. Questi bozzoli sono chiamati globuli di Bok, dal nome dell’astronomo Bart Bok che negli anni quaranta li propose come luoghi della nascita delle stelle.
La conferma dell’ipotesi di Bok giunse solo nel 1990, quando le osservazione nell’infrarosso penetrarono la polvere spessa dei globuli di Bok per rivelare al loro interno degli oggetti stellari giovani. Si pensa che un tipico globulo di Bok contenga circa 10 masse solari di materiale in una regione di circa un anno luce di diametro, e che essi diano luogo alla formazione di sistemi stellari doppi o multipli.
Quali luoghi di nascita delle stelle, le regioni H II mostrano anche evidenze della presenza di sistemi planetari. Il Telescopio Spaziale Hubble ha rivelato centinaia di dischi protoplanetari nella Nebulosa di Orione; almeno la metà delle stelle giovani in questa nebulosa appaiono circondate da dischi di gas e polveri,[15] che si pensa contengano molta più materia di quanto sarebbe necessaria per formare un sistema planetario come il nostro.
Caratteristiche fisiche
Chimicamente, le regioni H II sono formate per il 90% da idrogeno. Le linee di emissione più forti dell’idrogeno, a 656,3 nm, sono responsabili del tipico colore rosso di questi oggetti; gran parte della percentuale restante è occupata dall’elio, a cui si aggiungono delle tracce di elementi più pesanti. Lungo la galassia, si è scoperto che gli elementi pesanti delle regioni H II decrescono con l’aumento della distanza dal centro galattico; ciò avviene poiché lungo la vita di una galassia il tasso di formazione stellare è maggiore nelle dense regioni centrali, fenomeno che ha come effetto ultimo un arricchimento di questi elementi del mezzo interstellare a seguito della nucleosintasi.
Le regioni H II si rinvengono nelle galassie spirali come la nostra o nelle galassie irregolari, mentre mai si osservano nelle galassie ellittiche. Nelle galassie irregolari si possono trovare in tutte le aree della galassia, mentre nelle spirali si trovano quasi esclusivamente nei bracci di spirale. Una grande galassia spirale come la nostra può contenere migliaia di regioni H II.
La ragione per cui questo tipo di oggetti non si rinviene nelle galassie ellittiche, è che si crede che queste si siano formate a causa di fusioni fra galassie] Negli ammassi di galassie, questo tipo di scontri sono frequenti; come le galassie collidono le stelle individuali quasi mai collidono, ma le nubi molecolari giganti e le stesse regioni H II ne vengono fortemente perturbate. Durante queste collisioni si sviluppano fenomeni di formazione stellare giganteschi ed intensissimi, talmente rapidi che la gran parte del gas viene convertito in stelle, a fronte del normale 10% o meno. Le galassie che subiscono questo fenomeno sono note come galassie starburst. La galassia ellittica che ne risulta ha un contenuto di gas estremamente basso, così le regioni H II non si possono più formare. Le osservazioni condotte negli anni duemila hanno mostrato l’esistenza di alcune rarissime regioni H II anche all’esterno delle galassie; questi oggetti extragalattici sono probabilmente ciò che rimane di galassie nane disgregate a seguito delle maree galattiche.
È possibile osservare una grande varietà di dimensioni di regioni H II, con strutture diverse. In molti di questi oggetti, gli ammassi aperti sono già formati e tendono a diventare visibili. Ogni stella interna ad uno di questi oggetti ionizza una regione grosso modo sferica, chiamata sfera di Strömgren, di gas che la circonda, ma la combinazione delle sfere ionizzate di stelle multiple in una regione H II e dell’espansione della parte della nebulosa riscaldata all’interno del gas circostante, causa delle forme estremamente complesse; anche le esplosioni di supernova sono in grado di modellare le regioni gassose. In alcuni casi, la formazione di un grande ammasso aperto dentro una regione H II causa la formazione di una sorta di “bolla” in cui il gas è stato spazzato via; un caso tipico è quello della Nebulosa Rosetta, come pure di NGC 604, quest’ultima una regione H II gigante visibile nella Galassia del Triangolo.
Regioni H II notevoli sono la Nebulosa della Carena, la Nebulosa di Orione e il complesso Berkely 59 / Cepheus OB4, facente parte del Complesso nebuloso molecolare di Cefeo. La nebulosa di Orione, che si trova ad una distanza di circa 1500 anni luce da noi, è parte di una vasta nube molecolare gigante, nota come Complesso nebuloso molecolare di Orione, il quale se fosse visibile ad occhio nudo ricoprirebbe la gran parte della costellazione di Orione. La Nebulosa Testa di Cavallo e l’Anello di Barnard sono altre due parti illuminate di questa nube di gas.
La Grande Nube di Magellano,  una galassia satellite della nostra Via Lattea, contiene una regione H II gigante chiamata Nebulosa Tarantola; questa nube è estremamente più grande della Nebulosa di Orione e al suo interno sono in formazione migliaia di stelle, alcune con una massa cento volte superiore a quella del nostro Sole. Se la Nebulosa Tarantola si trovasse alla stessa distanza da noi della Nebulosa di Orione, avrebbe la stessa luminosità di quella della luna piena nel cielo notturno. La supernova SN 1987A esplose nelle aree periferiche di questa nebulosa.
NGC 604 è anche più grande della Nebulosa Tarantola, essendo larga 1300 anni luce circa, sebbene contenga un po’ meno stelle; è una delle più grandi regioni H II del Gruppo Locale.

15 – continua

Il 10% delle galassie possiede un Nucleo Galattico Attivo

Nell’Universo locale circa il 10% delle galassie possiedono un nucleo compatto ed estremamente luminoso detto Nucleo Galattico Attivo (AGN). In molto casi il solo AGN è più brillante dell’intera popolazione stellare della galassia (~100 miliardi di stelle) e la luminosità viene generata in una regione di dimensioni pari circa a quelle del Sistema Solare. Tale emissione non può essere spiegata sulla base di modelli di emissione stellare, ma si ritiene che gli AGN siano alimentati da accrescimento di massa su un buco nero di grande massa (anche fino ad un miliardo di volte la massa del Sole). Ciò che avviene è che il gas interstellare si dispone a formare un disco di accrescimento ruotante attorno al buco nero. Nel disco, la viscosità permette al gas di cadere verso il buco nero, convertendo energia gravitazionale in radiazione elettromagnetica e producendo particelle accelerate a velocità relativistiche.
La classificazione degli AGN è complessa e non univoca, e dipende spesso dalla regione dello spettro in cui vengono studiati per la prima volta. Esistono tuttavia tre classi principali di AGN: galassie di Seyfert, Quasar e radio galassie. Le galassie di Seyfert costituiscono la parte meno luminosa e più vicina dei Quasar. Le radio galassie sono AGN caratterizzati da una forte emissione radio che può estendersi su dimensioni anche più grandi della galassia stessa, cioè anche oltre i 100 chilo-parsec. La maggior parte di queste sorgenti possiede infatti enormi lobi radio simmetrici, da cui viene emessa la gran parte della radiazione e alcune mostrano uno o due getti di materiale molto collimati che escono direttamente dal nucleo e si dirigono verso i lobi. Alcuni AGN sono peculiari nel senso che sono caratterizzati da sorgenti radio compatte (senza lobi) e molto potenti, sono i così detti Blazar.
Negli ultimi anni la comunità astrofisica sta compiendo un grande sforzo per comprendere al meglio gli aspetti fondamentali della struttura, della fisica e della geometria delle zone più interne degli AGN in tutte le loro diverse fenomenologie e per mettere in luce i meccanismi fisici che regolano le interazioni galassia-buco nero e la loro evoluzione in funzione del tempo cosmico.
Una delle più importanti scoperte degli ultimi anni è stata, infatti, quella delle strette relazioni che intercorrono tra la massa del buco nero e alcuni parametri strutturali delle galassie ospiti, che mostra chiaramente come l’evoluzione della galassia e la crescita del buco nero centrale siano strettamente collegati. Si parla quindi di “co-evoluzione” per indicare che, in qualche modo, galassie e buchi neri super-massivi crescono ed evolvono insieme. Si ipotizza che le interazioni tra galassie potrebbero essere responsabili dell’attivazione della formazione stellare e dell’accrescimento sul buco nero. Poiché, durante queste prime fasi di attività, grandi quantità di gas e polveri sono presenti nelle galassie, si pensa che la maggior parte della radiazione primaria dovuta alla formazione stellare ed all’attività nel nucleo sia fortemente oscurata e quasi invisibile a lunghezze d’onda come quelle ottiche o ultraviolette. Man mano che passa il tempo, la potenza della radiazione associata alla crescita del buco nero super-massivo diventa sempre più intensa tanto da essere in grado di scaldare in maniera efficace ed eventualmente espellere il gas nel mezzo interstellare dalla galassia stessa. Si sostiene che questa fase sia associata all’emissione non oscurata di un AGN brillante nell’ottico. Tale “feedback” da parte dell’AGN rallenta l’accrescimento e si ipotizza che sia anche una fase necessaria per spiegare lo spegnimento della formazione di nuove stelle nelle galassie ellittiche di grande massa. Quando la maggior parte del gas freddo è espulso dal sistema, l’accrescimento sul buco nero e la formazione stellare non possono procedere ulteriormente. Al termine di questo processo rimane una galassia passiva con un buco nero super-massivo inattivo al suo centro.
Da: Le galassie attive sito INAF
12 – continua

