Tempesta sorprendente nel cielo di Nettuno

Il telescopio spaziale Hubble ha osservato un misterioso vortice su Nettuno allontanarsi improvvisamente dalla sua probabile morte in prossimità dell’equatore del gigantesco pianeta blu. La tempesta in questione, che è più ampia dell’Oceano Atlantico, è nata nell’emisfero settentrionale del pianeta ed è stata scoperta da Hubble nel settembre 2018. Un anno dopo, nuove osservazioni hanno mostrato come abbia iniziato a spostarsi in direzione sud, verso l’equatore, dove si prevedeva sarebbe svanita alla vista, dissolvendosi. Con grande sorpresa però, Hubble ha visto che il vortice ha cambiato direzione prima dello scorso agosto, dirigendosi nuovamente a nord. Sebbene negli ultimi 30 anni il telescopio spaziale abbia osservato simili macchie scure, questo comportamento atmosferico imprevedibile è stato qualcosa di assolutamente sorprendente.

La Grande tempesta

Altrettanto sorprendente è stato osservare che la tempesta non era sola. Nel gennaio di quest’anno, Hubble ha infatti individuato un’altra macchia scura più piccola che è apparsa temporaneamente vicino alla più grande. Potrebbe essersi trattato di una parte del gigantesco vortice che si è ”staccata” dalla principale, andando alla deriva per poi scomparire nelle successive osservazioni. Non era mai stato osservato un fenomeno simile, sebbene previsto dalle simulazioni. La grande tempesta – che ha un diametro di 7400 chilometri – è la quarta macchia scura che Hubble ha osservato su Nettuno dal 1993. Altre due tempeste sono state scoperte dalla sonda Voyager 2 nel 1989 mentre volava vicino al lontano pianeta, ma erano già scomparse prima che Hubble potesse osservarle. Da allora, solo Hubble ha avuto la risoluzione e la sensibilità, nella luce visibile, per seguire queste caratteristiche sfuggenti, che sono apparse in sequenza e poi sono svanite, per una durata di circa due anni ciascuna. I vortici scuri di Nettuno sono sistemi ad alta pressione che possono formarsi alle medie latitudini e migrare verso l’equatore. Iniziano rimanendo stabili a causa della forza di Coriolis, che fa ruotare in senso orario le tempeste dell’emisfero settentrionale, per via della rotazione del pianeta. Da notare che queste tempeste sono diverse dagli uragani sulla Terra, che ruotano in senso antiorario perché sono sistemi a bassa pressione. Tuttavia, quando una tempesta si sposta verso l’equatore, l’effetto Coriolis si indebolisce e la tempesta si dissolve. Questo comportamento è stato confermato da varie simulazioni al computer effettuate da diversi team ma, a differenza delle simulazioni, l’ultima tempesta gigante non è migrata nella “kill zone” equatoriale.

Le osservazioni di Hubble

Le osservazioni di Hubble hanno anche rivelato che l’inversione del percorso del vortice si è verificata nello stesso momento in cui è apparsa una nuova macchia scura più piccola – di circa 6300 chilometri di diametro –in prossimità del lato della macchia principale che si affaccia verso l’equatore, in una zona nella quale alcune simulazioni mostrano che si sarebbe verificato un disturbo. Tuttavia, i tempi di comparsa della macchia più piccola sono strani. «Quando ho visto per la prima volta la macchia più piccola, ho pensato che quella più grande fosse stata distrutta», riferisce Michael H. Wong dell’Università di Berkeley. «Non pensavo si stesse formando un altro vortice perché quello piccolo è più lontano, verso l’equatore, all’interno di questa regione di instabilità. Tuttavia non possiamo provare che i due vortici siano collegati. Rimane un completo mistero. È stato nel mese di gennaio che il vortice scuro ha interrotto il suo movimento e ha iniziato a muoversi di nuovo verso nord», aggiunge Wong. «Forse, spargere quel frammento è stato sufficiente a impedirgli di spostarsi verso l’equatore». I ricercatori stanno continuando ad analizzare ulteriori dati per capire se resti della macchia più piccola sono persistiti per il resto del 2020.

