Sagittarius A* e i suoi misteri

Sagittarius A* (pronunciato “Sagittarius A-star”, abbreviato in Sgr A*) è una sorgente di onde radio molto compatta e luminosa, situata nel centro della Via Lattea, parte della grande struttura nota come Sagittarius A. Sgr A* sembrerebbe essere il punto in cui si trova un buco nero supermassiccio, componente caratteristico dei centri di molte galassie ellittiche e spirali. Sagittarius A* avrebbe una massa di circa 4 milioni di volte quella del Sole, e, trovandosi nel centro della nostra galassia, costituirebbe il corpo celeste attorno al quale tutte le stelle della Via Lattea, compresa la nostra, compiono il loro moto di rivoluzione.
Diversi gruppi di ricerca hanno ottenuto delle immagini di Sgr A* nella lunghezza d’onda delle onde radio utilizzando il Very Long Baseline Interferometry (VLBI); le immagini ottenute hanno rilevato un disco di accrescimento ed un getto relativistico che farebbe pensare ad un buco nero supermassiccio. Le misurazioni hanno una risoluzione di un diametro angolare pari a 37 microsecondo d’arco (con un errore stimato in +16 e -10). A 26.000 anni luce di distanza, equivale ad un diametro di 44 milioni di km. Come termine di paragone, la Terra si trova a 150 milioni di km dal Sole, mentre il pianeta Mercurio è a 46 milioni di km dal Sole nel punto più vicino dell’orbita. Pertanto, Sgr A* avrebbe un diametro equivalente alla metà di quello dell’orbita di Mercurio. Sgr A* ha una massa stimata in 4,1 milioni di masse solari; dato che questa massa è confinata entro una sfera del diametro di 44 milioni di km, possiede una densità dieci volte più alta di quanto stimato in precedenza. Questa densità pertanto escluderebbe l’ipotesi che si possa trattare di qualcosa di diverso da un buco nero, poiché con altre concentrazioni l’oggetto sarebbe collassato o evaporato su una scala di tempo inferiore a quella dell’età della Via Lattea. Conoscendo questi dati, solo delle elevate deviazioni del comportamento della stessa gravità rispetto a quanto predetto dalla relatività generale potrebbe invalidare l’ipotesi che si tratti di un buco nero. Tuttavia, ciò che si osserva non è il buco nero in senso stretto; l’energia radio e infrarossa osservata è emanata dal gas e dalle polveri riscaldate a milioni di kelvin mentre cade all’interno del buco nero. Lo stesso buco nero emette solo radiazione di Hawking a temperature trascurabili, dell’ordine di 10−14 kelvin.
Il 6 ottobre 2002, un gruppo di ricerca internazionale diretto da Rainer Schödel del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics pubblicò gli esiti dell’osservazione del moto della stella S2, posta nei pressi di Sgr A*, per un periodo di 10 anni, ottenendo delle evidenze che Sgr A* fosse un oggetto eccezionalmente compatto. Esaminando l’orbita di S2, determinarono che la massa di Sgr A* fosse compresa entro 2,6 ± 0,2 milioni di masse solari, confinata in un volume dal raggio non superiore alle 17 ore luce (120 UA). Osservazioni successive determinarono una massa di 3,7 milioni di masse solari in un volume dal raggio compreso entro 6,25 ore luce (45 AU), o 6,7 miliardi di km. Nel novembre 2004 un gruppo di astronomi annunciarono la scoperta di GCIRS 13E, primo buco nero di massa intermedia confermato della nostra Galassia, orbitante a 3 anni luce da Sgr A*; questo buco nero di 1.300 masse solari si trova all’interno di un ammasso di sette stelle. Queste osservazioni possono supportare la teoria secondo cui i buchi neri supermassicci crescono assorbendo materia dalle stelle vicine e dagli stessi buchi neri di massa inferiore.
Qualcosa di insolito fu rilevato già nel 2002, ma fu nel 2012 che fu annunciata la scoperta, pubblicata su Nature, di una nube di gas e polveri che si avvicina velocemente al buco nero. La nube è stata denominata G2 e ha una massa circa tre volte quella terrestre; dai calcoli della sua orbita è stato previsto che nella seconda metà del 2013 essa si avvicinerà a poco più di 3000 volte il raggio dell’orizzonte degli eventi del buco nero, equivalenti a circa 260 UA. Nonostante non sia in rotta di collisione, l’avvicinamento della nube al buco nero potrebbe provocare una grossa emissione di raggi X e anche un brillamento gigante nel punto di massimo avvicinamento, se, come si pensa, la nube dovesse frantumarsi per le forze di mareapresenti e della materia cadere nel pozzo gravitazionale del buco nero supermassiccio.
L’origine della nube è incerta; alcuni scienziati suggeriscono che potrebbe essere l’atmosfera esterna persa da una stella massiccia, oppure materia che si stava condensando in un pianeta, la cui formazione però non avvenne a causa dell’ambiente troppo caldo. L’evento avrà una durata totale inferiore a una decina d’anni, un tempo piuttosto breve su scala astronomica, e verrà osservato dai più grandi radiotelescopi da terra e dai telescopi spaziali in orbita, quali il Chandra, l’XMM, l’EVLA, l’INTEGRAL, lo Swift e il Fermi.Simulazioni al computer suggeriscono che la nube non sopravviverebbe all’incontro e che verrebbe disgregata in più parti, alcune della quali cadrebbero nel disco di accrescimento e verrebbero inghiottite dal buco nero, mentre ciò che resta cambierebbe forma e orbita attuale.
Fonte: Wikipedia