Il mezzo interstellare (ISM)

Se lo spazio fra le stelle fosse vuoto, le stelle da dove si formerebbero? E infatti lo spazio non è per niente vuoto, anzi. E’ riempito di materia, che pur risultando invisibile ai nostri occhi, costituisce la materia prima da cui nascono le stelle.
Lo spazio è pieno di gas e di polveri e questa materia è conosciuta come mezzo interstellare (ISM, acronimo di Interstellar Medium). L’ISM è costituito da gas (principalmente idrogeno) e da polvere (presente in proporzione di circa l% della massa del gas). La polvere è costituita da elementi e composti diversi dall’idrogeno, come il carbonio, il silicio e così via oltre che da molecole come CO, HCN e molte altre ancora.
La materia che costituisce l’ISM non si distribuisce in modo uniforme nello spazio ci sono regioni in cui la densità è maggiore accanto ad altre di minore densità. In modo simile, ci sono regioni dell’ISM che sono calde, mentre altre sono fredde. Dunque i parametri più importanti che riguardano l’ISM sono la temperatura e una quantità che chiameremo densità in numero (n). Quest’ultima è il numero di particelle presenti nell’unità di volume (per ogni metro cubo: le particelle possono essere atomi singoli, neutro o ionizzati, combinati in molecole o una miscela di tutto questo. Poiché nell’ISM c’è di gran lunga più idrogeno di qualunque altro materiale potremo dire con buona approssimazione che la densità di particelle è il numero degli atomi di idrogeno per metro cubo. E’ da sottolineare che nell’ISM si incontra un intervallo estremamente esteso di temperature e di densità in numero. Si va da solo 100 particelle per metro cubo fino a circa 10 alla 17 particelle per metro cubo. Similmente, la temperatura varia da 10 K fino ad alcuni milioni di gradi. Il mezzo inter – nubi caldo è generalmente molto esteso, oltre che caldo è di densità estremamente bassa e consiste principalmente di idrogeno ionizzato. Esso non oscura la nostra visione del cielo: infatti la luce ci passa attraverso senza essere assorbita e anche il mezzo intern – nubi tiepido è trasparente.
Tutte le altre regioni si presentano ai nostri occhi in forma ben distinta e perciò sono oggetti riconoscibili. Possiamo dividerle in due gruppi: le regioni dell’ISM che sono interessate dalla formazione stellare, come le  nubi diffuse, le nubi dense, le regioni HII e quelle che hanno a che fare con la morte delle stelle: le nebulose planetarie, i resti di supernova e i gusci circumstellari.
Come abbiamo detto l’ISM è composto da gas (soprattutto idrogeno) e polveri e perciò è sostanzialmente invisibile, però ci sono luoghi della Galassia (che noi abbiamo già visitato) in cui si verificano le condizioni che tendono ad aggregare il materiale e allora queste regioni più dense della media si rendono ben visibili anche agli astrofili, si tratta delle nebulose.
Tratto da: “L’astrofisica è facile! di Mike Inglis pag. 43-45
11 – continua

La gerarchia dell’universo: galassie, ammassi e superammassi

Solo nel 1925 l’astronomo statunitense Edwin Hubble, studiando le curve di luce di alcune variabili cefeidi, scoperte nella galassia di Andromeda riuscì a dimostrare in modo inequivocabile che questa era ad oltre 1 milione di anni luce di distanza e che quindi si poneva ben al di fuori del nostro sistema stellare (la Via Lattea).
Dal 1925 in poi il progredire degli strumenti e delle tecniche portarono ad un rapido accumularsi di dati riguardanti le caratteristiche fisiche e strutturali delle galassie esterne. Era nata l’astronomia extragalattica. Il primo schema di classificazione ad essere universalmente accettato fu quella proposta da Hubble nel 1929.
Questo lo schema
Le galassie ellittiche che hanno una forma ellissoidale, con una distribuzione di stelle piuttosto uniforme. Il numero descrive la loro eccentricità: le galassie E0 sono quasi sferiche, mentre le E7 sono molto appiattite. Questo numero descrive più che altro l’aspetto della galassia perché, essendo sconosciuto l’angolo di vista, non è dato sapere la sua forma reale.
Le galassie lenticolari hanno una struttura simile ad un disco, con un bulge centrale sferico. Non mostrano alcuna struttura a spirale.
Le galassie spirali hanno un bulge centrale ed un disco esterno che contiene bracci di spirale. I bracci si avvolgono attorno al bulge, e variano da molto stretti (Sa) a molto aperti (Sc e Sd). L’ultimo tipo ha anche un bulge centrale meno sviluppato.
Le galassie spirali barrate sono simili alle spirali, ma i bracci partono da una specie di barra che attraversa il bulge invece che direttamente da esso. Di nuovo, i diversi tipi da SBa a SBd si riferiscono a quanto stretti sono i bracci della spirale.
Le galassie spirale intermedie classificate come SAB (ovvero a metà tra le galassie a spirale e le galassie a spirale barrata). Sono molto rare, tanto da non comparire nella sequenza di Hubble.
Le galassie irregolari non mostrano alcuna forma regolare riconoscibile, e quindi non rientrano in questa semplice classificazione. Alcune tra le più grandi (come la grande Nube di Magellano) mostrano deboli tracce di bracci di spirale.
Nei decenni successivi furono introdotte alcune varianti grazie soprattutto al contributo dell’astronomo francese Gerard de Vaucouleurs che dal 1960 fu professore di astronomia presso l’università del Texas. Profondo conoscitore dell’astronomia extragalattica, ha classificato centinaia di galassie nei Reference catalogues of bright galaxies (1964, 1976 e 1991).
Le galassie dei vari tipi appaiono con frequenza diversa, in media su 100 di esse 13 sono ellittiche, 22 lenticolari, 61 spirali ordinarie o barrate e le rimanenti 4 irregolari.
(vedi articolo “Galassie per tutti i gusti (spirali, ellittiche, lenticolari, nane e così via)” del 18 ottobre 2010 e “Qualche galassia: SagDEG, M33, M81, e anche l’Oggetto di Hoag” del 19 ottobre 2010”).
Le galassie singole, isolate, sono molto rare. Gran parte delle galassie vive infatti negli ammassi che ne possono contenere anche solo una dozzina; alcuni invece sono ammassi giganti e contano migliaia di membri. Rappresentano il 2° grado gerarchico nell’architettura del cosmo (il 1° è ovviamente costituito dai superammassi: al di sopra di questi l’universo è omogeneo e isotropo).
Gli ammassi più modesti occupano regioni relativamente piccole, mentre gli ammassi più imponenti si estendono anche per 10 Mpc. La Via Lattea è membro di un piccolo ammasso detto Gruppo Locale di cui fanno parte una quarantina di galassie.
Si possono considerare due tipi di ammassi quelli ricchi e quelli poveri. I primi possono essere costituiti da più di mille galassie; tra le quali moltissime ellittiche. In questi tipi di ammassi le galassie si affollano verso il centro, là dove è facile trovare una o due galassie ellittiche giganti. Un esempio è l’Ammasso della Vergine nel cui centro domina l’ellittica gigante M 87. (vedi articoli “Gli occhi di Herschel nell’Ammasso della Vergine” del 17 luglio 2010; “L’Ammasso della Chioma di Berenice” del 20 ottobre 2010).
Gli ammassi poveri contengono meno di un migliaio di membri, benché l’area occupata sia paragonabile a quella degli ammassi ricchi: qui evidentemente le galassie sono più disperse.
Gli ammassi ricchi contengono circa l’80, 90% di galassie ellittiche. Ci sono prove che le grandi galassie ellittiche siano passate attraverso molti episodi di fusione tra galassie. In effetti potrebbe essere che le galassie ellittiche si formino a seguito della fusione di due spirali. Benché l’evoluzione delle galassie non sia del tutto compresa, risulta evidente che le interazioni sono eventi di grande rilevanza. Collisioni, fusioni e incontri ravvicinati possono causare fenomeni di formazione stellare a tassi elevati, oltre che alla distruzione di interi sistemi stellari per effetto delle forze mareali. Anche la nostra Via Lattea sta fagocitando alcune delle galassie ellittiche nane che le sono satelliti.
Il primo a pubblicare un catalogo contenente 25 ammassi di galassie fu Shapley nel 1933, ma già 25 anni dopo G. Abell pubblicò una lista che ne conteneva 2.712. Bisognava però attendere la fine degli anni ’60 perché F. Zwicky, il pioniere della ricerca delle supernovae extragalattiche, pubblicasse un lavoro in 6 volumi contenente ben 9.134 ammassi! Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, tutte queste galassie non sono distribuite in modo omogeneo, ma tendono a ripartirsi in filamenti densi e sottili e in vuoti estesi (vedi articolo “Un gigantesco filamento di ammassi di galassie“ del 9 novembre 2010); su scala facilmente verificabile anche dall’astrofilo è significativo l’esempio costituito dalla Collana di Markarian situata nei pressi del centro dell’Ammasso della Virgo e che è facilmente osservabile in un piccolo telescopio.
L’alta densità delle galassie negli ammassi fa si che una galassia abbia molte probabilità di scontrasi con una galassia vicina nel corso della sua esistenza.
Nella maggior parte degli incontri le galassie passano a distanze tali da subire solo lievi distorsioni di forma dovute alla mutua interazione dei campi gravitazionali. Simulazioni effettate con calcolatori hanno mostrato che le distorsioni più comuni consistono nello scambio di stelle fra i due sistemi e nella formazione di ponti e code luminose.
La galassia M 51 per esempio è caratterizzata dalla presenza di un piccolo compagno irregolare a cui è collegata tramite un ponte luminoso di stelle, gas e polveri. Nelle zone centrali degli ammassi di galassie più densi il gran numero di scontri può portare alla fusione di molte galassie in un unico grande sistema. Tale fusione sembra in grado di dimostrare alcune delle proprietà delle galassie ellittiche giganti che si osservano al centro di molti grandi ammassi.
NGC 2207 e IC 2163 sono una coppia di galassie spirali interagenti nella costellazione del Cane Maggiore che distano circa 129 milioni di anni luce dal Sistema Solare. Furono scoperte da John Herschel nel 1835. Il processo di collisione fra i due oggetti non è ancora in fase avanzata, come nelle Galassie Antenne, ma soltanto alle prime fasi: infatti NGC 2207 e IC 2163 sono ancora due galassie spirali distinte e separate
(vedi articoli “Galassie che si abbracciano” del 21 giugno 2011; “La danza di NGC 2207 con IC 2163” del 15 febbraio 2012; “Atomi per la Pace: scontro di galassie nell’Acquario”; “M 81 e M 82: un incontro iniziato centinaia di milioni di anni fa …” del 14 gennaio 2011).
Le galassie del nostro universo non sono distribuite uniformemente: la maggior parte sono raggruppate in Gruppi e Ammassi. Gruppi, ammassi e qualche galassia isolata a loro volta formano delle strutture ancora più grandi, chiamate superammassi. Tra questi superammassi si stendono grandi vuoti dove ci sono poche galassie.
I superammassi hanno una dimensione che arriva a numerose centinaia di milioni di anni luce. Non si conoscono ammassi di superammassi, ma l’esistenza di strutture più grandi dei superammassi è oggetto di dibattito (vedi articoli: “La Grande Muraglia e i vuoti cosmici” del 20 ottobre 2010; ACO 3627 e il Grande Attrattore” del 21 ottobre 2010; Il gigantesco ammasso galattico Abell 2744 del 23 giugno 2011; “Un ammasso di galassie a 11 miliardi di anni luce da noi)” del 1 marzo 2011; “Superammassi e Grandi Muri“ del 24 gennaio 2012).
Il Superammasso Locale, chiamato anche Superammasso della Vergine, è il superammasso di galassie che contiene il nostro Gruppo Locale. Ha la forma di un disco appiattito, con un diametro di circa 200 milioni di anni luce. Contiene circa 100 tra gruppi e ammassi di galassie, e prende il nome dall’Ammasso della Vergine che si trova vicino al suo centro. Il Gruppo Locale si trova al bordo del superammasso, e si muove lentamente verso il suo centro.
6 – continua