Il modo in cui queste tempeste si formano è ancora un mistero, ma quest’ultimo gigantesco vortice è sicuramente il meglio studiato finora. L’aspetto “scuro” della tempesta potrebbe essere dovuto a un denso strato di nubi scure e potrebbe indicare agli astronomi una struttura verticale della tempesta. Un’altra caratteristica insolita della macchia scura è l’assenza di nubi luminose attorno a essa, che erano invece presenti nelle immagini di Hubble scattate quando il vortice è stato scoperto nel 2018. Apparentemente, le nubi sono scomparse quando il vortice ha interrotto il suo viaggio verso sud. Le nubi luminose si formano quando il flusso d’aria viene perturbato e deviato verso l’alto sopra il vortice, causando il probabile congelamento dei gas in cristalli di ghiaccio di metano. Secondo i ricercatori, la mancanza di nubi potrebbe rivelare informazioni su come si evolvono le macchie. Hubble ha scattato molte delle immagini delle macchie scure nell’ambito del programma Outer Planet Atmospheres Legacy (Opal), un progetto a lungo termine guidato da Amy Simon del Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt, nel Maryland, che acquisisce ogni anno mappe globali dei pianeti esterni del nostro Sistema solare, quando si trovano nei punti delle loro orbite più vicini alla Terra. Gli obiettivi principali di Opal sono studiare i cambiamenti stagionali a lungo termine, nonché catturare eventi relativamente transitori, come la comparsa di macchie scure su Nettuno o su Urano. Queste tempeste potrebbero essere così fugaci che in passato alcune di esse potrebbero essere apparse e svanite durante gli intervalli pluriennali nelle osservazioni di Nettuno da parte di Hubble. Il programma Opal assicura che gli astronomi non ne perdano altre, garantendo più continuità nelle osservazioni. Media Inaf

Il 23 settembre 1846 Johann Gottfried Galle osserva Nettuno

Johann Gottfried Galle (Radis, 9 giugno 1812 – Potsdam, 10 luglio 1910) è stato un astronomo tedesco. Grazie all’assistenza dell’allievo Heinrich Louis d’Arrest, riuscì per primo ad osservare il pianeta Nettuno il 23 settembre 1846. La posizione prevista del pianeta gli era stata fornita dai calcoli del matematico ed astronomo francese Urbain Le Verrier dell’Osservatorio di Parigi. Cominciò a lavorare come assistente di Johann Franz Encke nel 1835, subito dopo il completamento dell’Osservatorio di Berlino. Nel 1851 si mosse verso Breslavia per diventare professore di astronomia ed divenne presto direttore dell’osservatorio locale. Durante la sua carriera studiò le comete e nel 1894 (con l’aiuto del suo figlio Andreas Galle) pubblicò una lista di 414 comete. Egli stesso precedentemente scoprì tre comete (dal 2 dicembre 1839 al 6 marzo 1840). L’ipotesi di Galle sulla presenza di un nuovo corpo planetario, messa a punto nel 1845, derivava da una riduzione e una discussione critica delle osservazioni di Ole Rømer dei transiti meridiani delle stelle e dei pianeti, eseguite nei giorni dal 20 ottobre al 23 ottobre 1706. Intorno al 1845, Galle, trasmise una copia delle sue considerazioni a Urbain Le Verrier, ma ebbe una risposta soltanto l’anno successivo, il 18 settembre 1846. Le Verrier raggiunse Galle il 23 settembre dello stesso anno e gli suggerì di osservare una determinata regione del cielo per trovare il nuovo pianeta, in grado di spiegare le perturbazioni nell’orbita di Urano. La stessa notte, dopo che Encke, nonostante il suo scetticismo, gli diede il permesso, fu trovato un oggetto che, nelle successive due serate di osservazioni, si confermò essere l’ottavo pianeta del sistema solare: Nettuno.

