Il cielo della preistoria in una grotta

La grotta di Lascaux viene chiamata la “Cappella Sistina del Paleolitico”. Come mai? Quale mistero si nasconde dietro ai dipinti a tinte tenaci raffigurati sulle sue pareti? Le grotte di Lascaux sono un complesso di caverne che si trova nella Francia sud-occidentale, nella vallata del fiume Vézere in Dordogna. Ne 1979 queste grotte sono state inserite nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.
La grotta individuata nel 1940, è conosciuta come una delle cattedrali dell’arte rupestre paleolitica, tanto che qualcuno, appunto, l’ha battezzata la Cappella Sistina della preistoria. I dipinti realizzati sui muri e sulla volta della grotta di Lascaux circa 17.000 anni fa sono una delle più straordinarie meraviglie giunte fino a noi dal passato. Questo sito archeologico però rappresenta per gli studiosi anche un grosso enigma. Per decenni infatti gli esperti si sono sforzati di comprendere quale fosse il motivo per cui degli uomini si fossero avventurati nel ventre profondo della Terra per realizzare quelle immagini. Si è pensato che l’interno della grotta fosse un luogo sacro e che le sale e i budelli più bui fossero forse il posto in cui si consumavano riti iniziatici e cerimonie propiziatorie; o addirittura che quei capolavori fossero l’espressione del senso estetico dei nostri antenati.
A queste ipotesi si è aggiunta quella dell’etnoastronoma francese Chantal Jegues – Wolkiewiez, secondo la quale i dipinti di Lascaux rappresenterebbero un’antica mappa del cielo. Nel tentativo di verificare la sua teoria la ricercatrice aveva misurato l’orientamento dell’ingresso della grotta e le era sembrato plausibile che durante il solstizio d’estate i raggi del Sole al tramonto vi entrassero fino ad illuminare i dipinti della grande Sala dei Tori. Fatte tutte le misurazioni l’etnoastronoma ebbe conferma di ciò che pensava. Questo dimostrerebbe che la grotta non sarebbe stata scelta a caso. I dipinti della Sala dei Tori furono realizzati in modo da venir rischiarati dal Sole morente del solstizio forse perché il solstizio d’estate era un periodo speciale che serviva come punto di riferimento per la misurazione del tempo anche durante l’Era paleolitica. Partendo da questa prima constatazione Chantal Jegues – Wolkiewiez ha ulteriormente studiato i dipinti della grotta confrontando uno dei disegni con la ricostruzione di una mappa del cielo di 17.000 anni fa.
“Ho potuto constatare – spiega Chantal Jegues – Wolkiewiez – la coincidenza tra i punti più marcati che contrassegnavano i contorni degli animali (muso, occhi, corna) e i punti del cielo dell’epoca presenti sulla mappa che compariva sullo schermo del mio computer, nonché la simulazione di forma fra quelle costellazioni e alcune delle pitture”. Per fare degli esempi, secondo Chantal Jegues – Wolkiewiez uno dei grandi uri (un bovino oggi estinto) sarebbe la costellazione dello Scorpione, così come alcuni cavalli corrisponderebbero alla costellazione del Sagittario.
Resta ancora da capire per quale motivo gli uomini preistorici avrebbero dovuto raffigurare delle costellazioni sul muro della grotta. Molto probabilmente si tratterebbe di ricostruzioni del cielo stellato in cui le costellazioni erano l’immagine delle loro divinità.
“Cerimonie religiose, riti d’iniziazione e invocazioni agli dei erano celebrati in una sala della grotta, piuttosto che in un’altra a seconda delle parti del firmamento rappresentate. Il tutto accompagnato da un’idea di trasformazione e di rinascita che avveniva dopo un percorso disseminato di prove rituali. Il cuore della grotta – spiega ancora Chantal Jegues – Wolkiewiez – poteva simboleggiare sia il regno dei morti sia la madre terra dietro la quale scompaiono i corpi celesti prima di rinascere. Ma restano da fare molte ricerche”.
Le tesi della ricercatrice, se confermate, cambierebbero il modo di interpretare non solo l’arte paleolitica, ma anche la storia dell’astronomia, visto che comunemente si fanno risalire le prime osservazioni astronomiche del passato all’epoca babilonese, circa 5000 anni fa. In ogni modo perché queste nuove ipotesi si trasformino in certezze resta ancora molto da fare. Il mistero continua.

 

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