Immense sfere di vecchie stelle

Un ammasso globulare (detto anche ammasso chiuso o ammasso di alone) è un insieme sferoidale di stelle che orbita come un satellite intorno al centro della galassia. Gli ammassi globulari sono sorretti al loro interno da una forte gravità che dà loro il tipico aspetto sferico e mantiene al loro centro una densità di stelle relativamente molto elevata. Il nome di questa categoria di oggetti deriva dal latino globus, che significa “globo”, “sfera”. Gli ammassi globulari sono in genere composti da centinaia di migliaia di stelle vecchie, le stesse che compongono il nucleo, noto come bulge, di una galassia spirale, ma confinate in pochi parsec cubici. Gli ammassi globulari sono piuttosto numerosi: se ne conoscono 158 attorno alla Via Lattea, con forse altri 10-20 da scoprire, essendo nascosti all’osservazione da Terra dalle polveri interstellari che oscurano la vista in direzione del centro galattico; pare che le galassie più grandi possano averne un numero nettamente superiore (la galassia di Andromeda potrebbe averne fino a 500). Alcune galassie ellittiche giganti (come M 87) ne contano fino a 10.000. Questi oggetti sono considerati parte dell’alone delle galassie, orbitando attorno ai centri di queste a distanze fino a 131.000 anni luce. Ogni galassia del Gruppo Locale con massa sufficientemente grande ha associato un suo gruppo di ammassi globulari, mentre ogni grande galassia possiede un sistema esteso di questi oggetti. La Galassia Nana Ellittica del Sagittario e quella del Cane Maggiore sono in via di collisione ed assorbimento con la Via Lattea, donando così alla nostra Galassia i loro ammassi globulari associati (come Palomar 12). Ciò dimostra come molti degli ammassi globulari osservati nella nostra e in altre galassie possano essere appartenuti ad altre galassie “cannibalizzate”. L’alta densità stellare degli ammassi globulari fa sì che le interazioni tra stelle e le collisioni mancate siano relativamente frequenti. Il loro centro presenta caratteristiche ideali per la formazione di oggetti peculiari, come le stelle vagabonde blu (ritenute il risultato della fusione di due stelle) o pulsar veloci con periodi di millesecondi tutti fenomeni presumibilmente risultanti dall’interazione tra più stelle. Gli ammassi globulari sono distribuiti lungo il piano galattico, concentrandosi, con pochissime eccezioni, solo in prossimità del centro galattico, in particolare in quell’area di cielo compresa tra le costellazioni di Ofiuco, Scorpione e Sagittario; degli oltre 150 ammassi globulari riconosciuti come appartenenti alla Via Lattea, ben 79 sono visibili entro i confini di queste tre costellazioni. All’osservazione amatoriale si distinguono dagli ammassi aperti sia per la morfologia, essendo questi ultimi molto meno densi, sia per il colore delle componenti, essendo gli ammassi aperti composti nella gran parte dei casi da stelle giovani e blu. Alcuni ammassi globulari sono visibili ad occhio nudo e si presentano come delle piccole macchie chiare e dai contorni sfumati. I più luminosi sono Omega Centauri e 47 Tucanae, visibili solo dall’emisfero australe, e, da quello boreale, l’Ammasso globulare di Ercole. Omega Centauri e 47 Tucanae sono così brillanti (quarta e quinta magnitudine rispettivamente), da aver ricevuto una sigla identificativa equivalente a quella di una stella. Altri ammassi globulari visibili ad occhio nudo in condizioni osservative eccellenti anche dalle latitudini temperate boreali sono M 4 nello Scorpione ed M 22 nel Sagittario. Un binocolo consente di scorgere numerosi ammassi globulari, ma la loro natura stellare non viene svelata, mostrandosi ancora come delle macchie chiare, simili a stelle sfocate. Per risolvere almeno le stelle periferiche occorrono strumenti come telescopi amatoriali non inferiori ai 114-150mm di apertura, a causa della debolezza delle componenti stellari, che spesso sono di decima e undicesima magnitudine. Il periodo più adatto per l’osservazione di questi oggetti cade nei mesi che nell’emisfero boreale equivalgono alla stagione estiva, in particolare il mese di luglio; le località ideali per la loro osservazione tuttavia ricadono nell’emisfero australe, e in particolare nella sua fascia tropicale, per varie ragioni: innanzitutto, la maggior parte degli ammassi globulari si trovano a sud dell’equatore celeste, poiché lo stesso centro galattico si trova ad una declinazione di -29°; in secondo luogo, perché ammassi globulari come 47 Tucanae si trovano a declinazioni molto meridionali, e possono essere ben osservati solo a partire dalle zone vicine all’equatore, mentre l’ammasso globulare più settentrionale, NGC 6229, può essere osservato anche da quasi tutta la fascia temperata dell’emisfero australe Gli ammassi globulari sono composti generalmente da centinaia di migliaia di stelle vecchie a bassa metallicità, di tipo simile a quelle presenti nel bulge di una galassia spirale; queste stelle sono confinate in un volume di qualche parsec cubico, e non sono in genere circondate da gas e polveri. La densità delle stelle è molto elevata (in media, circa 0,4 stelle per parsec cubico, aumentando a 100 o 1000 stelle per parsec cubico nel nucleo dell’ammasso), e non sembrerebbero certo ambienti favorevoli per la sopravvivenza di un sistema planetario: le orbite planetarie infatti sono dinamicamente instabili nelle vicinanze dei nuclei di ammassi densi a causa delle perturbazioni gravitazionali generate da stelle che transitano nelle vicinanze. Un pianeta in orbita ad una distanza di una UA da una stella che si trova all’interno del nucleo di un ammasso come 47 Tucanae sopravviverebbe solo qualche centinaio di milioni di anni. Tuttavia è stato trovato un sistema planetario in orbita attorno ad una pulsar, catalogata come PSR B1620-26, che appartiene all’ammasso globulare M 4. La maggior parte delle stelle appartenenti ad un ammasso globulare sono nella stessa fase evolutiva, e probabilmente quindi si sono formate nella stessa epoca. Tutti gli ammassi conosciuti non possiedono nuove stelle in formazione. Alcuni ammassi, come Omega Centauri nella Via Lattea e Mayall II nella Galassia di Andromeda, sono straordinariamente massicci (diversi milioni di masse solari) e contengono popolazioni diverse di stelle; entrambi possono essere considerati la prova che i super ammassi stellari sono in realtà i nuclei di galassie nane che sono state inglobate da galassie più grandi. Alcuni ammassi globulari (come M 15) hanno nuclei estremamente massicci che potrebbero ospitare persino buchi neri anche se dalle simulazioni non possono essere escluse concentrazioni di stelle di neutroni o nane bianche particolarmente grandi (vedi articolo “A caccia di ammassi globulari” del 30 giugno 2011).