Le “strane” lune di Nettuno

Il pianeta Nettuno ha quattordici satelliti naturali, che prendono il nome dalle divinità marine minori della mitologia greca. Il più grande di essi è di gran lunga Tritone, scoperto da William Lassell il 10 ottobre 1846, solo 17 giorni dopo la scoperta di Nettuno. Dovette passare più di un secolo prima della scoperta del secondo satellite naturale, Nereide. Tra le lune con massa planetaria, Tritone è l’unico satellite irregolare, con un’orbita che è retrograda rispetto alla rotazione di Nettuno e inclinata rispetto all’equatore dello stesso, il che sta ad indicare che probabilmente non si è formato con Nettuno ma ne è stato invece catturato gravitazionalmente. Il secondo satellite irregolare più grande del Sistema Solare, la luna di Saturno Febe, ha solo lo 0,03% della massa di Tritone. La cattura di Tritone, verificatasi probabilmente qualche tempo dopo la formazione del sistema satellitare, fu un evento catastrofico per i satelliti originari di Nettuno, le cui orbite subirono perturbazioni in misura tale da farli collidere fino a formare un disco di macerie. Tritone è abbastanza massiccio da aver raggiunto l’equilibrio idrostatico e da riuscire a mantenere una sottile atmosfera capace di formare nubi e foschie. All’interno di Tritone ci sono sette piccoli satelliti regolari con orbite dirette giacenti in piani vicini al piano equatoriale di Nettuno; qualcuno orbita tra gli anelli di Nettuno. Dei sette satelliti, il più grande è Proteo. Essi si sono formati dal disco di macerie generato dopo la cattura del Tritone e dopo che l’orbita di quest’ultimo era diventata circolare. All’esterno di Tritone, ci sono altri sei satelliti irregolari, tra cui Nereide, con orbite ad alta inclinazione e molto più lontane da Nettuno: tre di essi hanno orbite dirette, mentre quelle degli altri sono retrograde. In particolare, Nereide ha un’orbita insolitamente stretta ed eccentrica per un satellite irregolare; secondo un’ipotesi, una volta era stato un satellite regolare che, alla cattura di Tritone, fu così perturbato da assumere la sua attuale posizione. I due satelliti irregolari più esterni di Nettuno, Psamate e Neso, hanno le orbite più estese di tutti i satelliti naturali scoperti fino ad oggi nel Sistema Solare. Le lune di Nettuno possono essere suddivise in due gruppi: regolari e irregolari. Il primo gruppo comprende le sette lune interne, che seguono orbite circolari dirette giacenti nel piano equatoriale di Nettuno. Il secondo gruppo è costituito da tutte le altre lune, tra cui Tritone. Esse seguono perlopiù orbite eccentriche e inclinate, spesso retrograde e lontano da Nettuno; l’unica eccezione è Tritone, che orbita vicino al pianeta seguendo un’orbita circolare, retrograda e inclinata. In ordine di distanza da Nettuno, le lune regolari sono: Naiade, Talassa, Despina, Galatea, Larissa, S/2004 N 1, e Proteo. Naiade, la luna regolare più vicina, è anche la seconda più piccola tra le lune interne (dopo la scoperta di S/2004 N 1), mentre Proteo è la luna regolare più grande (la seconda più grande di Nettuno). Le lune interne sono strettamente associate con gli anelli di Nettuno. I due satelliti più interni, Naiade e Talassa, orbitano tra l’anello Galle e l’anello Le Verrier.[4] Despina potrebbe essere una luna pastore dell’anello Le Verrier, in quanto la sua orbita si trova proprio all’interno di questo anello. La luna successiva, Galatea, orbita appena dentro al più importante anello di Nettuno, l’anello Adams. Questo anello è molto stretto, con una larghezza non superiore a 50 km, e ha incorporati cinque archi brillanti. La gravità di Galatea tende a confinare le particelle dell’anello in una regione limitata in direzione radiale, non permettendo così all’anello di allargarsi.

In ordine di distanza dal pianeta, le lune irregolari sono: Tritone, Nereide, Alimede, Sao, Laomedea, Neso e Psamate, un gruppo che comprende oggetti con orbite sia dirette che retrograde. Le cinque lune più esterne sono simili alle lune irregolari degli altri pianeti giganti; si ritiene che siano state catturate gravitazionalmente da Nettuno, a differenza dei satelliti regolari, che probabilmente si sono formati in situ. Nereide è la terza luna di Nettuno per grandezza. Ha un’orbita diretta e molto eccentrica. Si ritiene che sia stato un satellite regolare, successivamente spostato nella sua orbita attuale dalle interazioni gravitazionali durante la cattura di Tritone. Tracce di ghiaccio d’acqua sono state rilevate spettroscopicamente sulla sua superficie. Tra le altre lune irregolari, Sao e Laomedea seguono orbite dirette, mentre Alimede, Psamate e Neso seguono orbite retrograde. Data la somiglianza delle loro orbite, è stato proposto per Neso e Psamate un’origine comune dalla rottura di una luna più grande. Psamate e Neso hanno le orbite più estese di tutti i satelliti naturali scoperti nel Sistema Solare ad oggi. Impiegano 25 anni per orbitare Nettuno a una distanza media di 125 volte quella tra la Terra e la Luna. Nettuno ha la sfera di Hill più estesa nel sistema solare, grazie soprattutto alla sua grande distanza dal Sole; questo gli permette di mantenere il controllo di lune così lontane.