L’enigma delle superbolle

Potrebbero essere stelle che precipitano nel buco nero gigante, situato al centro della nostra Galassia, a provocare le due enormi bolle di raggi gamma scoperte per la prima volta dal satellite spaziale Fermi pochi mesi fa. Gli scienziati erano rimasti di stucco di fronte a questa struttura, mai osservata prima, che emette radiazione gamma e si estende per 25.000 anni luce sopra e 25.000 anni luce sotto il disco galattico. Le due superbolle – rimaste ignote fin a quando il sensibilissimo rivelatore LAT di FERMI non è riuscito a dipanare la “nebbia” gamma che ne offuscava la vista – occupano più di metà del cielo visibile, dalla costellazione della Vergine a quella della Gru. La loro natura e la loro origine, però, restavano un mistero.
Le indagini sono ancora in corso, ma intanto cominciano ad emergere le prime ipotesi. Una di queste, proposta su Astrophysical Journal Letters da Kwong Sang Cheng della University of Hong Kong e colleghi, chiama in causa le stelle che brulicano intorno al buco nero centrale. Si calcola che brillino più di 100 mila stelle in un anno luce di distanza dal buco nero. Secondo i ricercatori la gravità del mostro galattico sarebbe in grado di disintegrare una di queste stelle ogni 30 mila anni. La metà della massa della stella verrebbe risucchiata nel buco nero, mentre l’altra metà schizzerebbe via ad alta velocità eccitando il gas nell’alone della Via Lattea, ed emettendo quindi raggi gamma.
L’ipotesi resta da verificare. Secondo alcuni, infatti, è più probabile che a generare le superbolle siano stati eventi più drammatici, per esempio “l’indigestione” da parte del buco nero di un’enorme nube di gas o di un intero cluster di stelle, avvenuto qualche milione di anno fa. Oggi come oggi non si nota alcuna attività del genere nel cuore della Via Lattea, ma è plausibile pensare che nel passato ci sia stata una massiccia caduta di materiale nel buco nero centrale, con emissioni di getti di particelle ad alta energia. Quello che vediamo, quindi, sarebbero le “ceneri” di una colossale del buco nero al centro della Via Lattea. Un’altra ipotesi è che le bolle siano nate durante la formazione di ammassi stellari nel centro della galassia, milioni di anni fa. Solo ulteriori ricerche potranno chiarire il mistero.
Fonte INAF