M 22 (noto anche come NGC 6656) è un ammasso globulare situato nella costellazione del Sagittario; si tratta del quinto in ordine di luminosità di tutta la volta celeste ed è individuabile pure ad occhio nudo. È anche uno dei quattro ammassi globulari noti a possedere al suo interno una nebulosa planetaria. M 22 si trova in una regione moderatamente ricca di stelle appariscenti, grazie alla vicinanza dell’asterismo noto come la teiera. Se la notte è particolarmente limpida si può distinguere persino ad occhio nudo. Questo ammasso globulare è uno dei più vicini alla Terra: si trova a soli 10.400 anni luce; a questa distanza il suo diametro reale corrisponde a circa 97 anni luce. Contiene circa 100.000 stelle. La magnitudine media delle 25 stelle più luminose di M 22 è pari a 12,9, dunque maggiormente luminoso delle componenti di M 13, dove questo valore è di 13,7. M 22 si allontana da noi alla velocità di 144 Km/s. M 22 è anche uno dei rari ammassi globulari, assieme a M 15, a ospitare una nebulosa planetaria che porta il nome di IRAS 18333-2357. Diversamente da M 15, l’ammasso non possiede una concentrazione centrale di stelle marcata. La nebulosa planetaria, riconosciuta come tale solo nel 1989, possiede una stella blu centrale; l’età della nebulosa (chiamata anche GJJC1) è di circa 6000 anni. (vedi articolo “Una mini stella in M 22” del 27 dicembre 2011).

Omega Centauri è l’ammasso globulare più luminoso osservabile da Terra; si osserva nella costellazione del Centauro. Probabilmente è ciò che rimane di una galassia nana assorbita dalla nostra Via Lattea; al suo interno è stato trovato infatti un buco nero. Si presenta come una stella di terza magnitudine, apparentemente un po’ sfocata, a nord-est della brillante costellazione della Croce del Sud. La sua declinazione è fortemente australe, pertanto quest’oggetto non è osservabile da molte delle regioni dell‘emisfero boreale, come quasi tutta l’Europa. Posto ad una distanza stimata intorno ai 16.000 anni luce risulta essere uno degli ammassi globulari più vicini al Sistema Solare. È il più grande ammasso globulare conosciuto appartenente alla Via Lattea, il secondo per dimensioni dell’intero Gruppo Locale dopo Mayall II. Contiene diversi milioni di stelle della Popolazione II, per una massa complessiva pari a quella di cinque milioni di Soli. La sua età risulta essere di circa 12 miliardi di anni, ossia simile a quella dell’Universo stesso.Omega Centauri è l’unico ammasso globulare conosciuto che presenta una chiara dispersione nel suo contenuto di metalli; ciò darebbe credito alla teoria secondo la quale Omega Centauri sarebbe il nucleo di un’antica galassia nana “fagocitata” dalla nostra.

M 5 (conosciuto anche come NGC 5904) è un ammasso globulare piuttosto brillante visibile nella costellazione del Serpente (Testa). M 5 può essere osservata da entrambi gli emisferi terrestri, grazie al fatto che la sua posizione è praticamente equatoriale. Il periodo migliore per la sua individuazione nel cielo serale è quello compreso fra aprile e settembre. M 5 è situato ad una distanza di circa 24.500 anni luce dalla Terra e contiene più di 100.000 stelle (secondo alcune stime 500.000); si sa che almeno un centinaio di queste sono stelle variabili del tipo RR Lyrae. Questo ammasso ha un’età stimata in 13 miliardi di anni si pensa sia uno degli ammassi globulari più vecchi. M5 si sta allontanando da noi a circa 50 Km/s.

L’Ammasso Globulare di Ercole (conosciuto anche come M 13 oppure come NGC 6205) è un ammasso globulare visibile nella costellazione di Ercole. Si tratta dell’ammasso globulare più luminoso dell’emisfero boreale ed è visibile anche ad occhio nudo. Localizzare M 13 è abbastanza semplice, dato che la costellazione di Ercole in cielo forma un trapezio facilmente riconoscibile. Tenendo il trapezio in verticale, M 13 è sul lato destro, a circa un terzo del lato partendo dall’alto. Data la sua magnitudine di 5,8 è appena visibile ad occhio nudo in condizioni favorevoli, in un cielo molto scuro e lontano da ogni fonte di luce. M 13 può essere osservato da entrambi gli emisferi terrestri, sebbene la sua declinazione settentrionale favorisca notevolmente gli osservatori dell’emisfero nord. Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra aprile e ottobre. M 13 ha una magnitudine apparente di 5,8 e il suo diametro reale è di circa 165 anni luce. M13 contiene diverse centinaia di migliaia di stelle, la più brillante delle quali è di magnitudine 11.95. Attorno al suo nucleo, le stelle sono circa 500 volte più concentrate che nei dintorni del sistema solare. L’età di M 13 è stata stimata tra i 12 e i 14 miliardi di anni. La sua distanza dalla Terra è di 23.157 anni luce. Apparendo così luminoso ad una così grande distanza, la sua luminosità reale è elevatissima, oltre 300.000 volte quella del Sole.La velocità radiale è di circa 250 Km/s in avvicinamento. Questo moto risulta dalla combinazione di tre diverse velocità: la rotazione della Galassia, il moto del Sole nello spazio, e il moto di rivoluzione dell’ammasso attorno al centro galattico. Nel 1974 fu fatto un tentativo simbolico di inviare un messaggio verso altri mondi. Per celebrare un consistente ampliamento del radiotelescopio da 305 metri di Arecibo, un messaggio in codice di 1.679 bit fu trasmesso verso M 13 (vedi articolo “Il messaggio di Arecibo da 36 anni corre verso Ercole, ma la strada è lunga …” del 19 settembre 2010)

M 71 (conosciuto anche come NGC 6838) è un ammasso globulare molto disperso e dalla natura controversa, visibile nella costellazione della Freccia. M 71 è abbastanza facile da localizzare, trovandosi al centro della piccola ma caratteristica costellazione della Freccia, circa 2° ad est della stella delta Sagittae, l’astro centrale della costellazione. M 71 può essere osservato con facilità da entrambi gli emisferi terrestri, grazie al fatto che la sua declinazione non è eccessivamente settentrionale; dalle regioni boreali è maggiormente osservabile e si presenta estremamente alto nel cielo nelle notti d’estate. Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra giugno e novembre. M 71 si trova ad una distanza di circa 12.000 anni luce dalla Terra ed ha un’estensione di soli 27 anni luce, molto pochi per un ammasso globulare. La irregolare stella variabile Z Sagittae fa parte di questo ammasso; contiene almeno sei giganti di tipo M e la sua luminosità totale è di 13.200 luminosità solari.

M 4 (noto anche come NGC 6121) è un brillante ammasso globulare visibile nella costellazione dello Scorpione. M 4 è uno degli ammassi più facili da localizzare: basta infatti puntare su Antares e spostarsi di appena 1.3° ad ovest. M 4 può essere osservato con facilità anche quando non si mostra molto alto sull’orizzonte. Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra maggio e agosto. M 4 è uno degli ammassi globulari più grandi e vicini a noi; secondo le misurazioni tradizionali, disterebbe solo 6.000 anni luce dalla Terra. M 4 ha un’estensione reale di circa 95 anni luce. Nel 1987 è stata scoperta in M 4 la prima pulsar con un periodo di circa tre millisecondi. Nell’agosto del 1995 il Telescopio Spaziale Hubble è riuscito a fotografare in M 4 delle nane bianche. In base a questa osservazione, la distanza dell’ammasso è stata stimata in 7.000 anni luce, un po’ maggiore delle stime precedenti; anche se quest’ultima stima fosse quella corretta, resterebbe comunque l’ammasso globulare più vicino a noi. M 4 contiene più di 100.000 stelle, circa la metà delle quali è concentrata in 8 anni luce dal centro. Il 10 luglio 2003 il telescopio Hubble ha scoperto un pianeta orbitante attorno a un sistema binario, formato da una pulsar PSR B1620-26, e da una nana bianca. Questo pianeta extrasolare, PSR B1620-26c, viene chiamato anche Matusalemme, a causa della sua età stimata: avrebbe, infatti, circa 13 miliardi di anni. (vedi articolo “Il destino di Antares” del 22 agosto 2010).

M 15 (noto anche come, NGC 7078) è un ammasso globulare situato nella costellazione di Pegaso; è uno degli ammassi più densi della Via Lattea. M 15 può essere osservato con facilità da entrambi gli emisferi terrestri. Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra luglio e dicembre. L’ammasso è uno dei più densi conosciuti: il suo nucleo ha subito una contrazione in passato, forse a causa di un buco nero; questo collasso del nucleo è stato osservato anche in altri ammassi, come M 30. L’ammasso accoglie anche un notevole numero di pulsar e di stelle di neutroni resti di stelle massive “morte” durante la giovinezza dell’ammasso; inoltre, è uno dei pochi ammassi a contenere una nebulosa planetaria.