La distribuzione della massa delle lune di Nettuno è la più sbilanciata tra quelle dei satelliti degli altri giganti gassosi del Sistema Solare. Una luna, Tritone, contribuisce per quasi tutta la massa del sistema, mentre tutte le altre lune contribuiscono insieme solo per uno 0,3 per cento circa. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che Tritone è stato catturato successivamente alla formazione del sistema satellitare originario di Nettuno, gran parte del quale potrebbe essere stato distrutto durante il processo di cattura. Durante la fase della cattura, l’orbita fortemente eccentrica di Tritone gettò caos nelle orbite dei satelliti interni originari di Nettuno, facendoli collidere e riducendoli a un disco di macerie. Ciò significa che verosimilmente gli attuali satelliti interni di Nettuno non sono i corpi originari che si formarono insieme ad esso. Solo dopo che l’orbita di Tritone era diventata quasi circolare, alcune macerie poterono accrescere nuovamente nelle lune regolari di oggi. Questa considerevole perturbazione potrebbe essere forse la ragione per cui il sistema satellitare di Nettuno non segue il rapporto di 10 000:1 tra massa del pianeta madre e quella globale di tutte le sue lune verificato nei sistemi satellitari degli altri giganti gassosi. Il meccanismo di cattura di Tritone è stato oggetto di diverse teorie nel corso degli anni, una delle quali ipotizza che Tritone fu catturato in un incontro a tre corpi. In questo scenario, Tritone è il membro superstite di un oggetto binario della fascia di Kuiper scombussolato dal suo incontro con Nettuno.

Tritone mappato da cima a fondo

Non è raro che vecchie pellicole ormai usurate dal tempo vengano restaurate tornando a nuova vita nel mondo del cinema. La stessa cosa è accaduta alle immagini che per prime hanno ritratto la luna di Nettuno, Tritone, nel lontano 1989, quando la sonda della NASA Voyager 2 effettuò il primo fly-by sorvolandola da una distanza di circa 40 mila chilometri. Adesso con queste immagini è stata realizzata la più accurata mappa globale a colori del satellite appartenente all’ultimo pianeta del Sistema solare. Paul Schenk, uno scienziato del Lunar and Planetary Institute a Houston, ha utilizzato le vecchie immagini anche per realizzare un’animazione che ricrea lo storico incontro tra Voyager 2 e la luna, avvenuto esattamente il 25 agosto di 25 anni fa.  Quella rilasciata dalla NASA è una mappa eccezionalmente dettagliata, con risoluzione di 600 metri per pixel, di uno dei principali satelliti naturali del Sistema solare esterno, nonché uno dei più massicci. L’elaborazione è stata realizzata esaltando i colori e i loro contrasti, senza però stravolgerli: secondo gli esperti le immagini dovrebbero rappresentare le tinte naturali di Tritone, anche se la strumentazione della sonda Voyager 2 possedeva una visione leggermente diversa da quella dell’occhio umano. Nel 1989, la maggior parte dell’emisfero settentrionale era nelle tenebre e non era visibile dalle ottiche della sonda della NASA: a causa della velocità di Voyager 2 (25 chilometri al secondo) e della lenta rotazione di Tritone, un solo emisfero è stato visto chiaramente a distanza ravvicinata, mentre il resto della superficie era o al buio o è stato ripreso in maniera sfocata.  “Dopo 25 anni abbiamo dimenticato forse quanto strana ed esotica sia davvero la luna Tritone!”, ha scritto Schenk in un post sul suo blog. “L’effettiva età della superficie può essere attorno ai 10 milioni di anni, il che implica chiaramente che i fenomeni geologici sono ancora piuttosto attivi oggi”, ha aggiunto. La sonda Voyager 2 non si è limitata solo a fotografare la luna, ma ha anche scoperto dei pennacchi nell’atmosfera di Tritone, che lo rendono uno degli oggetti più attivi nel Sistema solare esterno, insieme alla luna di Giove Io e alla luna di Saturno Enceladus. La mappa copre l’intervallo che va dai tre giorni precedenti all’incontro, fino a tutta la settimana successiva della traiettoria in uscita e per cercare di riprodurre, più o meno fedelmente, i colori reali sono stati utilizzati l’arancione, il verde e il blu. La mappa è un’anteprima di quello che la sonda New Horizons potrebbe mostrarci quando arriverà vicino Plutone fra un anno (il 14 luglio 2015). Gli scienziati cercheranno di comparare i dati di Tritone con quelli che varranno raccolti su Plutone per capire le differenze o le similitudini nella loro storia e nella loro formazione. Entrambi i corpi hanno avuto origine nel Sistema solare esterno, ma Tritone è stato catturato da Nettuno e ha subito una storia termica radicalmente diversa da quella Plutone. È improbabile che Plutone sia una copia esatta di Tritone, ma alcune caratteristiche della superficie e dell’interno potrebbero essere già state svelate da Voyager 2: la luna di Nettuno è leggermente più grande di Plutone, ha una densità interna e una composizione molto simile, e ha gli stessi elementi volatili ghiacciati sulla sua superficie. Su entrambi i corpi si trovano monossido di carbonio, anidride carbonica, metano e azoto ghiacciato.
di Eleonora Ferroni (INAF)
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Il campo magnetico su Nettuno

