La prima chiave del cielo

Il Grande Carro è uno degli asterismi più conosciuti della volta celeste; è formato dalle sette stelle più brillanti della costellazione dell’Orsa Maggiore, che formano una caratteristica figura a forma di carro o aratro. Le sette stelle o sette buoi degli antichi romani (“septem trionem” da cui la parola “settentrione”per indicare il nord) sono una vera chiave del cielo. Contrariamente a quanto si potrebbe credere, l’Orsa Maggiore non è completamente circumpolare alle nostre latitudini, dal momento che si estende sino a 30 gradi circa di declinazione; circumpolari sono invece le 7 stelle del Carro.
Il prolungamento di Beta Ursae Majoris verso Alfa della stessa costellazione conduce alla Polare; un prolungamento nel senso opposto dalle stesse stelle, ma maggiore del 50 per cento, ci fa approdare invece nella costellazione del Leone.
Le stelle della coda del Carro, Epsilon, Zeta e Eta, descrivono una curva, prolungandola si arriva ad una stella molto brillante dell’emisfero boreale, Arturo in Bootes. Questa è la più luminosa a nord dell’equatore celeste e raggiunge la sua massima visibilità in primavera. Un ulteriore prolungamento di questa curva porta ad un’altra stella luminosa: Spica nella Vergine.
Un prolungamento condotto da Delta verso Beta di circa quattro volte la distanza che separa le due stelle, ci fa conoscere la costellazione zodiacale dei Gemelli, caratterizzata da due stelle brillanti: Castore e Polluce.
Sempre da Delta è possibile raggiungere Vega, nella costellazione della Lira, e da Vega si può arrivare fino a Deneb nel Cigno.
Infine, quasi opposta al Grande Carro, rispetto alla Polare, e visibile soprattutto in autunno, brilla la costellazione di Cassiopea. Le sue stelle principali formano una caratteristica W che ne rende facile l’identificazione. Le stelle del Grande Carro hanno una nomenclatura di Bayer secondo l’alfabeto greco.
Alfa UMa o Dubhe è una gigante rossa di magnitudo 1.8 e distante 75 anni luce. Possiede una compagna di 7a a poco più di 6 primi di distanza verso sud-ovest che con ogni probabilità è fisicamente legata alla principale. Entrambe sono a loro volta doppie: la prima è una doppia visuale, anche se la separazione (0,8 secondi!) e la differenza di luminosità tra le due componenti (3 magnitudini) la rendono estremamente critica da separare; la seconda è solo una doppia spettroscopica.
Beta o Merak è una stella bianca di magnitudo 2.4 distante 62 anni luce e con una luminosità 40 volte superiore a quella del Sole.
Gamma o Phachd (oppure Phechda) è un’altra stella bianca di magnitudine 2.5 e distante 75 anni luce e 50 volte più brillane della nostra Stella.
Delta o Megrez è la più debole dell’asterismo, essendo soltanto di 3a grandezza. È una stella bianca 16 volte più brillante del Sole che da molti era stata ritenuta una variabile a lunghissimo periodo, ma sembra che ciò sia in realtà imputabile a errori di stima fatti nel passato. La distanza di Megrez è di 65 anni luce (a poco meno di 1.5 gradi NE si trova la curiosa coppia di stelle Messier 40).
M 40 è formato infatti da 2 stelle bianche di magnitudini 9,0 e 9,3. Lo spettro della stella principale è G0 e assumendo che faccia parte della sequenza principale dovrebbe essere più o meno luminosa come il Sole; ciò permette, in base alla sua magnitudo apparente, di effettuare una stima della sua distanza, che potrebbe essere di circa 300 anni luce. Ma si tratta quasi certamente di una doppia ottica, non legata gravitazionalmente.
Proseguendo lungo il Timone del Carro troviamo Epsilon o Alioth; è ancora una stella bianca di magnitudo 1.8, circa 60 volte più brillante del Sole e distante 62 anni luce.
La più interessante, però, è Zeta o Mizar, senza dubbio la più famosa stella doppia del cielo. Non occorre una vista particolarmente acuta per accorgersi di una compagna più debole situata a una dozzina di primi verso est. È strano che questa stellina non sia stata ricordata nell’antichità, ma ciò si potrebbe spiegare col fatto che l’astronomo persiano Al Sufi nel X secolo l’aveva stimata di magnitudo 5.6, il che farebbe pensare che nel corso dei secoli sia aumentata di luminosità sino al valore attuale che è un paio di magnitudini più debole della primaria. Ciò spiegherebbe altresì perché non compare nel celebre catalogo che Tolomeo pubblicò nell’Almagesto. Mizar e Alcor sono però a loro volta doppie. Mizar è un facile bersaglio per qualunque cannocchiale, perché è costituita da 2 stelle bianche separate da poco più di 14”, ciascuna delle quali è una doppia spettroscopica con periodi rispettivamente di 20 giorni, per la più luminosa delle 2 (denominata Mizar A), e di 182 giorni per l’altra (Mizar B).
Anche Alcor è una doppia spettroscopica che, come pare ormai confermato, è gravitazionalmente legata a Mizar; tuttavia, data la loro distanza reciproca di 1/4 di anno luce, il periodo orbitale che ne risulta è di circa 800.000 anni. Se da ultimo consideriamo il fatto che piccolissimi spostamenti periodici di Mizar B fanno sospettare fortemente la presenza di una stella che orbita intorno alla coppia in poco meno di 4 anni, possiamo tranquillamente affermare che Zeta Ursae Maioris, la cui distanza è circa 80 ani luce, è addirittura una stella… settupla!
L’ultimo membro del “Carro” è la stella Eta (Alkaid). È una stella azzurra di magnitudo 1.9 distante un centinaio di anni luce. Sia quest’ultima sia la Alfa si muovono nello spazio in direzioni completamente diverse dalle altre 5 stelle, ragion per cui l’asterismo che vedranno i nostri lontani pronipoti avrà perduto la sua caratteristica forma.
Cinque delle stelle del Grande Carro sono infatti parte de Gruppo stellare dell’Orsa Maggiore (catalogato come Cr 285). Le stelle poste alle due estremità dell’asterismo, Dubhe e Alkaid, non fanno parte del sistema e si muovono in direzione opposta. Le cinque stelle centrali invece si muovono verso sud-est, in direzione della costellazione del Boote; questo fa sì che lentamente la forma dell’asterismo si modifichi, con la parte ad ovest che tenderà ad “aprirsi” e quella della coda che diventerà più inclinata. In 50.000 anni la forma sarà così alterata che sarà difficile riconoscervi le stesse stelle che ora compongono il Grande Carro.
(Elaborato da www. galassiere.it)
Vedi anche articolo Le Sette Frecce a ovest di Beta UMa pubblicato sul nostro sito l’8 maggio 2011