M 2 (noto anche come NGC 7089) è un ammasso globulare visibile nella costellazione dell’Acquario. Dall’emisfero nord M 2 è un oggetto dei cieli estivi, dall’emisfero sud è caratteristico dei mesi invernali. Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra luglio e novembre. M 2 dista 37.500 anni luce dal Sole e circa 33.500 anni luce dal centro della Via Lattea. Ha un diametro pari a 175 anni luce; contiene all’incirca 150.000 stelle, ed è uno dei più ricchi e compatti ammassi globulari. M 2 ha una magnitudine di 6,5 e con una regione centrale densa e brillante di circa 5′. La magnitudine assoluta dell’ammasso è pari a -9,02, 500.000 volte più luminoso del Sole, che alla stessa distanza apparirebbe come una stella di magnitudine 20,7. Come la maggior parte degli ammassi globulari, la parte centrale di M 2 è molto compressa. Le stelle più brillanti di M 2 sono giganti rosse e gialle di magnitudine 13,1.
Elaborato da Wikipedia
5 – continua

Brillanti emozioni celesti

Le più brillanti nebulose a emissione
Di M 20, M 8 e M 16 abbiamo già parlato nell’articolo “Nebulose diffuse e planetarie: segreti e meraviglie” del 6 marzo 2012
GUM 4 (NGC 2359) 7h18,6m; -13°12’ nel Cane Maggiore (Dic. – Gen. – Feb.)
Anche conosciuto con il nome di “Elmetto di Thor”, la nebulosa consiste in due parti, con quella settentrionale più grande e meno densa.
M 17 (NGC 6618) 18h20,8m; -16°11’ nel Sagittario (Mag. – Giu. – Lug.)
Magnifico oggetto, rivale della Grande Nebulosa di Orione, ma osservabile nel cielo estivo, M 17 è conosciuta come Nebulosa Omega.
CRESCENT NEBULA (NGC 6888) 20h12,0m; +38°21’ nel Cigno (Giu. – Lug. – Ago.)
Questa nebulosa molto difficile da osservare racchiude in sé diversi importanti fenomeni associati con la formazione stellare.La nebulosa è una “bolla scovata dal vento stellare” creato da un vento di alta velocità emanante da una stella di Wolf – Rayet che sta spazzando via tutto il materiale emesso in precedenza durante il suo stadio di gigante rossa.
NEBULOSA PELLICANO (IC 5067-70) 20h50,8m; +44°21’ nel Cigno (Giu. – Lug. – Ago.)
La nebulosa Pellicano è prossima alla Nebulosa Nord America. E’ una regione luminosa di forma triangolare.
NEBULOSA NORD AMERICA (NGC 7000) 20h58,8m; +44°12’ nel Cigno (Lug. – Ago. Sett.).
Si trova ad ovest di Deneb ed è una regione fantastica da osservare al binocolo immersa come è nei fitti campi stellari del Cigno. La nebulosa oscura che è posta fra essa e la Pellicano si rende responsabile delle forme caratteristiche delle due nebulose luminose.
IC 1396 21h39,1m; +57°30’ nel Cefeo/Cigno (Lug. Ago. Set.)
Si tratta di una delle poche nebulose che, sotto condizioni di cielo perfetto, si rende visibile ad occhio nudo.
COCOON NEBULA (IC 5146) 21h 53,4m; +47°16’; nel Cigno (Lug. – Ago. – Set)
L’intera area è una vasta culla stellare.E’ estremamente facile da individuare la nebulosa oscura B 168 al termine della quale si trova la Cocoon Nebula
BUBBLE NEBULA (NGC 7635) 23h20,7m; +61°12’ visibile nella costellazione di Cassiopea verso il confine con Cefeo (Ago. – Set – Ott.)
Si tratta di una regione HII, al cui vertice meridionale è presente una struttura vuota, causata dalla pressione della radiazione di una stella centrale di colore blu di mag. 9, il cui vento stellare raggiunge i 2000 km/s; si tratta di una stella di Wolf- Rayet, la quale è anche responsabile della ionizzazione della nebulosa, che emette luce propria.
NGC 604 01h33,9m; +30°39’ si trova nella costellazione del Triangolo (Set. – Ott. – Nov.)
Si tratta di una nebulosa ad emissione veramente speciale si trova infati in un’altra galassia, M 33, E’ di straordinaria estensione: si pensa sia 1000 volte più grande della Nebulosa di Orione.
NEBULOSA ROSETTA (NGC 2237-39) 06h32,3m; +5°03’ nella costellazione dell’Unicorno (Nov. – Dic. – Gen.).
E’ una nebulosa gigantesca. Le parti più brillanti della Rosetta hanno un loro proprio numero nel catalogo NGC 2237, 2238, 2239 e 2246. Nell’area centrale è presente l’ammasso stellare NGC 2244. La regione è conosciuta come Complesso Molecolare della Rosetta.
CALDWELL 46 (NGC 2261) 06h39,2m; +8°44’ nella costellazione dell’Unicorno (Nov. – Dic. – Gen.).
Conosciuta anche come Nebulosa Variabile di Hubble. La variabilità della nebulosa, notata nel 1916 da Hubble, è dovuta all’effetto oscurante di nubi di polveri che si muovono. La stella centrale della nebulosa è un realtà una stella doppia, formata da due componenti la più luminosa delle quali è circa 10 volte più grande del Sole; tuttavia la loro luce non è osservabile nella banda della luce visibile, ma solo negli infrarossi a causa della densa nebulosità. Probabilmente il sistema è composto dunque da due stelle T – Tauri formatesi circa 300.000 anni fa. La variabilità della nebulosa si pensa che possa essere invece dovuta al fatto che i filamenti di gas vengono espulsi dal disco protoplanetario in una forma a doppio cono, che seguono le linee del campo magnetico della stella, provocando così le variazioni osservabili.
Famose nebulose oscure
BARNARD 228 15h45,5m; -34°24’ nella costellazione del Lupo (Apr. – Mag. – Giu.).
E’ una nebulosa oscura che si presenta come una lunga banda collocata a metà strada fra le stelle psi e chi Lupi.
BARNARD 59, 65-67 (LDN 1773) 17h21,0m; -27°30’ nella costellazione di Ofiuco (Mag. – Giu. – Lug.).
E’ conosciuta come Pipe Nebula. E’ una vasta nube visibile anche ad occhio nudo.
BARNARD 78 (LDN 42) 17h33,0m; -26°30’ nella costellazione di Ofiuco (Mag. – Giu. – Lug.)
Anche B 78 è nota come Pipe Nebula essendo parte della stessa nebulosa, questa rappresenta il “fornello” della pipa e l’altra il “cannello”.
BARNARD 86 (LDN 93) 18h03,0m; -27°53’ nella costellazione del Sagittario (Mag. – Giu. – Lug.) .
Conosciuta anche come Macchia di inchiostro, la B 86 è posta all’interno della Grande Nube Stellare del Sagittario. E’ un esempio quasi perfetto di nebulosa oscura.
BARNARD 87 (LDN 1771) 18h04,3m; -32°30’. Sagittario / Ofiuco (Mag. – Giu. – Lug.).
E’ nota come Nebulosa Pappagallo.
LYNDS 906 20h40,0m; +42°00’ nella costellazione del Cigno (Lug. – Ago. – Set).
Si tratta probabilmente della nebulosa oscura più vasta della volta celeste sopra l‘equatore. Viene anche chiamata Sacco di Carbone Settentrionale. E’ una reione immensa poco a sud di Deneb; si trova al confine settentrionale del Great Rift, un insieme di nebulose oscure che tagliano a metà la Via Lattea. Il Rift è parte di un braccio spirale della nostra Galassia.
BARNARD 33 05h40,9m; -02°28’ si trova nella costellazione di Orione (Nov. – Dic. – Gen.).
Questa è la famosa Nebulosa Testa di Cavallo. Si tratta di una struttura scura e piccola che risalta in negativo contro il chiarore diffuso della nebulosa a emissione IC 434.
Le più brillanti nebulose a riflessione
NGC 1435 03h46,1m; +23°47’ si trova nella costellazione del Toro (Ott. – Nov. – Dic.).
Si trova all’interno dell’ammasso delle Pleiadi . E’ conosciuta anche come nebulosa di Tempel e circonda Merope una delle stelle più brillanti dell’ammasso. La nebulosità avvolge anche diverse altre stelle delle Pleiadi.
CALDWELL 31 (IC 405) 05h16,2m; +34°16’ si trova nella costellazione dell’Auriga (Nov. – Dic. – Gen.).
Conosciuta come Nebulosa Stella Ardente comprende al suo interno diverse nebulose come la IC 405, 410 e 407 più la stella variabile AE Aurigae.
Una Stella per Amica
3 – continua

Dove si trova l’ammasso da cui ebbe origine il Sole?