La caratteristica del campo magnetico di Nettuno è importante perché permette di capire quello che avviene nella parte più interna del pianeta.
Perché si formi un campo magnetico, si ritiene che un pianeta debba soddisfare ad alcune condizioni:
1. ci deve essere una regione interna al pianeta che è liquida;
2. ci deve essere una regione che conduce elettricità;
3. ci deve essere una fonte di energia che pone la regione in movimento e che la mantiene in movimento.
Il campo magnetico di Nettuno è inclinato di 47 gradi rispetto all’asse di rotazione del pianeta, ed è fuori asse di circa 0.55 raggi, ossia 13 500 chilometri dal centro fisico del pianeta. Questo comporta che il campo magnetico del pianeta sia originato all’interno di un mantello fluido che circola attorno ad un nucleo solido.
Le correnti elettriche producono un’azione di dinamo entro il pianeta e devono essere relativamente vicine alla superficie di quanto non lo siano nel caso della Terra, o di Giove o di Saturno.
L’intensità del campo magnetico varia in superficie e dipende di quale emisfero si misura, da un valore massimo di circa 1 Gauss nell’emisfero sud, ad un minimo di 0,1 Gauss nell’emisfero nord. Il campo magnetico all’equatore nel caso della Terra è di 0,32 Gauss in superficie.
A causa della sua insolita orientazione e dell’inclinazione dell’asse di rotazione di questo pianeta, il campo magnetico passa attraverso drammatici cambiamenti man mano che il pianeta ruota sotto l’influenza del vento solare.
Il primo dato relativo al campo magnetico di Nettuno da parte della sonda Voyager è stato il rilevamento di emissioni radio periodiche dal pianeta con una periodicità di 16,11 ore. Queste emissioni radio sono dovute alle particelle cariche intrappolate nel campo magnetico di Nettuno. La periodicità di 16.11 ore è il periodo di rotazione del pianeta, che fu confermato dalle osservazioni dei dettagli visibili sulla superficie.
Il campo magnetico ha fornito un altro indizio sulla struttura del pianeta e sul suo comportamento. Gli osservatori sulla Terra non erano mai stati in grado di determinare la durata del giorno su Nettuno. I moti delle nubi sono un debole indicatore della rotazione della massa del pianeta, poiché essi vengono perturbati dai forti venti e variano notevolmente con la latitudine.
La miglior stima che si è avuta al telescopio è stato il periodo di rotazione di circa 18 ore. Il migliore indicatore del periodo di rotazione interna del pianeta è lo studio delle onde radio periodiche generate dal campo magnetico. Lo strumento radio a bordo della sonda Voyager fu in grado di misurare queste onde radio periodiche e di determinare che velocità di rotazione dell’interno di Nettuno è di 16 ore e 7 minuti.
Il Voyager ha anche rilevato delle aurore sul pianeta, simile a quelle che si osservano nell’emisfero nord e sud del nostro pianeta. Le aurore sulla Terra si verificano quando particelle energetiche colpiscono l’atmosfera mentre spiraleggiano lungo le linee del campo magnetico. Ma a causa del complesso campo magnetico di Nettuno, le aurore sono processi molto complessi che si verificano su vaste regioni del pianeta, non solo in corrispondenza dei poli magnetici del pianeta.
La potenza delle aurore è debole, si stima circa 50 milioni di Watt, rispetto ai 100 miliardi di Watt che si misurano per quelle terrestri.
Sabrina GruppoLocale.it

Misterioso Nettuno

Nettuno è un pianeta ancora molto misterioso. E’ il pianeta più esterno del sistema solare, visitato finora da una unica sonda spaziale, Voyager 2, che transitò vicino ad esso nel 1989. Questo non vuol dire che Nettuno non venga oggi osservato e studiato.
L’immagine del pianeta e di alcuni tra i suoi satelliti (pubblicata su sito INAF) è stata realizzata nel giugno del 2011, combinando diverse osservazioni dell’Hubble Space Telescope, il telescopio spaziale frutto della collaborazione tra NASA ed ESA, in orbita intorno alla Terra.
La più luminosa delle lune visibili è Tritone, sicuramente il satellite più interessante di Nettuno, l’unica che segue un’orbita retrograda intorno al pianeta, portando i ricercatori a pensare che Tritone sia un oggetto catturato da Nettuno in un secondo momento e che non si sia formato nella stessa regione della nebulosa solare del pianeta. Tritone risulta inoltre sorprendentemente attivo geologicamente. La sua superficie è relativamente recente e povera di crateri. All’epoca del fly-by della sonda Voyager 2 presentava numerosi vulcani ghiacciati e geyser attivi.
Sono 13 le lune di Nettuno note finora.
di Livia Giacomini (INAF)

