La storia di T Coronae Borealis

La prima nova ricorrente di cui si sia venuti a conoscenza si trova nella Corona Boreale, contrassegnata con la lettera T. Si tratta di una stellina il cui anonimato venne interrotto per la prima volta la notte del 12 magio 1866 quando l’irlandese John Birmingham (1816 – 1884) si accorse della presenza di un punto di luce che alterava vistosamente il classico aspetto della costellazione, rivaleggiando in luminosità con Gemma, la stella alfa della Corona.
La nuova stella si mantenne visibile ad occhio nudo per un brevissimo periodo (non più di 8 giorni) tornando poi alla luminosità che aveva prima dell’outburst (+10,8).
La stella si sveglio nuovamente la notte fra il 9 e il 10 febbraio 1946 raggiungendo magnitudine + 3.
Come tutte le nove T CrB è un sistema binario dove la componente primaria è una stella molto calda, probabilmente una nana bianca. Essa condivide il moto nello spazio con una gigante rossa il cui spettro è quello dominante durante il normale stato di quiescenza, indicando che essa è la più luminosa del sistema: il diametro di questa gigante rossa dovrebbe oltrepasare i 190 milioni di chilometri mentre la sua massa dovrebbe essere quasi il triplo di quella del Sole.
La causa delle vampate luminose di queste stelle risiede nelle reazioni termonucleari che ad un certo punto si sviluppano sulla superficie della componente più calda in seguito all’accumolo di materiale strappato alla compagna gigante.
A differenza delle supernove le componenti di una nova restano integre portando quindi l’evento a ripetersi più volte nell’arco della vita del sistema stesso; la frequenza degli eventi sembra proporzianale alla massa della nana bianca. E’ quindi molto probabile che tutte le novae siano ricorrenti manifestando però gli episodi su tempi più lunghi.
Per trovre T CrB è sufficiente puntare la stella Epsilon Coronae Borealis (mag. + 4,1) e poi spostarsi di 1,1° verso sud – sud ovest.
Scheda
T Coronae Borealis: nova ricorrente
A.R. 15h59m30s
Dec. +25°55’13”
Distanza dal Sole: 2000 anni luce
Tipo spettrale: M3III/Nana Bianca
Magnitudine apparente: +2,0/+10,8
Tratto dall’articolo di Stefano Schirinzi T Coronae Borealis apparso su Coelum 167/2013 a pagina 34 dove potrete trovare molte altre informazioni e cartine utili per l’individuazione della stella.

La nova ricorrente della Corona Boreale

La Corona Boreale (estesa poco meno di 200 gradi quadrati) è un piccolo semicerchio di stelle alto nel cielo della tarda primavera, tra Boote e Ercole. Non attira l’attenzione con astri particolarmente brillanti, ma piuttosto con la sua precisa geometria: una volta tanto il nome della costellazione corrisponde al suo aspetto senza costringere l’osservatore a spericolate fantasie.
Alfa Coronae Borealis si chiama Gemma o Alphecca ed è di magnitudine 2,23. A 75 anni luce da noi, 45 volte più radiosa del Sole, Gemma è una binaria spettroscopica a eclisse. La componente minore, simile al Sole, passa davanti alla brillante stella principale producendo una lieve diminuzione della sua luce bianco-azzurra ogni 17 giorni e 6 ore.
Beta Coronae Borealis si trova a 100 anni luce. Appartiene allo sciame delle Iadi, l’ammasso aperto nella costellazione del Toro, dal quale si è staccata grazie alla sua particolare velocità. Si tratta di una binaria spettroscopica e anche una stella magnetica, con un campo che inverte polarità ogni 18 giorni e mezzo. La luminosità è pari a quella di 25 Soli, la magnitudine 3,66.
Gamma Coronae Borealis è una doppia molto stretta scoperta da Struve nel 1826, con un periodo di 91 anni, posta a 140 anni luce. Le due componenti sono rispettivamente di magnitudine 4,2 e 5,6.
Eta Coronae Borealis è un’altra doppia scoperta da Struve nel 1826, con un periodo di 41,5 anni, ad una distanza di circa 50 anni luce. Le componenti sono di magnitudine 5,7 e 6.
Sigma Coronae Borealis è una binaria alla portata di piccoli telescopi, di magnitudine 5,3, scoperta ancora da Struve nel 1827. Secondo Strand il periodo orbitale è di 1160 anni. La principale è a sua volta una binaria spettroscopica, ma il sistema di Sigma, posto a 70 anni luce, è ancora più complesso, perché comprende ancora una stellina nana rossa di magnitudine 13. E come se non bastasse c’è ancora un’altra stella di decima magnitudine gravitazionalmente associata al gruppo.
Il grande richiamo della Corona Boreale è però costituito dalle sue stelle variabili.
R Coronae Borealis è la più notevole. Scoperta da Pigott nel 1795, per anni se ne sta tranquilla, attestata sulla sesta magnitudine, al limite della visibilità ad occhio nudo. Poi improvvisamente c’è un crollo fino alla 13^magnitudine. Durante il minimo mostra variazioni irregolari spesso con risalite fino alla sesta magnitudine. Seguita attentamente negli ultimi 150 anni, R Coronae Borealis non rileva nessuna legge che aiuti a prevedere le sue capricciose variazioni. E’ facile immaginare quale scomodo clima avrebbe la Terra se il Sole facesse altrettanto!
T Coronae Borealis è una variabile non meno enigmatica e costituisce il più noto esempio di nova ricorrente. Di norma si mantiene sulla decima magnitudine, ma da quando gli astronomi la sorvegliano per due volte è balzata alla seconda: la notte del 12 maggio 1866 superava addirittura Gemma; appena otto giorni dopo diventava già invisibile ad occhio nudo. Nel parossismo esplosivo del 1946 è stata misurata la velocità di espansione degli strati gassosi esterni: 5000 Km/s. Recenti studi attribuiscono a questa stella la distanza di 2600 anni luce e una luminosità di 200 mila Soli, quando tocca il massimo, di 40-50 al minimo. Le esplosioni ricorrenti potrebbero essere spiegate con la presenza di una stella blu in orbita intorno a una gigante rossa. La stella blu, più piccola e meno luminosa, ma ugualmente massiccia, strappa materia alla rossa, in quanto si muove praticamente a contatto con la regione esterna della gigante, presso i “punti di Lagrange“.
Infine sulla Corona c’è da segnalare un ammasso di 400 galassie tutte molto deboli, mediamente di magnitudine 16,5. L’ammasso è molto compatto, altro indizio di una grande distanza. La velocità di allontanamento raggiunge i 21.000 Km/s. Se ne può dedurre una distanza di circa 1, 3 miliardi di anni luce.
Stella per Stella di Piero Bianucci pagine 106-108