Un ammasso aperto è un gruppo di stelle nate insieme da una nube molecolare gigante, e ancora unite dalla reciproca attrazione gravitazionale. Sono anche chiamati ammassi galattici, poiché si trovano solo all’interno del disco galattico. Si distinguono dagli ammassi globulari per il minor numero di stelle, un’attrazione gravitazionale meno forte e per il fatto che questi ultimi giacciono esternamente al piano galattico (vedi articolo “Grappoli di stelle” del 26 settembre 2010).
Gli ammassi aperti sono oggetti giovani (astronomicamente parlando), e contengono quindi molte stelle calde e luminose. Questo rende gli ammassi aperti visibili da grandi distanze, nonché una tipologia di oggetti facili da osservare anche con piccoli strumenti. La nube molecolare “genitore” è a volte ancora associata all’ammasso, che ne illumina alcune parti che diventano visibili come una o più nebulose.
Tutte le stelle di un ammasso aperto hanno all’incirca la stessa età e la stessa composizione chimica, perciò ogni eventuale differenza tra di loro è dovuta unicamente alla loro massa. La maggior parte degli ammassi aperti sono dominati dalle loro stelle massicce di classe O e B, che sono molto luminose ma di vita breve. Analizzando la luce proveniente da un ammasso aperto, è possibile stimare la sua età, misurando il rapporto tra le abbondanze di stelle blu, gialle e rosse. Una grande abbondanza di stelle blu indica che l’ammasso aperto è molto giovane. L’uniformità delle stelle di un ammasso lo rende un buon banco di prova per i modelli di evoluzione stellare, perché nel fare confronti tra due stelle, la maggior parte dei parametri variabili è adesso fissa. Il modello in questo modo risulta infatti più semplice.
Le stelle che compongono un ammasso aperto sono inizialmente molto vicine, e si muovono con la stessa velocità attorno al centro della Galassia. Dopo un tempo dell’ordine del mezzo miliardo di anni, un normale ammasso aperto tende ad essere disturbato da fattori esterni; le sue stelle iniziano a muoversi con velocità leggermente differenti e l’ammasso inizia a sfaldarsi. L’ammasso diventa quindi più simile ad una corrente di stelle, le quali non sono abbastanza vicine per essere considerate un ammasso, sebbene siano tutte legate tra di loro e posseggano lo stesso moto proprio.
Gli ammassi aperti si osservano in massima parte in quelle aree di cielo dove corre la scia luminosa della Via Lattea, in particolare in quei tratti in cui questa non appare oscurata da polvere interstellare; diverse centinaia di ammassi sono osservabili direttamente, ad occhio nudo o con l’ausilio di strumenti, mentre una parte può essere osservata soltanto tramite telescopi ad infrarosso.
Sulla volta celeste, gli ammassi aperti osservabili e risolvibili in stelle ad occhio nudo sono relativamente pochi: quello più noto e più luminoso è l’ammasso delle Pleiadi (delle Iadi e delle Pleiadi abbiamo già parlato nell‘articolo “Il profondo cielo delle gelide notte invernali“ del 16 dicembre 2010 e “Ecco il Toro: Aldebaran, M 45 e le Iadi” del 1 agosto 2010), che è visibile anche dalle aree urbane, ed appare come un agglomerato di stelle azzurre, molto vicine fra loro; nell’emisfero boreale domina le notti autunnali e invernali. Un secondo ammasso che appare già risolto ad occhio nudo è quello che forma la costellazione della Chioma di Berenice, noto anche con la sigla Mel 111 (vedi articolo “Il profondo cielo di primavera (da M 81 a NGC 3242) del 4 marzo 2012).
Famosissimo il Doppio Ammasso di Perseo uno degli oggetti più amati e popolari del cielo. Si tratta di una coppia di ammassi aperti che in cielo appaiono così vicini tra di loro che le stelle sembrano mischiarsi (vedi articolo: “Il Doppi Ammasso di Perseo” del 3 ottobre 2010).
Dall’emisfero australe si possono risolvere ad occhio nudo altri ammassi brillanti, anche se meno noti: è il caso delle Pleiadi del Sud o di IC 2391.
Il nome di Pleiadi del Sud o Ammasso di Theta Carinae designa un brillante e appariscente ammasso aperto situato nella costellazione della Carena, posto sul bordo meridionale della Via Lattea australe. Il nome proprio è dovuto al suo aspetto e alla sua grande luminosità, che lo rende simile al ben noto ammasso boreale delle Pleiadi.
È uno degli ammassi aperti più brillanti della volta celeste; nell’emisfero celeste australe è l’ammasso più luminoso ed è visibile perfettamente ad occhio nudo durante tutto l’anno dalle aree temperate australi, dove si presenta circumpolare, in una zona già di per sé molto ricca di gruppi stellari e nebulose.
La sua stella principale, Theta Carinae, costituisce il vertice più settentrionale di un asterismo noto come Croce di diamante. La distanza dell’ammasso, stimata sui 479 anni luce, e il suo moto proprio inducono a ritenere che sia legato alla grande associazione stellare nota come Associazione Scorpius – Centaurus un gruppo di stelle relativamente giovani e luminose ben visibili dall’emisfero australe.
IC 2391 (noto talvolta anche come Ammasso di Omicron Velorum o con la sigla è un brillante ammasso aperto situato nella costellazione australe delle Vele, a 490 anni luce dal Sistema Solare. Si tratta di uno degli ammassi aperti più brillanti del cielo notturno. IC 2391 si individua con grande facilità poco meno di due gradi a nord della brillante stella delta Velorum, una delle quattro componenti dell’asterismo noto come Falsa Croce. È visibile perfettamente anche ad occhio nudo pure nelle notti non eccelse, e si presenta già parzialmente risolto, essendo le componenti principali di magnitudine 4 e 5; un semplice binocolo è sufficiente per terminare del tutto la sua risoluzione, in quanto non contiene nessuna concentrazione di stelle di magnitudine inferiore alla nona. Si presenta dunque come un oggetto molto disperso, sebbene molto appariscente.
Altri ammassi, come quello del Presepe, appaiono come delle macchie chiare e nebulose, apparentemente prive di stelle, mentre se osservati con un binocolo rivelano la loro natura stellare.
L’Ammasso del Presepe noto anche come Ammasso Alveare o con le sigle di catalogo M 44 o NGC 2632 – è un brillante ammasso aperto visibile nella costellazione del Cancro. È uno dei più vicini al Sistema Solare e contiene una ricca popolazione di stelle, più ampia di quelle di altri ammassi aperti vicini. In un cielo nitido l’ammasso appare a occhio nudo come un oggetto nebuloso; definito da Tolomeo “la massa nebulosa nel seno del Cancro”, fu il primo oggetto che Galileo osservò con il suo cannocchiale.
Le sue componenti più luminose sono di mag. 6 e 7 e sono perfettamente visibili con un binocolo anche dai centri urbani. L’età e il moto proprio sono paragonabili a quelli delle Iadi, suggerendo che entrambi gli ammassi abbiano un’origine comune; sia il Presepe sia le Iadi contengono inoltre delle giganti rosse e delle nane bianche, che rappresentano gli ultimi stadi dell’evoluzione stellare più un gran numero di stelle di sequenza principale. Stime sulla sua distanza forniscono cifre che variano da 520 a 610 anni luce, mentre sull’età, stimata sui 580 milioni di anni, vi è maggiore accordo.
(vedi articoli “Da Messier 41 a Messier 50” del 25 maggio 2011 e “Questa è la storia del Granchio che sfidò Eracle” del 13 marzo 2011).
Un semplice binocolo consente di moltiplicare il numero degli ammassi aperti osservabili, oltre che di risolvere quelli già visibili ad occhio nudo; un telescopio amatoriale può offrire degli scorci eccezionali degli ammassi più concentrati, come M 37 nell’Auriga o NGC 3532 nella Carena.
Curiosamente, gli ammassi più luminosi non si osservano in direzione del centro galattico come potrebbe sembrare logico, ma nella direzione opposta, ed in particolare fra le costellazioni dell’Auriga, del Toro, Orione, Poppa, Vele e Carena; ciò è dovuto soprattutto alla presenza in quest’area di cielo del Braccio di Orione ossia quello alla cui periferia interna si trova il nostro Sistema Solare, pertanto gli ammassi in quest’area di cielo sono di gran lunga più vicini di quelli del braccio più interno del nostro, quello del Sagittario, visibile fra il Centauro e l’omonima costellazione. Le località ideali per l’osservazione degli ammassi aperti più brillanti ricadono nell’emisfero australe, in particolare nella fascia tropicale in modo da poter osservare la gran parte della volta celeste, poiché la gran parte degli ammassi aperti si trova nel ramo australe della Via Lattea.
Molti ammassi aperti sono instabili, con una massa sufficientemente piccola da far sì che la velocità di fuga del sistema sia più bassa della velocità media delle stelle che lo formano; questi ammassi tendono a disperdersi rapidamente, entro pochi milioni di anni. In molti casi, l’espulsione del gas da cui l’ammasso si è formato ad opera della pressione di radiazione delle giovani stelle calde riduce la massa dell’ammasso a sufficienza da permettere una veloce disgregazione dello stesso.
Gli ammassi che invece hanno una massa sufficiente per restare integri possono restare tali anche per diverse decine di milioni di anni dopo che i residui nebulosi sono stati spazzati via, sebbene alla lunga tenderanno a disperdersi anch’essi a causa di fattori di destabilizzazione sia interni che esterni. Cause interne possono essere ricercate negli incontri ravvicinati fra le stelle membri: durante l’incontro ravvicinato fra due stelle, la velocità di una delle due può aumentare oltre la velocità di fuga dell’ammasso, causandone l’espulsione dal sistema. Alla lunga questo processo porterà alla progressiva dissoluzione dell’ammasso.
Esternamente, mediamente ogni mezzo miliardo di anni, un ammasso aperto tende ad essere disturbato da fattori esterni, come il transito nei pressi o attraverso una nube molecolare gigante. Le forze gravitazionali di marea generate da questi incontri tendono a destabilizzare e a disgregare l’ammasso; può capitare così che questo diventi una corrente stellare, le cui stelle non sono sufficientemente vicine per essere considerate un ammasso, pur restando tutte legate da un moto che punta nella stessa direzione e a velocità simili. La scala temporale in cui un ammasso si disgrega dipende dalla sua densità stellare iniziale: gli ammassi più densi persistono più a lungo. La vita media di un ammasso, ossia l’età in cui la metà delle componenti degli ammassi si sono allontanate, varia fra i 150 e gli 800 milioni di anni, a seconda della densità iniziale.
Dopo che un ammasso non è più legato gravitazionalmente, molte delle sue componenti stellari si saranno già separate, muovendosi in una direzione comune; l’ammasso si sarà trasformato in una associazione stellare.. Molte delle stelle più luminose del Grande Carro sono membri di un antico ammasso aperto che ora si è disperso, assumendo l’aspetto e le caratteristiche di un’associazione stellare, ora nota come Associazione dell’Orsa Maggiore. Alla fine, la leggera differenza fra le velocità relative delle stelle le porterà a disperdersi nella galassia. Un ammasso più grande è noto invece come corrente stellare (vedi articolo “Associazioni e correnti stellari” del 28 dicembre 2010).
L’ammasso da cui ebbe origine il Sole, formatosi cinque miliardi di anni fa, è ormai completamente dissolto e le sue stelle sono disperse nel disco della galassia, senza possibilità di poterle distinguere dalla popolazione galattica generale (vedi articoli “L’ammasso aperto M 67 e il gemello del Sole …” del 24 settembre 2010; “Dove sono i fratelli del Sole?” del 9 marzo 2011; “L’ammasso che ospitò il Sole? Non è M 67” del 19 gennaio 2012).
Un esempio: NGC 2100 è un ammasso stellare particolarmente brillante e si trova nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea che dista da noi circa 160.000 anni luce. L’ammasso è circondato dal gas rilucente della vicina Nebulosa Tarantola. Come per tutti gli ammassi aperti le stelle che formano NGC 2100 sono legate solo debolmente dalla forza di gravità. Gli ammassi di questo tipo hanno una vita media dell’ordine delle decine o centinaia di milioni di anni, dopodiché si disperdono a causa della reciproca interazione gravitazionale e dalle forze mareali della galassia a cui appartengono.
Una Stella per Amica
2 – continua