Il giorno preciso di Nettuno (15 ore, 57 minuti e 59 secondi)

La prima accurata misurazione del periodo rotazionale di Nettuno è stata determinata attraverso il periodo di rotazione di alcuni dettagli superficiali evidenti. Un giorno su Nettuno dura precisamente 15 ore, 57 minuti e 59 secondi.
Questa scoperta si aggiunge alle nostre conoscenze delle caratteristiche fondamentali di Nettuno e fornisce un meccanismo per comprendere in che modo la massa del pianeta è distribuita. Lo studio potrebbe portare anche ad una miglior comprensione del gigante gassoso in generale.
Nei primi anni Cinquanta, gli astronomi sapevano delle emissioni radio di Giove, prodotte dai campi magnetici generati dalla rotazione del nucleo interno del pianeta. […] Più di una decade dopo la Voyager 2, la missione Cassini ha scoperto che gli emisferi di Saturno possiedono due diversi periodi di rotazione. Il metodo delle radio emissioni, quindi, venne messo un po’ da parte, perchè inaccurato a causa del vento solare e di altri fattori. I pianeti gassosi ruotano come bolle di gas liquido, il che rende complicato stimare esattamente la rotazione del nucleo. Anziché utilizzare missioni molto costose, sono state visionate immagini già disponibili nell’archivio di Hubble. Lo studio, pubblicato su Icarus, rivista ufficiale della Division for Planetary Sciences of the American Astronomical Society, ha compreso centinaia di immagini molto dettagliate. Il team ha misurato la rotazione di Nettuno partendo da due ben visibili macchie superficiali, misurandone la longitudine in ciascuna immagine e determinando il tempo intercorso fino ad arrivare al periodo di rotazione. Dal momento che Nettuno ha ruotato circa 10.000 volte in 20 anni, si è potuto risalire al periodo corretto. Le macchie utilizzate sono state la Dark Spot 2 e la South Polar Feature. Il risultato è uno dei più grandi miglioramenti nella determinazione del periodo rotazionale di un pianeta gassoso degli ultimi 350 anni, da quando l’astronomo italiano Giandomenico Cassini osservò la macchia rossa di Giove.
Fonte: COSMOS (Skylive)