Nebulose diffuse e planetarie: segreti e meraviglie

Il termine “oggetto di profondo cielo”, spesso usato nell’astronomia amatoriale, sta ad indicare quegli oggetti del cielo notturno che non sono né stelle né oggetti del Sistema Solare. La maggior parte di questi oggetti non è visibile ad occhio nudo. Semplificando, dunque, fra gli oggetti di profondo cielo troviamo gli ammassi di stelle (aperti o globulari), le nebulose e le galassie. Per trovare questi oggetti i cataloghi più utilizzati nell’astronomia amatoriale sono il Catalogo Messier e il New General Catalogue (vedi articoli “Benvenuti nel Profondo cielo … “ del 2 settembre 2010 dove sono elencati i principali cataloghi di oggetti non stellari e “Il Catalogo Barnard” del 22 marzo 2011, un catalogo astronomico di nebulose oscure). Per quanto riguarda il famoso catalogo Messier lo abbiamo pubblicato tutto sul nostro sito nella categoria Catalogo Messier (110 oggetti).
Quello che proponiamo adesso è un piccolo viaggio fra i più famosi oggetti di profondo cielo, partendo dalle NEBULOSE.
Le nebulose diffuse giocano un ruolo fondamentale nella storia del cosmo, infatti è al loro interno che si formano nuovi astri (vedi la categoria Vita, morte e miracoli … di una stella). Il materiale di cui sono costituite le nebulose diffuse è diviso in due componenti: gas e polveri. Di fatto le nebulose sono regioni in cui il tenue mezzo interstellare si è addensato a causa della gravità, formando nubi che, crescendo di massa e dimensioni, hanno attirato la materia circostante. In alcuni casi tali nubi diventano visibili, poiché le stelle di recente formazione al loro interno ne eccitano gli atomi, rendendole luminose. La nebulosa più brillante del nostro emisfero è quella di Orione, catalogata come M 42.
Vi sono molti esempi di nebulose in cielo, che sostanzialmente possiamo dividere in tre tipi: nebulose a EMISSIONE, nebulose a RIFLESSIONE e nebulose OSCURE, a seconda dei fenomeni che vi avvengono e del loro aspetto all’osservazione. Le prime brillano perché i loro atomi sono eccitati dalla radiazione ultravioletta emessa da giovani stelle vicine e diventano a loro volata sorgente di radiazione. Le seconde invece non emettono radiazione propria ma riflettono quella delle stelle più prossime assumendone il colore; un classico esempio è quello della tenue nebulosità azzurrina che circonda l’ammasso aperto delle Pleiadi.
Le nebulose oscure infine sono dense concentrazioni di polvere che assorbono molto efficacemente la luce e si rendono visibili solo quando dietro di loro vi è una sorgente luminosa sulla quale si possono stagliare.
Una famosa nebulosa oscura del cielo meridionale è la Nebulosa Sacco di Carbone (nota anche come C 99), evidentissima come una grande toppa scura che si sovrappone alla brillante Via Lattea australe. La nebulosa oscura il tratto più meridionale della Via Lattea laddove l’equatore galattico raggiunge il punto più vicino al polo sud celeste; l’area di cielo nei dintorni è invece molto ricca di campi stellari, nebulose brillanti e ammassi di stelle, caratteristica che la fa risaltare particolarmente.
Con una distanza di circa 600 anni luce dal Sole, è una delle nebulose oscure a noi più vicine. La sua declinazione fa sì che questa nebulosa sia osservabile completamente solo a sud del Tropico del Cancro.
Tornando ad oggetti a noi più “accessibili” la Nebulosa Laguna M 8 si trova nel Sagittario ed è associata ad un ammasso aperto. Nell’ammasso aperto NGC 6530 sono osservabili una quarantina di stelle; la loro luce eccita gli atomi della nebulosa che si rende quindi visibile. In M 8 si notano anche vari Globuli di Bok. La distanza di M 8 è di circa 4000 anni luce.
La Nebulosa Laguna fu scoperta da Le Gentil nel 1747, pochi anni dopo, nel 1764 Messier ne fornisce la prima descrizione completa. Si tratta di una delle regioni H II più brillanti della volta celeste ed è visibile anche ad occhio nudo sotto cieli abbastanza limpidi e bui (leggi anche l’articolo “Un inferno nel cuore della Laguna” del 22 settembre 2010).
Sempre nel Sagittario si trova M 20, una tipica nebulosa ad emissione, Si tratta della Nebulosa Trifida così detta per la sua caratteristica forma a tre “spicchi”. Fu scoperta da Le Gentil intorno al 1750 ma la sua prima descrizione risale al 1764 da parte di Messier e fu William Bercheli a distinguere le linee oscure che la dividono in tre settori triangolari, Le zone oscure che dividono in spicchi la nube sono dovute alla presenza di polveri e gas freddi. La distanza di M 20 è di circa 4000 anni luce.
Le stelle che eccitano i suoi gas sono giganti blu; i vari colori sono dati dai diversi elementi: il rosso è tipico dell’idrogeno mentre l’azzurro dell’ossigeno. Le bande oscure sono invece polveri e gas freddi e non illuminati.
Il Telescopio spaziale Hubble ha mostrato nella nube una regione di polvere e gas, una “culla di stelle” piena di embrioni di stelle. Questa nube dista circa 8 anni luce dalla stella centrale della nebulosa. Il piccolo e stretto getto che sporge dalla testa della nube in direzione dell’angolo superiore sinistro è grande circa tre quarti di anno luce (cioè circa 7.000.000.000.000 Km). La fonte del getto è un giovanissimo oggetto stellare nascosto dentro la nube. I getti come questo sono i “gas di scarico” della formazione stellare.
Ancora nel Sagittario nel mezzo della Via Lattea si trova anche M 24 che si estende in una regione galattica situata lungo il Braccio del Sagittario e possiede una lunghezza di circa 600 anni luce; certe volte, a causa della sua notevole estensione (una nube stellare galattica) non viene considerato un “oggetto del profondo cielo” a tutti gli effetti: si tratta infatti di una grande nube di polveri, stelle e gas interstellari la cui forma reale non è quella che è osservabile da Terra, essendo in realtà conferita dalle nubi oscure circostanti, che lasciano intravedere una regione del braccio di spirale fra le più dense della zona e facendolo sembrare un ammasso di stelle a sé stante. La sua distanza è stimata tra i 10.000 e i 16.000 anni luce ed è la concentrazione più densa di stelle individuali visibile usando un binocolo.
All’interno di questo tratto di spirale si trova l’ammasso aperto NGC 6603 di magnitudine 11 e composto da una trentina di stelle a partire dalla dodicesima grandezza e distante circa 10.000 anni luce; le sue stelle più luminose sono di classe spettrale B9.
M 16, la Nebulosa Aquila, venne scoperta da De Cheséaux nel 1746 ed in modo indipendente da Messier quasi 20 anni dopo. Si trova ai margini della costellazione dello Scudo, vicino al confine con la costellazione del Serpente. Al suo interno si nota una regione oscura che dalla parte settentrionale si allunga verso il centro della nube. L’ammasso associato comprende molte decine di stelle. M 16 è una nebulosa ad emissione ma presenta anche una componente a riflessione. La sua distanza è valutata tra 5000 e 11000 anni luce, probabilmente circa 7500.
Oltre a quelle diffuse vi è un’altra classe di nebulose note come PLANETARIE (vedi articolo del 4 marzo 2012 “Nelle nebulose planetarie è scritto il futuro del Sole”). Queste si formano dall’emissione di un guscio di gas da parte di stelle in un avanzato stadio della propria evoluzione.
La più famosa nebulosa planetaria è M 57 (NGC 6720) nella costellazione della Lira. M 57 si trova tra le stelle beta e gamma. La nebulosa è di forma sferica, ma sembra anulare per un effetto prospettico. È stata generata dai resti gassosi degli strati più esterni, espulsi dall’astro quando terminò la propria riserva d’idrogeno nel nucleo. La stella posta al suo interno, nelle ultime fasi della sua vita “normale” e lasciando la sequenza principale, diventò instabile e produsse un fortissimo vento stellare. L’accumulo di gas generò la nebulosa, mentre la stella infine diventò una nana bianca. La temperatura superficiale delle stelle genitrici delle nebulose planetarie sono molto elevate (le temperature tipiche vanno da parecchie decine migliaia di gradi a oltre centomila), quindi emettono prevalentemente radiazione ultravioletta; questa scalda e ionizza il gas circostante le stelle. M 57 è un soggetto ormai non più difficile da osservare con gli strumenti amatoriali. Vi è poi M 27, la Nebulosa Manubrio, nella costellazione della Volpetta.Essa è stata scoperta nel 1764 da Messier. La nebulosa dista circa 1360 anni luce. Nel 1992 è stato determinato che il tasso di espansione sul piano del cielo di questa nebulosa non è superiore ai 2,3′ al secolo: in conseguenza a ciò, può essere determinato un limite di età massima che si aggira sui 14.600 anni. Nel 1970 fu invece calcolata la velocità di espansione reale, pari a 31 Km/s. La stella centrale è una nana bianca.
La Nebulosa Manubrio è piuttosto facile da localizzare, trovandosi circa tre gradi a nord della stella gamma Sagittae, di mag. 3,5; è visibile con facilità anche con un binocolo 10×50 e, se la notte è molto buia e limpida, anche con strumenti più piccoli, come un 8×30.
Per riassumere dunque le nebulose diffuse si dividono in tre categorie. Le nebulose a EMISSIONE, nubi i cui atomi sono eccitati dalla radiazione emessa da stelle vicine giovani e brillanti. In questo caso la radiazione viene prima assorbita dalla nube e poi nuovamente emessa. Le nebulose a RIFLESSIONE, cioè nubi i cui atomi riflettono solamente la luce delle stelle vicine, per cui appaiono dello stesso colore delle stelle di cui riflettono la luce. Infine le nebulose OSCURE sono regioni di polveri che impediscono di vedere ciò che di luminoso si trova dietro di esse.
Per quanto riguarda infine le nebulose PLANETARIE sono il prodotto delle ultime fasi della vita di una stella di massa medio-grande (si ipotizza da 0,8 a 4 volte quella del Sole). Quando raggiunge la fine della propria vita, essa espelle i propri strati esterni in vari episodi di reazioni di fusione nucleare. Mentre la stella genitrice si contrae in una nana bianca, il gas eiettato forma una nube di materiale attorno ad essa, che si espande con grande velocità. È questa nube ad essere chiamata nebulosa planetaria.
Altri articolo si questo argomento sono: “La nube molecolare del Toro” del 15 febbraio 2012; “Una “Gallina in fuga” sotto osservazione” del 21 settembre 2011; “La nebulosa a riflessione M 78” del 16 febbraio 2011; “La nebulosa IC 443” del 12 dicembre 2010”; “Un vivaio stellare nell’Unicorno” del 6 ottobre 2010; “Tutti i colori dell’Elica nell’Acquario” del 19 gennaio 2012 e “Una Testa di Strega in Eridano” del 19 giugno 2011.
Una Stella per Amica
1 – continua