Nettuno, il gigante ghiacciato

Nettuno è l’ottavo e più lontano pianeta del Sistema Solare. Fu scoperto la sera del 23 settembre 1846 da Johann Gottfried Galle con il telescopio dell’Osservatorio astronomico di Berlino.Nettuno fu il primo pianeta ad essere stato trovato tramite calcoli matematici più che attraverso regolari osservazioni: cambiamenti insoliti nell’orbita di Urano lasciarono credere agli astronomi che vi fosse, all’esterno, un pianeta sconosciuto che ne perturbasse l’orbita. Il pianeta fu scoperto entro appena un grado dal punto previsto. La luna Tritone fu individuata poco dopo, ma nessuno degli altri 12 satelliti naturali di Nettuno fu scoperto prima del XX secolo. Il pianeta è stato visitato da una sola sonda spaziale, la Voyager 2 che transitò vicino ad esso il 25 agosto 1989.
Nettuno ha una composizione simile a quella di Urano ed entrambi hanno composizioni differenti da quelle dei più grandi pianeti gassosi Giove e Saturno.
A causa di ciò talvolta gli astronomi collocano questi due pianeti in una categoria separata, i cosiddetti “giganti ghiacciati”. L’atmosfera di Nettuno sebbene sia simile a quella di Giove e Saturno, essendo composta principalmente da idrogeno ed elio, possiede anche maggiori proporzioni di “ghiacci”, come acqua, ammoniaca e metano, assieme a tracce di idrocarburi e forse azoto. In contrasto, l’interno del pianeta è composto essenzialmente da ghiacci e rocce come il suo simile Urano. Le tracce di metano presenti negli strati più esterni dell’atmosfera contribuiscono a conferire al pianeta Nettuno il suo caratteristico e bellissimo colore azzurro intenso.
Nettuno possiede i venti più forti di ogni altro pianeta nel Sistema Solare: sono state misurate raffiche a velocità superiori ai 2100 km/h. All’epoca del sorvolo da parte della Voyager 2, nel 1989, l’emisfero sud del pianeta possedeva una Grande Macchia Scura, comparabile con la Grande Macchia Rossa di Giove; la temperatura delle nubi più alte di Nettuno era di circa -218 °C, una delle più fredde del Sistema Solare, a causa della grande distanza dal Sole. La temperatura al centro del pianeta è di circa 7×103 °C (circa 7×103 K), comparabile con la temperatura superficiale del Sole e simile a quella del nucleo di molti altri pianeti conosciuti. Il pianeta possiede inoltre un debole e frammentario sistema di anelli, scoperto negli anni sessanta ma confermato solo dalla Voyager 2.
Nettuno è invisibile ad occhio nudo da Terra; la sua magnitudine apparente, sempre compresa fra la 7,7 e la 8,0, necessita almeno di un binocolo per permettere l’individuazione del pianeta. Visto attraverso un grande telescopio, Nettuno appare come un piccolo disco bluastro simile nell’aspetto ad Urano. Il colore è dovuto alla presenza di metano nell’atmosfera nettuniana, in ragione del 2%. Si è avuto un netto miglioramento nello studio visuale del pianeta da Terra con l’avvento del Telescopio spaziale Hubble e dei grandi telescopi a terra. Le immagini migliori ottenibili da Terra permettono oggi di individuarne le formazioni nuvolose più pronunciate e le regioni polari, più chiare del resto dell’atmosfera. Con strumenti meno precisi è impossibile individuare qualsiasi formazione superficiale del pianeta, ed è preferibile dedicarsi alla ricerca del suo satellite principale, Tritone.
Ad osservazioni nelle frequenze radio, Nettuno appare essere la sorgente di due emissioni: una continuata e piuttosto debole, l’altra irregolare e più energetica. Gli studiosi ritengono che entrambe siano generate dal campo magnetico rotante del pianeta. Le osservazioni nell’infrarosso esaltano le formazioni nuvolose del pianeta, che brillano luminose sullo sfondo più freddo, e permettono di determinarne agevolmente le forme e le dimensioni.
Il pianeta compie una rivoluzione attorno al Sole in circa 164,79 anni. Con una massa pari a circa 17 volte quella terrestre ed una densità media di 1,64 volte quella dell’acqua, Nettuno è il più piccolo e più denso fra i pianeti giganti del Sistema Solare.
L’orbita di Nettuno è caratterizzata da un’inclinazione di 1,77° rispetto al piano dell’eclittica e da un’eccentricità di 0,011. In conseguenza di ciò, la distanza tra Nettuno ed il Sole varia di 101 milioni di chilometri tra perielio ed afelio.
Nettuno compie una rotazione completa intorno al proprio asse in circa 16,11 ore. L’asse è inclinato di 28,32° rispetto al piano orbitale, valore simile all’angolo d’inclinazione dell’asse della Terra (23°) e di Marte (25°). Di conseguenza, i tre pianeti sperimentano cambiamenti stagionali simili. Tuttavia, il lungo periodo orbitale implica che su Nettuno ciascuna stagione ha una durata di circa quaranta anni terrestri.
Poiché Nettuno non è un corpo solido, la sua atmosfera presenta una rotazione differenziale, la più marcata del Sistema Solare, che origina forti venti longitudinali.
Una differenza fra Nettuno e Urano è il livello tipico di attività meteorologica; quando la sonda spaziale Voyager 2 sorvolò Urano, nel 1986, questo pianeta era visivamente privo di attività atmosferica. In contrasto, Nettuno mostrava notevoli fenomeni climatici durante il sorvolo della sonda, avvenuto nel 1989.
Il tempo meteorologico di Nettuno è caratterizzato da sistemi tempestosi estremamente dinamici, con venti che raggiungono la velocità quasi supersonica di 600 m/s. La velocità del vento sembra variare dai 20 m/s in direzione est fino ai 235 m/s in direzione ovest. Sulla cima delle nubi, i venti predominanti variano in velocità dai 400 m/s lungo l’equatore ai 250 m/s sui poli. Molti dei venti di Nettuno si muovono in direzione opposta rispetto alla rotazione del pianeta.
Nel 1989 fu scoperta dalla sonda Voyager 2 la Grande Macchia Scura un sistema di tempeste anticiclonico delle dimensioni di 13000 × 6600 km. La tempesta ricordò la Grande Macchia Rossa di Giove; tuttavia, nel novembre del 1994 il Telescopio spaziale Hubble non riuscì ad osservare questa macchia scura sul pianeta. Al suo posto, apparve una nuova tempesta simile alla Grande Macchia Scura nell’emisfero nord.
Lo “Scooter” è un’altra tempesta, una nube bianca posta più a sud della Grande Macchia Scura; il suo nome deriva dal fatto che quando fu osservata per la prima volta nel mese precedente al sorvolo della sonda Voyager 2, si muoveva più velocemente della Grande Macchia Scura. Immagini successive rivelarono delle nubi più rapide. La Piccola Macchia Scura è invece una tempesta ciclonica meridionale, la seconda tempesta più potente osservata durante il transito del 1989; inizialmente era completamente scura, ma come la sonda si avvicinò iniziò a mostrarsi una macchia più chiara, visibile in tutte le immagini ad alta risoluzione.
Nettuno ha un sistema di anelli planetari uno dei più sottili del Sistema Solare; gli anelli potrebbero consistere di particelle legate con silicati o materiali composti da carbonio che conferisce loro un colore tendente al rossastro. In aggiunta al sottile Anello Adams, a 63 000 km dal centro del pianeta, si trova l’Anello Leverrier, a 53 000 km, ed il suo più vasto e più debole Anello Galle, a 42 000 km. Un’estensione più lontana di quest’ultimo anello è stata chiamata Lassell; è legata al suo bordo più esterno dall’Anello Arago, a 57 000 km. Osservazioni condotte da Terra annunciate nel 2005 sembravano mostrare che gli anelli di Nettuno sono molto più instabili di quanto in precedenza creduto. Immagini prese nel 2002 e 2003 mostrano un decadimento considerevole negli anelli quando vengono comparati con le immagini prese dalla Voyager 2; in particolare, sembra che l’arco Liberté potrebbe dissolversi entro la fine del XXI secolo.
Nettuno possiede tredici satelliti naturali conosciuti, il maggiore dei quali è Tritone; gli altri satelliti principali sono Nereide, Proteo e Larissa. Tritone è l’unico satellite di Nettuno che possiede una forma ellissoidale; fu individuato per la prima volta dall’astronomo William Lassell appena 17 giorni dopo la scoperta del pianeta madre. Orbita in direzione retrograda rispetto a Nettuno.
Il satellite più interessante, a parte Tritone, è Nereide, la cui orbita è fra le più eccentriche dell’intero sistema solare. Fra il luglio ed il settembre 1989 la sonda statunitense Voyager 2 ha individuato sei nuovi satelliti, fra i quali spicca Proteo, le cui dimensioni sarebbero quasi sufficienti a conferirgli una forma sferoidale; è il secondo satellite del sistema di Nettuno, pur con una massa pari ad appena lo 0,25% di quella di Tritone. Una nuova serie di scoperte è stata annunciata nel 2004; si tratta di satelliti minori e fortemente irregolari.

Nettuno al primo giro: 165 anni

Se l’è presa comoda, non c’è che dire. Nettuno, l’ottavo pianeta del Sistema Solare (e anche l’ultimo, da quando Plutone ha perso il titolo), ripassa dal via, nel punto esatto in cui si trovava 165 anni fa quando è stato scoperto. Il prossimo luglio concluderà finalmente il suo primo giro intorno al Sole. Il primo dalla sera di quel lontano 23 settembre 1846, in cui l’astronomo tedesco Johann Gottfried Galle puntò il telescopio dell’Osservatorio di Berlino nella posizione del cielo dove due scienziati, indipendentemente tra loro, sostenevano dovesse transitare un pianeta fino ad allora ignorato. Avevano ragione.
I due erano il matematico e astronomo francese Urbain Le Verrier e lo studioso inglese John Couch Adams. Entrambi avevano calcolato con buona approssimazione posizione e massa del nuovo inquilino del Sistema solare, a partire dalle perturbazioni osservate nell’orbita di Urano. Il pianeta numero sette, infatti, deviava troppo dall’orbita rispetto alle previsioni teoriche, un fenomeno che poteva essere spiegato solo teorizzando la presenza di un corpo più esterno di notevoli dimensioni.
La conferma ottica di Nettuno scatenò un’accesa rivalità tra Verrier e Adams e diventò una questione di stato quale dei due contendenti meritasse la paternità dell’ottavo pianeta. A distanza di oltre un secolo e mezzo, la questione non è ancora chiarita. Sembra che Adams svolse i calcoli con qualche anno di anticipo rispetto a Verrier, ma non riscosse credito, al contrario di Verrier, sulla base delle cui indicazioni vennero effettuate le osservazioni da telescopio. C’è anche da dire che le predizioni di Verrier erano più precise di quelle di Adams. A livello internazionale si è giusti a un consensuale pari merito, per quanto qualche anno fa il ritrovamento di appunti dell’epoca abbia sparigliato nuovamente le carte a favore di Verrier.
Nel frattempo, Nettuno è ancora lì che gira, adagio, lungo la sua prima orbita da quando è noto al pubblico. Tra pochi mesi, taglierà il traguardo numero uno. Va così lentamente non solo perché il percorso è molto lungo (l’orbita dista circa trenta volte di più rispetto alla distanza Terra-Sole), ma anche perché la sua velocità di crociera è bassa: 5,43 km/s, sei volte meno della velocità orbitale della Terra.
Fonte: INAF

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