Oltre il catalogo Messier

Articolo tratto da “Oltre Messier” (Gli oggetti più belli del cielo non compresi nel catalogo Messier di Enrico Moltisanti). Di seguito alcuni degli oggetti riportati nel bel volume sopra citato.
NGC 891 è una galassia a spirale distante 31 milioni di anni luce nella costellazione di Andromeda. Si tratta di uno degli esempi più spettacolari di galassia spirale vista quasi esattamente di taglio. E’ molto agevole da rintracciare ad est della famosa stella tripla gamma And.
Tombaugh 5 è un ammasso aperto distante 6000 anni luce nella costellazione della Giraffa. Il famoso astronomo statunitense Clyde W. Tombaugh nel corso del suo monumentale lavoro di ricerca che lo portò a scoprire il pianeta Plutone nel 1930 coprì buona parte della volta celeste con numerose riprese fotografiche. Grazie ad esse fu possibile scoprire un gran numero di nuovi oggetti, ovvero oltre 15.000 galassie, un ammasso di galassie, oltre 1800 stelle variabili, circa 775 nuovi asteroidi, una cometa, un ammasso globulare e cinque ammassi aperti. Uno di questi ultimi è appunto Tombaugh 5.
NGC 1499 è una nebulosa ad emissione distante 1800 anni luce nella costellazione del Perseo. Si tratta della famosa “Nebulosa California”, una vasta nebulosa ad emissione osservabile con grandissima difficoltà a causa della luminosità superficiale estremamente bassa.
NGC 2024 è una nebulosa ad emissione distante 2000 anni luce nella costellazione di Orione. Si trova immediatamente ad est di Alnitak. NGC 2024 è divisa in due da una marcata banda oscura.
NGC 2237/38/39 è una nebulosa ad emissione distante 5500 anni luce nella costellazione dell’Unicorno. Si tratta della famosa “Rosetta” situata 2° ad est rispetto alla stella 8 Mon.
NGC 2244 è un ammasso aperto distante 5500 anni luce nella costellazione dell’Unicorno. Si tratta di un giovanissimo ammasso aperto formato da molte stelle, fra cui alcune particolarmente luminose che sono straordinarie giganti blu di spettro O quasi 20.000 volte più luminose del Sole.
NGC 2392 è una nebulosa planetaria distante 3000 anni luce nella costellazione dei Gemelli. Si tratta della famosa “Nebulosa Eskimo” o anche “Nebulosa faccia di clown”.
NGC 3115 è una galassia spirale distante 22 milioni di anni luce nella costellazione del Sestante. Il Sestante non è una costellazione molto conosciuta eppure è facilemnte visibile immediatamente sotto il Leone, a sud di Regolo (Alfa Leo). E’ stata chiamata “Galassia fuso”.
NGC 3242 è una nebulosa planetaria distante 2500 anni luce nella costellazione dell’Idra. “The Ghost of Jupiter” cioè il fantasma di Giove è il bizzarro soprannome di questo oggetto che in effetti può ricordare il pianeta gigante gassoso a causa della sua forma tondeggiante.
NGC 4565 è una galassia spirale distante 32 milioni di anni luce nella costellazione della Chioma di Berenice. Si tratta di una vera e propria meraviglia celeste: una galassia spirale osservata esattamente di taglio. NGC 4565 è facile da trovare direttamente ad est di 17 Com, la stella posta in basso a sinistra nella figura ad Y rovesciata della Chioma di Berenice.
NGC 6543 è una nebulosa planetaria distante 3500 anni luce nella costellazione del Dragone. Tra gli oggetti più spettacolari del cielo purtroppo non si tratta di un oggetto molto semplice da trovare.
NGC 6826 è una nebulosa planetaria distante 3300 anni luce nella costellazione del Cigno. E’ chiamata “Planetaria lampeggiante” a causa di un curioso fenomeno ottico.
NGC 6888 è una nebulosa ad emissione distante 2500 anni luce nella costellazione del Cigno. A causa della sua forma caratteristica è stata chiamata “Nebulosa Luna crescente”. E’ visibile in direzione di una delle zone in assoluto più densamente popolate di stelle della Via Lattea.
NGC 6960 è un residuo di supernova distante 6500 anni luce nella costellazione del Cigno. Circa 40000 anni fa improvvisamente apparve una stella estremamente brillante, si trattava di una supernova. Noi oggi vediamo il residuo gassoso espulso dalla supernova occupare in cielo una sfera di circa 300 anni luce.
NGC 7000 è una nebulosa ad emissione distante 2600 anni luce nella costellazione del Cigno. Si tratta della famosa Nebulosa Nord America. NGC 7000 è eccitata a splendere dall’emissione ultravioletta della stella HD 199579 di mag. 6.0 e spettro O6.
NGC 7009 è una nebulosa planetaria distante 3000 anni luce nella costellazione dell’Acquario. E’ un oggetto molto famoso chiamato “Nebulosa Saturno”
IC 1396 è un ammasso aperto con nebulosa ad emissione distante 2600 anni luce nella costellazione del Cefeo. Al centro dell’ammasso vi è la brillante stella HD 206267. La nebulosa si estende a nord – est fino a comprendere la luminosa “Garnet Star”, cioè la Stella Granata. E’ una supergigante rossa di spettro M2 Ia variabile semiregolare fra le mag. 3,4 e 5,1 con un periodo di 730 giorni.
NGC 7662 è una nebulosa planetaria distante 4000 anni luce nella costellazione di Andromeda. Il simpatico soprannome di questa nebulosa è “Palla di neve blu”.
13 – continua

Voci precedenti più vecchie